Non c’è cittadino catanese che non conosca piazza Duomo, e non c’è turista in visita alla città che non venga ad ammirare l’architettura barocca della Cattedrale e dei palazzi circostanti. Nemmeno venerdì mattina mancavano i turisti sul solito trenino che fa il giro del centro, ma lo scenario che si mostrava ai loro occhi era diverso dal solito: a fare compagnia all’elefante c’erano anche gli impiegati delle cooperative socio-sanitarie catanesi. Perché tutta questa gente è qui? Risposta semplicissima: scioperano. Hanno indetto una protesta perché da mesi ormai questi lavoratori, pagati dal Comune di Catania, non percepiscono lo stipendio.
Il dissesto finanziario è uno spettro che aleggia nell’aria, esasperando le centinaia di lavoratori che non vedono via d’uscita dalla penosa situazione in cui si trovano da mesi. Ma non solo. Anche i dipendenti comunali cominciano ad essere seriamente preoccupati: agosto è stato pagato, settembre chissà…
L’appuntamento di venerdì è davanti alla Prefettura da dove gli operatori socio-sanitari si sono spostati, poi, sotto il balcone del sindaco. Ad attenderli furgoni e pulmini che occupano la piazza, mezzi delle forze dell’ordine. Alla spicciolata arrivano decine di persone, la maggior parte delle quali donne, armate di striscioni e bandiere. Urlano, cercano di attirare l’attenzione dei passanti con alcuni fischietti, chiamano a gran voce il primo cittadino: “Stancanelliiii”. Una donna ha portato con se la figlioletta e urla contro le finestre del comune “Che cosa dobbiamo dire ai nostri figli? Come dobbiamo fare a dare loro da mangiare?”.
I manifestanti di oggi appartengono quasi tutti a famiglie monoreddito, molte le donne (in genere più impegnate sul fronte dell’assistenza a disabili, anziani e bambini), alcune sono vedove o separate con figli a carico. Per andare avanti le più fortunate ricorrono all’aiuto dei genitori e dei parenti; ad altre restano soltanto le associazioni umanitarie e le parrocchie. Alcuni dichiarano senza pudore di essersi rivolti agli usurai.
Chiedono il rispetto del loro diritto fondamentale: essere pagati per il lavoro che hanno svolto e che continuano a svolgere nonostante da mesi non vengano retribuiti: “Il fatto è che il “buco” nel bilancio non consente al Comune di trasferire i soldi stanziati alle cooperative sociali che servono a pagare gli stipendi ai lavoratori – ci spiega Pierpaolo Montalto, segretario provinciale di Rifondazione Comunista, presente al sit-in: “Chiediamo un intervento immediato e concreto. Se e quando arriveranno i soldi dal Governo nazionale, dovranno essere stanziati prima di tutto per pagare questa gente”.
Presente alla manifestazione anche Giovanni Burtone, ex candidato sindaco del PD che propone una via d’uscita dalla crisi: la privatizzazione di alcune aziende di proprietà del Comune: “Mettere sul mercato le partecipate più appetibili permetterebbe di avere subito delle risorse liquide da utilizzare per iniziare ad appianare i debiti”.
È quasi mezzogiorno, il sole picchia forte ma i lavoratori non si muovono. Si spostano in mezzo alla strada, alcuni bloccano il traffico. Una delegazione chiede di entrare in Comune, nel frattempo gli altri continuano ad urlare e protestare. “Io per andare a lavorare mi devo fare prestare i soldi per la benzina e per il parcheggio”, “Siamo stanchi! Non vogliamo più parole, vogliamo i fatti!”.
Per il troppo caldo una signora si sente male ed è subito soccorsa. L’episodio contribuisce a accendere i toni della protesta. Alcuni lavoratori si accalcano contro il portone del palazzo degli Elefanti chiedendo di entrare. Una delegata viene fatta salire per andare a parlare con il sindaco.
Qualcuno dice che non si muoveranno finché non riceveranno risposta dal sindaco, a costo di montare le tende.
Dopo quasi un’ ora di attesa la delegata ricompare in compagnia di Raffaele Stancanelli. Cerca di rispondere alle domande, ma il problema è che il sindaco di risposte concrete per ora non ne ha. Non dà date né scadenze. “Forse – dice – tra 15 o 20 giorni risolveremo definitivamente il problema, ma non lo so se riusciremo. Catania ha bisogno di anticipazioni per risanare i debiti degli anni passati. Stiamo cercando di fare capire a chi di dovere a Roma che se questo aiuto non arriva a Catania scoppierà la rivoluzione”. Poi torna dentro al Palazzo, lasciando dietro di sé una piazza ormai semideserta e rovente.
Si conclude così una giornata di ordinaria protesta catanese. Quello che rimane è l’amaro in bocca: la via d’uscita, per centinaia di famiglie, non è affatto vicina.
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