Costretta a rubare, poi obbligata a prostituirsi, a suon di calci e pugni. È quanto accaduto a una donna romena di 37 anni, ridotta in schiavitù dal compagno, un connazionale 50enne, che ora si trova ai domiciliari in attesa di giudizio. I due erano giunti in Italia nel 2013, insieme ai figli di nove e cinque anni. Fin da subito, l’uomo aveva tenuto verso di lei un atteggiamento che i carabinieri definiscono «dispotico», spingendola a commettere diversi furti nei centri commerciali del Catanese.
Dopo qualche tempo, il 50enne le aveva anche imposto di prostituirsi, accompagnandola ogni giorno, in autobus, alla zona industriale di Catania. E fissando una specie di risultato economico da raggiungere, al di sotto del quale la picchiava con violenza. Del denaro guadagnato, a lei restava circa il 20 per cento, con il quale doveva anche pensare ai bambini. La donna, esausta e preoccupata per i figli, ha infine deciso di rivolgersi ai carabinieri di piazza Verga, che sono dotati di un ufficio specifico per le donne vittime di maltrattamento.
Così i militari hanno prima trasferito i minori in una struttura protetta, poi cercato riscontri al racconto della vittima. Procurandosi i referti medici che attestano le «lesioni di una certa gravità» procuratele dall’uomo, ascoltando testimoni, seguendo il sospettato. Fino alla decisione, assunta di concerto con il pubblico ministero titolare del fascicolo, di intervenire in maniera risolutiva.
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