Cotonificio Siciliano, la Regione ferma la demolizione Niente social housing: «È un’opera da preservare»

Sembra allontanarsi ancora di più la realizzazione del progetto di social housing  previsto nell’ex Cotonificio Siciliano di Partanna Mondello, che a luglio dell’anno scorso ha già incassato la bocciatura della Soprintendenza per i Beni culturali. «È arrivata la conferma da parte della Regione, che è proprietaria dell’area, che nessuno senza essere autorizzato può demolirlo per costruire alloggi». Una risposta importante per l’associazione Aiace quindi nelle parole del presidente Eduardo Marchiano: «Per noi era un’aggressione al territorio – aggiunge – la costruzione di questi 230 appartamenti. Ciò non avrebbe fatto altro che gravare su una situazione già abbastanza pesante nell’area dove già sussistono problemi di allagamenti e di rete fognaria insufficiente, senza contare che per lo più si tratta di un sito a vocazione industriale». 

La Regione, nella sua risposta inviata alla seconda commissione del Comune, rivendica la proprietà dell’immobile, acquistato nel 2009 e spegne le speranze dell’amministrazione specificando che «in considerazione della valenza architettonica del Cotonificio Siciliano – si legge nel documento – già riconosciuto dal critico Bruno Zevi “tra i migliori esempi di architettura industriale italiana”, sull’area che trattasi, non può essere presa in considerazione, da parte di codesto ufficio, alcuna richiesta di variante al vigente Prg, che non provenga esclusivamente dall’amministrazione regionale, atteso che la piena proprietà dell’area sulla quale realizzare qualsiasi intervento, costituisce presupposto necessario ai fini dell’approvazione della proposta di variante urbanistica». In pratica, visto che la richiesta di variante del Prg dovrebbe necessariamente essere avanzata dal proprietario dell’area, che in questo caso, come visto, non ha alcuna intenzione di farlo. Un sito che secondo l’associazione Aiace doveva essere «da recuperare per potere realizzare una cittadella della cultura, o per intercettare piccole e medie imprese dell’eccellenza siciliana o un sito da destinare all’artigianato per recuperare antichi mestieri o ancora un luogo di aggregazione. Insomma un polo sociale e culturale per dare risposte maggiori a un territorio, quello di Partanna Mondello, aggredito negli anni da speculazioni edilizie e da strumenti urbanistici inadeguati». 

Una delle possibilità è che venga utilizzato come sede regionale della Protezione. «Nell’ambito di un tavolo al quale ha preso parte la protezione civile, è stato protocollato
un documento dove ne richiedevano l’area per la sede regionale di logistica e operativa». Se avvenisse rappresenterebbe un’operazione importante, sottolineano le associazioni, per la riqualifica e lo sviluppo di tutta la zona industriale di Partanna, dando così la possibilità alle aziende che insistono su via Aiace e alla borgata di essere collegate all’autostrada. «Un varco che consentirebbe una serie di opportunità, tra le quali anche quella di intercettare i flussi d’acqua più a monte e potere essere gestiti meglio, fornendo allo stesso tempo anche una rete di sotto-servizi adeguata e di nuova costruzione. Una bretella che potrebbe dare risposte sotto il profilo urbanistico e di sviluppo, dando all’area maggiore visibilità». 

Per questo l’associazione Aiace
ha avanzato una richiesta di incontro alla commissione urbanistica per discutere della viabilità e delle vivibilità proprio della zona Nord di Palermo, dove si toccherà anche il tema allagamenti. Al centro il tema delle infrastrutture che non sono state ancora realizzate, come la pulizia del ferro di cavallo, il completamento di via Palinuro. «A breve ci dovrebbero convocare», afferma Marchiano. E canta vittoria anche la consigliera Giulia Argiroffi, che della seconda commissione consiliare fa parte, anche se come membro dell’opposizione, vista la sua appartenenza al Movimento 5 stelle. «Sono orgogliosissima – dice – perché è della consapevolezza del valore della bellezza e della nostra identità che vince. Spero che sia l’inizio di una nuova epoca fondata sulla consapevolezza della bellezza e della cultura». Argiroffi è tra i promotori e firmatari di un appello per salvare il cotonificio, che ha raccolto decine di adesioni, tra cui quella di Cesare Ajroldi, figlio di Pietro, che insieme a Franco Gioè ha progettato la struttura. «Testimonia un pezzo di storia della città, una sorta di costruzione emblematica di tutte le contraddizioni della politica industriale siciliana del dopoguerra e del tentativo di riportare la grande industria nell’isola» si legge nell’appello. La palla ora ripassa in mano alla commissione, che difficilmente però andrà contro il volere della proprietà dell’area.

Una battaglia, quella dell’ex cotonificio sostenuta anche da
Insieme per Mondello, afferma il presidente Mario Cucina, che si batte anche sul fronte degli allagamenti: «Un fenomeno che si verifica a Partanna Mondello, via Esperia, via Mancuso, via Eolo, che diventa una laguna – sottolinea Mario Cucina -. Quando c’è una grossa precipitazione, e succede da anni,  la cosiddetta bomba d’acqua, si verificano allagamenti anche di fronte la scuola di via Santocanale. Per quelli che abitano in quelle zone è diventato un problema esistenziale. Un trauma per adulti e bambini che appena vedono piovere soffrono, pensando a quello che potrebbe accadere». Gli interventi da fare, ribadisce Cucina, sono noti: «Sono state realizzate delle vasche, se ne devono fare altre. Senza contare la pulizia del ferro di cavallo. Un problema che è stato molto dibattuto ma il tema principale è realizzare in via Aiace, che parte da Tommaso Natale e arriva fino in via Mondello, ancora divisa in tratti, infrastrutture per convogliare le acque provenienti da Monte Gallo in un sistema fognario realizzato ad hoc, con una certa capienza per accogliere un volume d’acqua notevole». 

Anche se i problemi restano quindi quella dell’ex cotonificio per questi cittadini rappresenta: «Una piccola vittoria per il territorio e di tutti quei cittadini, che hanno creduto in questa azione, portando le problematiche nelle varie commissioni comunali e regionali di competenza, cercando di seguire tutti i passaggi che la legge ci ha permesso, sensibilizzando l’ opinione pubblica attraverso la stampa e i social» Un risultato che si aggiunge a quello «di aver contribuito alla rimozione dei 5mila metri quadri di amianto che erano sui tetti dei capannoni» Ma il lavoro degli attivisti non si ferma qui: «Ritorneremo – conclude Marchiano – a sollecitare gli uffici della Regione, visto che ne è proprietaria, ad utilizzare tutti gli strumenti idonei, per intervenire sui tetti e i capannoni, ormai privi dopo la bonifica dall’amianto del 2016, della protezione per tutelare la struttura dalle intemperie».

Stefania Brusca

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