Crisi Tecnis, riunione Ruperto-sindacati a Roma Stop vendita. Richiesta certificazione antimafia

La vendita di Tecnis è stata sospesa e sono state avviate le pratiche per riottenere la certificazione antimafia. A comunicarlo è l’amministratore giudiziario dell’impresa di costruzioni etnea Saverio Ruperto, che stamattina a Roma ha incontrato sindacati e governo nel palazzo del ministero dello Sviluppo economico (Mise). Nelle stesse ore, alla Camera dei deputati, è stata presentata, con specifico riferimento al caso della ditta, un’interrogazione in materia di emersione dall’illegalità. L’azienda è in crisi economica da tempo, condizione alla quale si sono aggiunge le vicissitudini giudiziarie dei suoi vertici – Mimmo Costanzo e Concetto Bosco Lo Giudice – che martedì hanno portato al sequestro antimafia delle quote azionarie: «Servono più strumenti normativi e risorse per salvare Tecnis», commenta il sindacalista Cgil Giovanni Pistorìo.

La revoca dell’interdittiva antimafia è il primo passo per sbloccare i lavori e i pagamenti, in arretrato da mesi. Dopo il sequestro avvenuto martedì, insieme alla nomina di Ruperto come vertice unico, le pratiche per riottenere le certificazioni di Tecnis e delle consorelle Copig e Sintec – sospese nei giorni seguenti lo scandalo Dama nera – sono state firmate e presentate in prefettura. Il documento, la cui approvazione e attesa in tempi brevi, permetterà all’impresa di partecipare a nuovi appalti e ottenere l’assegnazione di quelli già vinti. Un modo per risollevarsi dalla stagnazione che aveva portato al blocco delle opere già in costruzione, sia a causa degli scioperi ma pure per mancanza dei materiali, che i fornitori avevano bloccato lamentando ritardi nel saldo delle spettanze. 

Sotto la sede del Mise, ad aspettare Ruperto e i sindacati, c’erano una decina di lavoratori delle consortili Tecnis (vedi foto) attive nei cantieri romani dell’impresa. Come quelli siciliani, e del resto d’Italia, lamentano stipendi arretrati. Nei giorni scorsi i rappresentanti dei lavoratori avevano chiesto che a farsi carico delle paghe, considerato il momento di crisi dell’impresa, fossero le stazioni appaltanti attraverso lo strumento della surroga. Ovvero, il committente dei lavori versa quanto dovuto agli operai senza dare i soldi all’azienda, come accade di solito, che avrebbe poi il compito di suddividerli nelle varie buste paga. Un modo per evitare che la liquidità sia attaccata dai tanti creditori. Ruperto ha assicurato che l’azienda non si opporrà alla proposta. Intanto per tutti i dipendenti sarà chiesta la cassa integrazione, alla quale in seguito sarà valutata la possibilità di accesso. 

Tecnis ha sulle spalle oltre 100 milioni di debiti, ma può vantare anche un portafoglio lavori da 725 milioni. E per mettersi al riparo dal fallimento – altro argomento trattato nella riunione di oggi – come anticipato da MeridioNews ha confermato che potrebbe presto procedere alla ripresentazione del piano di ristrutturazione del debito o scegliere la via del concordato preventivo. Prima sarà però necessario recuperare almeno parte dei 24 milioni di euro di crediti: 21 dovuti dall’Anas, undici immediatamente esigibili, 3,5 riconducibili ad altre amministrazioni. È certo che le procedure di vendita e reperimento di nuovi investitori, avanzate dal consiglio di amministrazione decaduto con la nomina di Ruperto ad amministratore giudiziario, sono state interrotte. L’impresa non potrà essere venduta durante il periodo in cui si troverà sotto sequestro. E i primi sei mesi, per i quali è in vigore il provvedimento, potrebbero anche essere prolungati. 

«L’amministrazione giudiziaria è una grande risorsa, che ci permette di guadare con ottimismo al futuro – commenta Pistorìo – Spero vivamente, e faccio appello a tutti i parlamentari però, affinché si arrivi al varo di norme che metterebbero nuove risorse e strumenti a disposizione per salvare Tecnis». A portare l’argomento alla Camera è stata l’interrogazione della deputata Pd Luisa Albanella, che ha chiesto al Governo «garanzie per le tutele dei lavoratori e del completamento delle opere in corso anche per le ditte, sottoposte a confisca o sequestro». Tematiche che fanno eco alle parole usate dalla segretaria della Cgil Susanna Camusso mercoledì, durante la sua visita a Catania: «Il messaggio non deve essere che il lavoro c’è se c’è la criminalità e si perde invece quando interviene la giustizia – diceva Camusso alla stampa – Occorrono norme che permettano di distinguere le responsabilità, e in particolare le infiltrazioni della criminalità organizzata, dal destino di quelle aziende attraverso delle procedure che non siano quelle oggi in atto, che spesso portano a perdere le aziende».

Marco Di Mauro

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