Creative Commons: l’altra faccia del copyright

CC. Al primo impatto si potrebbe pensare al logo di una vecchia azienda di rocchetti ma si capisce subito che parliamo di ben altra cosa.
Sarà mica arrivata la fine della mitica frase “Tutti i diritti riservati”? Oppure è soltanto un polverone alzato per nulla? Proviamo brevemente a capire di cosa si tratta soprattutto per ciò che concerne l’ambito italiano.

Tutto nasce nel 2001 quando Lawrence Lessig, docente alla Stanford Law School nel Massachusetts ed esperto in cyberdiritto, fondò la Creative Commons, un’associazione no-profit, insieme al giurista James Boyle della Duke Law School e l’informatico della MIT, Hal Abelson. Tra la primavera e l’estate del 2003 cresce l’interesse italiano per il progetto Creative Commons e nel maggio dello stesso anno, alcuni studiosi della sede centrale di Torino dell’Istituto di Elettronica e di Ingegneria dell’Informazione e delle Telecomunicazioni (I.E.I.I.T.), organo del Consiglio Nazionale delle Ricerche (C.N.R.), decidono di collaborare alla redazione delle licenze italiane.
Ad essi si aggiunge in seguito il prof. Marco Ricolfi del Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università di Torino che diventerà il project lead del team per le licenze Creative Commons.

Nel dicembre 2004 vengono presentate a Torino le licenze e nel gennaio 2005, mentre Juan Carlos De Martin diventa il nuovo project lead, Marco Ridolfi viene nominato legal advisor.

Dopo questi aspetti storici, vediamo un po’ cosa sono queste licenze e come sono suddivise.
L’organizzazione Creative Commons offre una serie di licenze in qualche modo standardizzate a cui un autore può ricorrere per offrire ulteriori diritti al pubblico. Sono uno strumento per offrire una protezione più flessibile alle opere di ingegno tutelate dal diritto d’autore e allo stesso tempo per favorirne la diffusione senza le pesanti restrizioni dettate dal diritto d’autore.
Per opere di ingegno intendiamo, ad esempio, musica, films, libri, articoli giornalistici, didattica.
C’è da dire che le licenze italiane, importate dall’America, sono state adattate al contesto giuridico di casa nostra.

Mentre in America le licenze Creative Commons sono quattro, in Italia sono sei:
– Attribuzione; 
– Attribuzione – Non opere derivate; 
– Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate; 
– Attribuzione – Non commerciale; 
– Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo; 
– Attribuzione – Condividi allo stesso modo.

Brevemente: la prima prevede l’obbligatorietà di citare sempre il nome dell’autore dell’opera; la seconda sancisce il divieto di fare un uso ai fini di lucro del lavoro; la terza licenza aggiunge il divieto di modificare l’originale; la quarta consente la commercializzazione dell’opera presa da internet e la produzione di opere derivate; la quinta e la sesta contemplano che se si modifica un’opera, bisogna poi farla circolare con la stessa tipologia di licenza dell’originale. La sesta aggiunge anche il divieto di fare del prodotto un uso commerciale.

Ciò permette ad ogni autore di dare alle proprie opere una determinata protezione e maggiore visibilità sul mercato dei “grandi”; invece l’utente avrà la possibilità di scegliere liberamente e in modo gratuito delle opere seppur nei limiti previsti dalle licenze.
Un altro passo avanti nel mondo dell’open-source è dato anche dalla realizzazione di un motore di ricerca creato da Yahoo per contenuti Creative Commons scavalcando in maniera legittima la legge Urbani, in quanto il Governo non ha rispettato l’accordo che aveva raggiunto per la modifica della suddetta legge. Infatti, i Ministri Urbani e Stanca non intendono più eliminare il reato penale per chi condivide musica e film, ma solo ridurre le pene.

In conclusione si può aggiungere, usando le parole del fondatore delle Creative Commons, che l’uso delle licenze farà crescere la consapevolezza e aiuterà nella battaglia per normative più eque sul diritto d’autore e sull’uso consentito.

Per chi ne volesse sapere di più, si consiglia di visitare il sito ufficiale www.creativecommons.org (in lingua inglese) oppure la versione italiana qui sotto evidenziata.

Links utili e approfondimenti

Creative Commons Italia
Repubblica.it
http://www.zeusnews.it/index.php3?ar=stampa&cod=3983
http://www.bintmusic.it/blog/archives/000081.html

Mario Grasso

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