In Italia, oggi, esiste un giornalismo di destra e uno di sinistra? E se sì, qual è il peggiore? A queste domande hanno risposto i due giornalisti Luca Telese de Il Fatto Quotidiano e Giuseppe Cruciani di Radio 24 e Panorama che, sulle celeberrime note del film Il Gladiatore, hanno fatto il loro ingresso sul palco del Teatro del Pavone di Perugia, per prendere parte ad un incontro/scontro presentato come uno dei più attesi dell’ ultimo Festival del Giornalismo. A moderarlo David Parenzo (che collabora con Cruciani a “La Zanzara” ma anche con Telese a La7).
Il primo a prendere la parola è Luca Telese, che non ha dubbi: «Esiste il giornalismo di sinistra e esiste quello di destra, sia antropologicamente che contrattualmente. In questo Paese c’è un forte senso dello schieramento: o fai parte del centro destra, o fai parte del centro sinistra». Il giornalista ha poi continuato: «Personalmente, credo di aver combattuto contro questa idea (Telese ha lavorato per anni a Il Giornale, pur professandosi di sinistra, ndr), ma la realtà è questa: se sei di destra puoi collaborare con Panorama o puoi avere un programma per Mediaset, se sei di sinistra vai a Repubblica TV con Giannini, scrivi sul Venerdì e quando pubblichi il tuo libro, hai uno spazietto assicurato nel salotto della Dandini su Rai Tre. Bisogna rompere questo sistema e se i giovani aspiranti giornalisti vogliono riuscire a farlo, devono capire che la realtà di partenza è questa».
Di opinione differente è Giuseppe Cruciani: «Non esiste né il giornalismo di destra né quello di sinistra». Per il conduttore de La Zanzara si potrebbe parlare invece di «due schieramenti armati l’uno contro l’altro, ma con una piccola differenza: chi scrive per i giornali di centro sinistra pensa di incarnare la virtù, gli altri no».
Telese che per molti anni ha lavorato a Il Giornale, chiede al collega se scriverebbe mai per Il Fatto Quotidiano, domanda a cui Cruciani risponde secco: “Non penso che me lo chiederebbero mai”. E aggiunge: “Molto spesso non sono d’accordo con quello che scrivono i giornali di centro destra e non lo sono anche con molti articoli pubblicati su Panorama per cui scrivo. Credo però che nei giornali di sinistra non troverai mai una voce dissonante, in quelli di centro destra sì. Sono molto più liberi da questo punto di vista”.
In difesa del giornalismo di sinistra, Telese interviene evidenziando come secondo lui l’informazione di destra, quella che «non è nata conformista, ma ghibellina e montanelliana, sia stata uccisa, avvelenata e sterilizzata dal conflitto di interesse». Poi il giornalista de Il Fatto Quotidiano, rivolgendosi al collega di Radio 24, sottolinea come, a suo dire «Cruciani oggi avrà qualche difficoltà ad ammettere che è la proprietà di Berlusconi che avvelena tutto. Ma io non odio lui, odio l’effetto che produce».
Quando la parola passa a Cruciani, il giornalista incalza il collega del Fatto Quotidiano chiedendogli sarcasticamente quando si sia accorto del cambiamento avvenuto nel giornalismo di destra visto che «per dieci anni non ha mai parlato di conflitto di interesse ed è abbastanza curioso che inizi a dire che Berlusconi sia diventato ancora più dittatore di quanto lo era prima proprio nel momento in cui lui ha lasciato Il Giornale». A questa domanda Telese risponde citando un caso emblematico: «con l’arrivo di Berlusconi nel 1994 il veleno ha iniziato a entrare gradualmente nel circuito. Ma il Big Bang che ha segnato il passaggio d’ epoca è stata la cacciata di Mentana da Mediaset».
Il dibattito tra i due giornalisti si infuoca quando viene toccato il tasto del “leccaculismo”. Quando gli viene chiesto quale sia la sua opinione su Augusto Minzolini, attuale direttore del tg della prima rete del servizio pubblico, Cruciani risponde di non essere interessato a dibattere sull’argomento perché non gliene «frega niente» dato che, a suo dire, non lo conosce nemmeno personalmente, ma poi si sbilancia: «la differenza tra lui e gli altri direttori del Tg1 è che Minzolini ha una sensibilità maggiore nei confronti di Palazzo Grazioli ed è più attento alle ragioni di Berlusconi. Comunque io non mi preoccuperei di lui, perché prima o poi se ne andrà, ma i partiti all’interno della Rai rimarranno».
Sul punto, Telese risponde di essere dell’idea che «ciò che uccide Minzolini non è il giudizio di quelli di sinistra, ma quello dei giornalisti di destra, come Feltri o Belpietro. Il loro giornalismo l’ho sempre considerato corretto. Il direttore del Tg1, invece, è uno che crea sinonimi, nasconde la verità».
Anche su Bruno Vespa il giudizio dei due giornalisti è divergente perché per Telese il collega di Porta a Porta ha come ideale il ‘leccaculismo bilaterale’, cioè una forte tendenza a stare sempre dalla parte del potere, punto di vista che non condivide in quanto «il giornalismo non dovrebbe essere ‘appecorinato’ come zerbino del potere». Mentre per Cruciani si tratta di «un grande professionista», proprio come Giuliano Ferrara che definisce «una persona geniale, dotata di una intelligenza superiore alla media». «Stimo Giuliano Ferrara, lo ritengo un bravo giornalista e mi dispiace che da quando ha iniziato a condurre un programma su Rai Uno si sia ‘minzolinizzato’», sottolinea quasi amareggiato Telese sull’ex direttore de Il Foglio, introducendo così un discorso incentrato sulla tendenza di molti colleghi a piegarsi ai voleri del potere che ti paga lo stipendio. Su questo argomento Cruciani controbatte accusando il suo “avversario” di essere ipocrita e di non poter affrontare discorsi di questo tipo perché direttore editoriale di una collana di Sperling e Kupfer, casa editrice satellite del gruppo Mondadori, quindi di proprietà di Silvio Berlusconi.
In chiusura, immaginando un’Italia post berlusconiana, a Luca Telese viene chiesto quale potrebbe essere, secondo lui, il futuro del giornalismo: «Il berlusconismo è un sistema che si protrarrà nel tempo – spiega il giornalista – e per i prossimi vent’anni continuerà ad esistere. Forse riusciremo a rimuovere Fede, ma il resto rimarrà». Almeno su questo è d’accordo il suo ex compare di siparietti radiofonici? Neanche per idea: «Il berlusconismo è un fenomeno che non esiste» scandisce Cruciani.
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