Cupola 2.0, largo ai giovani nel segno della tradizione «Il nipote del boss Greco era il più pericoloso di tutti»

«Una mentalità da anziano nel corpo di un giovane». A sentire gli inquirenti, i 28 anni di Leandro Greco sembrano un fatto puramente anagrafico, nulla di più. Nipote del boss Michele Greco, detto il papa, è stato arrestato questa mattina con l’accusa di essere il capo mandamento di Ciaculli. Uscito dalla questura con aria sicura, tronfia, quasi beffarda, ha dispensato baci e saluti per tutti i presenti accorsi. Chissà se se l’aspettava l’epilogo di oggi, che lo ha portato a essere fermato insieme ad altre sei persone. Tra cui c’è anche un altro nome del passato dal peso non indifferente, Calogero Lo Piccolo, figlio del noto boss Salvatore, accusato di essere il capo del mandamento mafioso di San Lorenzo-Tommaso Natale.

A scoperchiare il vaso di pandora, oltre alle indagini, ai pedinamenti e alle intercettazioni, è stata soprattutto la decisione di due ex boss arrestati il mese scorso di parlare con i magistrati. Si tratta di Francesco Colletti, a capo del mandamento di Villabate, che ha deciso di collaborare poco dopo essere finito dietro le sbarre, e di Filippo Bisconti, a capo invece del mandamento di Belmonte Mezzagno, che si è deciso appena dodici giorni fa. I tempi per agire, quindi, erano abbastanza stretti, soprattutto perché secondo gli inquirenti gli uomini fermati oggi erano tutti sul chi va là, molto attenti a eventuali fughe di notizie e pronti con le valigie per sparire senza lasciare traccia.                            

Due collaborazioni importantissime, «soprattutto perché non provengono dall’area della manovalanza di Cosa nostra, ma parliamo di due vertici, due personaggi comunque di alto livello, con un passato di indagini, condanne e detenzione», sottolinea il procuratore capo Francesco Lo Voi. Sono sette in tutto i fermi di oggi, un numero decisamente inferiore e forse meno impressionante rispetto ai 49 di appena un mese fa, ma questo a sentire gli inquirenti non deve trarre in inganno. «È minore la quantità, ma non certo la qualità», torna a dire Lo Voi. Tanti, poi, i dettagli che si aggiungono adesso al quadro già dipinto con l’operazione di dicembre: fra tutti, che la Commissione provinciale «non era esattamente qualche vecchietto che tornava in azione, ma soggetti mafiosi di comprovata esperienza familiare o personale. Tra loro, un giovanissimo Greco, che ci fa capire che c’è un rinnovamento che si inserisce nel solco di una tradizione per via di un’appartenenza anche familiare e anagrafica».

«I due collaboratori, poi, Francesco Colletti e Filippo Bisconti testimoniano il fallimento di un progetto, quello di ricostituire appunto la Commissione – continua Lo Voi -. Ed è il motivo per cui entrambi iniziano a collaborare. Il fallimento di un progetto che si può interpretare come l’assenza di prospettiva per un futuro. Le indagini condotte in questi anni hanno dimostrato che qualunque tentativo di ricostituzione seria delle strutture, specie di vertice, è stato subito individuato e perseguito. Questa assenza di futuro dovrebbe essere compresa anche da chi ancora fa parte di Cosa nostra». Specie alla luce del fatto che, seppur alle fasi ancora iniziali, queste due collaborazioni appaiono già piuttosto «promettenti» ai magistrati. Quello che raccontano Colletti e Bisconti è anche l’esistenza di due distinti assi, all’interno della neo-cupola mafiosa: da un lato quello rappresentato da loro, e sostanzialmente da tutte le periferie di Cosa nostra diverse da Palermo; dall’altro invece ci sarebbero stati Mineo-Di Giovanni – coinvolti nel blitz di un mese fa – insieme ai neo fermati Lo Piccolo-Greco. Non proprio un conflitto interno, spiegano gli inquirenti, ma visioni differenti di intendere il nuovo assetto da dare alla Commissione, che iniziava ad assumere un’impronta sempre più Palermocentrica. Dove i non palermitani erano tenuti ai margini e la violenza era bandita, se non per fatti sporadici e comunque eccezionali.

E poi gli elementi di sempre, tra vincoli di sangue, continuità e tradizione. La stessa raccolta dal più giovane dei fermati di oggi, questo Leandro Greco che si fa chiamare Michele: un omaggio, un senso di devozione o rispetto al nonno boss? Prende le redini del mandamento di Ciaculli, che a detta dei magistrati è ad oggi uno dei più pericolosi insieme a quello di Porta Nuova e Pagliarelli, già cinque anni fa, quando ha appena 23 anni. Così giovane e un ruolo già così importante e delicato con cui fronteggiarsi. E sembra davvero troppo presto, ripensando proprio alle tipiche logiche di Cosa nostra. Viene da pensare che qui, fra le tante cose, abbia influito parecchio il peso del cognome che porta e della storia della sua famiglia. Sembrerebbe insomma essersi calato molto bene nella parte del boss, tant’è che i magistrati lo descrivono oggi come «il soggetto in assoluto più pericoloso tra quelli arrestati». 

Silvia Buffa

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