Covid-19, quando tutto si ferma tranne gli affari delle mafie «Comprano al minor prezzo miseria e paura delle famiglie»

«È indispensabile aiutare le imprese sane a non finire inesorabilmente nella rete della criminalità che è già pronta a investire. Ci risulta lo stia già facendo, immettendo nel mercato ingenti disponibilità finanziarie per controllare tramite l’usura, e poi acquisire di fatto e legalmente, interi comparti economici e produttivi». Un allarme non da poco, quello lanciato da Sos Impresa – Rete per la Legalità, in un documento in cui illustra le proposte operative a sostegno delle Pmi e delle famiglie a rischio usura in questo particolare momento di emergenza sanitaria, economica e sociale. Un rischio, insomma, diventato già realtà purtroppo. Così, mentre il Paese intero si è bloccato a causa dell’emergenza da fronteggiare, le mafie al contrario non si sono fermate mai. I loro affari, anzi, continuano e proprio in un momento come questo sono più che mai in fibrillazione.

«I dati e le segnalazioni arrivano dalle polizie, dalle procure, ci sono già dichiarazioni di diversi magistrati, tutte notizie che provengono dal mondo investigativo – conferma l’avvocato Fausto Amato, della delegazione palermitana di Sos Impresa -. Abbiamo contezza anche di episodi concreti che risultano a nostri assistiti, richieste di iniziare trattative per entrare dentro le imprese». Continua instancabile, insomma, il tentativo di insinuarsi sempre più in profondità in quei circuiti legali per nascondersi, confondersi, mescolarsi fino a diventare inafferrabili. «Stanno approfittando della debolezza economica e finanziaria delle imprese, soprattutto di quelle che hanno una loro legittima solidità pre-coronavirus – spiega anche il presidente nazionale di Sos Impresa Luigi Cuomo – per chiedere in modo più o meno persuasivo di cedere le attività al 50 per cento, questo in una prospettiva di allargamento del livello di penetrazione nel sistema di economia legale, per rafforzare questo trend, oramai avviato da diversi anni, di convertire la black money, cioè i soldi sporchi, in economia legale, trasformandosi e rigenerandosi».

Uno scenario pericolosissimo, insomma. «Significherebbe avere di fronte un tessuto economico non libero e soprattutto criminale, sarebbe distrutto completamente il principio del libero mercato e della libera concorrenza, chi detiene il potere economico manipola anche la democrazia di un Paese – continua a dire il presidente Cuomo -. Sarebbe uno scenario catastrofico». I tentativi che in questo momento starebbero cercando di  mettere in atto, a suo dire, sarebbero sia di ordine generale cercando di rafforzare questo livello di penetrazione, dall’altro iniziando a dare risposte immediate e semplici sotto forma di aiuti economici alle categorie più marginali della società, le stesse che «domani possono essere trasformate in manovalanza o in ampie fasce di consenso che possono supportare anche dal punto di vista elettorale scelte strategiche e funzionali». In futuro, insomma, potremmo non ritrovarci a piangere solo i morti del Covid. Le conseguenze che un momento del genere rischia di portarsi dietro sono innumerevoli e quella dell’attività delle mafie è tra le più preoccupanti. 

«Questo virus sta producendo macerie sanitarie se penso alla vita di tanti italiani che stanno morendo, macerie economiche se penso alla vita delle aziende, sociale e psicologiche – torna a dire -, ma sicuramente anche macerie democratiche, quelle che rischieremo di registrare se questo tentativo mafioso generale che sta riguardando tutta la penisola andrà a buon fine. chi è preposto ad arginare questa attività criminale è comunque già allertato e attivo da settimane su questi temi. Ci sono gruppi imprenditoriali che stanno denunciando questi episodi. Ovviamente non viene il picciotto con la coppola e la lupara a fare queste offerte, vengono società e gruppi economici molto ben strutturati, professionisti». A dispetto di presentazione, referenze più o meno fittizie e reputazione, c’è poco da rimanere confusi. Chiunque, in quelle situazioni, è perfettamente in grado di rendersi conto che quell’offerta di pulito e legale ha ben poco. «Non è necessario – spiega ancora il presidente Cuomo -,in una situazione del genere per loro è gioco facile. Io so di queste richieste che al 50 per cento risalgono ai primi di marzo. Le imprese, nelle condizioni in cui sono con una massa debitoria che cresce sempre di più, saranno più tentate a cedere tutto, fare cassa e togliersi di mezzo. Non è necessario essere obbligatoriamente minacciosi, intimidatori o violenti, dove serve anche pure ma in questa fase non è necessario. Quello che stanno facendo è comprare al minor prezzo possibile la miseria, la paura e la disperazione delle imprese e delle famiglie».

Le mafie, insomma, non starebbero vivendo alcun momento di buio. Non più almeno, a sentire il presidente nazionale di Sos Impresa. Nel senso che lo shock di un intero Paese bloccato dall’emergenza sanitaria, forse, in un certo modo lo hanno patito anche loro. Ma è durata davvero molto poco. Il tempo di incassare il colpo e le organizzazioni mafiose, da nord a sud, erano già pronte a rimodularsi. «Si sono adeguate subito. La criminalità gode di tre condizioni fondamentali oggi – spiega ancora Cuomo -: l’enorme liquidità di cui dispone, la velocità decisionale e la flessibilità nel cambiare strategie, queste tre componenti le rendono fortissime e purtroppo si confrontano con una struttura pubblica che al contrario ha pochi soldi, è lenta e un po’ elefantiaca burocraticamente parlando». Tuttavia, scongiurare uno scenario tanto drammatico è possibile. Non solo denunciando le offerte di queste sedicenti aziende che si fanno avanti con chi è in crisi, ma anche parlandone. «Una cosa di cui le mafie hanno paura è che si parli di loro. Loro possono continuare a fare quello che fanno grazie al consenso popolare e al silenzio, dobbiamo quindi fare venire meno questi due pilastri, senza distrarci mai. Ognuno, insomma, faccia la sua parte».

Un monito, quello a prestare tutta l’attenzione possibile a questo scenario, che giunge anche da chi di quel mondo criminale, in un tempo ormai lontanissimo, ha fatte parte. Come il collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura, presidente dell’associazione dei Sostenitori dei collaboratori e testimoni di giustizia con sede a Palermo, da molti anni impegnato in prima linea nella costante denuncia del malaffare e nella lotta contro ogni criminalità organizzata. «Vanno arrestati, messi al 41 bis e sequestrati i beni a quelli che in un modo o nell’altro si rendono complici di mafie, speculazioni o di sistemi criminali. Se si facesse ciò, in questo momento difficile, potrebbe essere un buon deterrente – la sua riflessione -.Troppe volte sono stati perdonati e addirittura fatti passare per degli eroi. Le richieste del pizzo vanno subito denunciate, e non dopo. Il fisco va pagato, gli operai non vanno sfruttati e alle mafie non bisogna rivolgersi mai. Si è vittime o carnefici? Troppo buonismo c’è stato in alcuni settori. Si vuole davvero sconfiggere le mafie? Adesso con grande coraggio bisogna dire basta. La nuova Italia va ricostruita su saldi principi, valori e rispetto della legge che anch’essa deve essere applicata in modo eguale. Che lo Stato e le banche aiutino gli onesti di ogni categoria e soprattutto la povera gente che è quella che soffre veramente. Basta disuguaglianza, disparità e ingiustizie, che l’Italia diventi veramente uno Stato di fatto e di diritto e che la società civile ritorni ad essere umana».

Intanto, tra le proposte operative avanzate dalle associazioni antiracket e antiusura aderenti a Sos Impresa ci sono interventi semplici, leggeri e veloci a favore delle imprese più esposte ai già menzionati rischi: la sospensione dalla segnalazione in Centrale Rischi per le PMI fino al 31 dicembre 2020, la sospensione DURC e l’erogazione contributi anche a imprese con DURC non in regola fino al 31 dicembre 2021, la liquidazione immediata dei crediti tributari sia a livello nazionale che locale. Possibile intervenire subito anche nel settore del credito alle famiglie, attraverso i fondi di rotazione destinati alla solidarietà antiracket e antiusura. «Noi ci siamo, siamo qui e siamo pronti a collaborare». 

Silvia Buffa

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