Covid-19, ricorso al Tar contro la zona arancione Confcommercio: «Cittadini ignari dei criteri usati»

«La ripartizione dell’Italia in aree gialla, arancione e rossa è figlia di una procedura poco chiara». A riportare l’attenzione sui criteri con cui il governo centrale ha differenziato le misure restrittive per fronteggiare la seconda ondata di Covid-19, è la Confcommercio di Catania, che nelle prossime ore depositerà un ricorso al Tar del Lazio per chiedere la sospensione dell’ultima ordinanza del ministero della Salute che ha relegato la Sicilia in fascia arancione. Colore che, regole alla mano, ha dato il via a una nuova chiusura generale, seppure alleggerita rispetto a quella primaverile quando l’Italia intera venne dichiarata zona rossa. 

«Si è parlato di questi 21 parametri e del fatto che il governo regionale ne fosse a conoscenza – commenta il presidente di Confcommercio Catania Pietro Agen a MeridioNews -. Per noi però non basta questo: il cittadino, di fronte a una limitazione così pesante della libertà, dovrebbe almeno poter valutare se le condizioni che hanno determinato i divieti fossero presenti o meno». La giustizia amministrativa si è già pronunciata in più di un caso in merito ai Dpcm adottati dal presidente del consiglio dei ministri. «Il nostro però – spiega Agen – è un ricorso diverso, che riteniamo abbia tutte le credenziali per essere esaminato e accolto». L’associazione di categoria ha atteso qualche giorno prima di prendere la decisione. «Abbiamo cercato se il governo regionale facesse ricorso, ma così non è stato. Pare perché – continua – i tempi non sono stati ritenuti compatibili. Ma il Tar, in linea di principio, potrebbe disporre la sospensione immediata dell’ordinanza in via cautelare».

L’iniziativa – sostenuta legalmente agli avvocati Martina Scaletta, Alberto Maria Fichera, Giacomo Bellavia e Luigi Carbone – nasce con l’intento di tutelare i titolari di servizi di ristorazione e bar, tra i più colpiti dai divieti introdotti il 4 novembre. «Ma in realtà sono un po’ tutti a rischiare di essere danneggiati, non solo chi deve chiudere. Anzi – sottolinea Agen – ci sono casi in cui rimanere aperti rischia di rivelarsi un boomerang. Mi viene da pensare, per esempio, a quei tabacchi o parafarmacie che possono continuare a lavorare anche all’interno dei centri commerciali: quanti clienti potranno avere?» Il rischio, secondo Agen, è che si vada incontro anche a una riduzione dei sussidi economici assegnati ai titolari degli esercizi commerciali. «Ritengo altamente probabile che gli aiuti non verranno dati a chi fa parte di quelle categorie che sulla carta possono continuare a operare, ma con una diminuzione della clientela tangibile, com’è naturale che sia quando – conclude Agen – si invitano le persone a rimanere a casa e si impone il divieto di uscire dai confini comunali».

Simone Olivelli

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