Cracolici condannato per le spese del Pd all’Ars «Uguali da decenni, improvvisamente improprie»

«Non mi si accusa di aver messo in tasca un solo euro». Si dice turbato l’assessore all’Agricoltura, Antonello Cracolici, condannato dalla Corte dei Conti per spese pari a 346mila 317 euro. È lo stesso Cracolici a dare la notizia alle redazioni, comunicando che è stata depositata la sentenza della magistratura contabile relativa al gruppo parlamentare del Partito Democratico all’Ars nella scorsa legislatura, quando Cracolici era capogruppo.

Proprio per il ruolo ricoperto nell’era Lombardo, all’assessore all’Agricoltura vengono contestate spese per quasi 350mila euro, «circa 200mila in meno – precisa Cracolici – rispetto alla cifra inizialmente contestata». Una sentenza che ribalta la richiesta di archiviazione in sede penale «per le cui contestazioni – sottolinea Cracolici – il gruppo parlamentare del Pd ha fornito ogni minuziosa attestazione relativa alle spese sostenute, producendo il tutto in giudizio».

Secondo l’ex capogruppo, la sua gestione delle risorse del gruppo sarebbe sempre stata corretta, al punto da lasciare un avanzo di circa 800mila euro, «cosa che non era mai accaduta in precedenza». Cracolici sottolinea come l’accusa non sia «di aver messo ‘un solo euro in tasca’ né di non aver spiegato come è stato speso ogni singolo euro. Si è voluta addebitare la responsabilità al rappresentante del gruppo parlamentare non per spese sostenute nell’interesse personale ma per una interpretazione postuma sulla coerenza delle spese sostenute dal Pd all’Ars rispetto alle finalità istituzionali dei gruppi parlamentari».

Insomma, all’ex capo dei democratici viene contestato, tra le altre cose, il costo di sondaggi per valutare l’attività del gruppo tra i cittadini, le spese sostenute in occasione della campagna referendaria sull’acqua pubblica e sul nucleare, il costo del buono pasto riconosciuto ai dipendenti del gruppo, il costo delle spese legali per intervenire nel procedimento che avrebbe fatto interrompere la legislatura e quindi cancellato l’esistenza del gruppo, il costo di acquisti di pubblicazioni e promozione delle leggi fatte approvare all’Ars, «le spese di rappresentanza – prosegue lo sfogo di Cracolici – sostenute da decenni e che improvvisamente costituiscono spesa impropria, compresi i biglietti di auguri natalizi a firma del capogruppo».

«Sono un uomo pubblico e rispettoso delle istituzioni – conclude – e come tale ho rispetto totale della magistratura. La mia fiducia rimane intatta anche in presenza di una sentenza che non condivido ma che sono fiducioso sarà profondamente riformata in sede di appello, che produrrò ai sensi di legge». A prendere le difese dell’assessore regionale, interviene il segretario del Partito Democratico, Fausto Raciti, che si dice sorpreso dalle decisione dei giudici contabili, dopo la richiesta di archiviazione. «Da questa sentenza – sostiene Raciti – esce comunque intatta la moralità di Antonello Cracolici, che oggi è chiamato a rispondere solo in qualità di legale rappresentate del gruppo parlamentare del Pd nella scorsa legislatura. Siamo insomma di fronte ad una sentenza meramente amministrativa che in alcun caso intacca lo spessore politico e morale di Antonello Cracolici».

Miriam Di Peri

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