Corte dei conti, meno spese ma gestione opaca «Debiti peseranno come macigno su futuro Sicilia»

Se da un lato crescono le entrate della Regione, dall’altra destano ancora preoccupazione le spese per il personale, soprattutto quelle legate alle partecipate e il ricorso a operazioni di finanza derivata che «rischiano di pesare come un macigno sulle future generazioni della Sicilia». A tracciare un quadro caratterizzato da alcune luci ma, soprattutto, da tante ombre, sono i magistrati contabili delle sezioni riunite per la Regione siciliana della Corte dei Conti nel giudizio di parificazione del rendiconto generale della Sicilia per l’esercizio finanziario 2015, presentato stamane allo Steri a Palermo

Il dato positivo più eclatante è sicuramente quello legato alle entrate, con un aumento del 24,12 per cento rispetto al 2014 (passate da 17.683 milioni a 21.947 milioni). L’opera di bonifica dei conti ha riguardato anche i tanti residui attivi (dai 14.384 milioni di euro al 31 dicembre 2014, si sono attestati alle fine del 2015 a 4.162 milioni di euro) e quelli passivi (a fine 2014 ammontavano a 7.875 milioni mentre nel 2015 si sono attestati a 3.139 milioni, con tendenza alla diminuzione). Numeri che per il presidente della Regione – presente allo Steri assieme all’assessore all’Economia Alessandro Baccei – certificano «l’operazione chiarezza» portata avanti dall’esecutivo sui conti anche se, di pari passo, sono cresciuti i debiti.

Al dicembre 2015, infatti, i passivi erano pari a 5 miliardi e 575 mila euro, ancora in aumento rispetto alla stesa data dell’anno precedente. Il trend crescente, rilevano i giudici contabili, è dovuto dalla stipula di due ulteriori contratti di mutuo con la Cassa deposti e prestiti in misura comunque inferiore rispetto all’anno precedente. «A tale dato – ha sottolineato il procuratore generale d’Appello Diana Calaciura Traina – bisogna aggiungere il massiccio ricorso a uno strumento contabile che già avevamo rilevato in occasione della precedente requisitoria, e cioè le anticipazioni di liquidità». Nel corso del 2015, la Regione siciliana ha stipulato un ulteriore contratto con prestito per anticipazione di risorse per un miliardo e 776 milioni di euro, destinati al pagamento dei debiti di enti sanitari. «Tale liquidità – ha chiarito – pur non potendo essere considerata come un nuovo indebitamento, comporta, comunque, l’assunzione di obblighi di restituzione da parte della Regione».

Impegni futuri tali da spingere i magistrati contabili a definire la situazione del patrimonio regionale della Sicilia come «seria e preoccupante». «L’istruttoria delle sezioni riunite – ha proseguito – acclara senz’ombra di dubbio che l’anno 2015 è in assoluto, nel quinquennio, l’esercizio con il peggiore valore netto patrimoniale, cioè -8.553 milioni di euro. Peraltro, il 2015 è il primo anno nel quale l’ammontare dei mutui ha superato il totale delle attività. È legittimo ipotizzare il protrarsi nei prossimi anni della prevalenza delle passività sulle attività. Fa dubitare, altresì, della sostenibilità del debito che graverà sulle generazioni future, pesando come un macigno sullo sviluppo stesso della Sicilia».

Tra le voci che più evocano contraddizioni, quelle legate al personale. Nel 2015 il numero dei dipendenti della Regione è diminuito di 984 unità. Sommando il personale a tempo indeterminato con quello a tempo determinato, il totale dei dipendenti regionali nel 2015 (compresi i dirigenti) è stato di 16.341 unità, mentre nel 2014 erano 17.325. Eppure, da questi numeri, rimangono fuori forestali e partecipate. Gli oneri per il personale stagionale impiegato nelle strutture periferiche del Comando forestale della Regione e del Dipartimento azienda regionale forestale demaniale, sono «assai elevati» e, qualora fossero consolidati alle spese del personale della Regione, farebbero «lievitare notevolmente il dato. Non può sottacersi – ha sottolineato Calaciura Traina – che l’attività istituzionale delle strutture regionali preposte all’assunzione di tale categoria di lavoratori è svolta attraverso la realizzazione di progetti finanziati con risorse regionali e comunitarie. Tale circostanza comporta non soltanto, a volte, un’inutile reiterazione di adempimenti, ma anche una lievitazione dei costi». Ancora, va aggiunto che i relativi emolumenti non vengono inseriti nei capitoli di spesa del personale, ma «vengono diluiti in numerosi capitoli di parte corrente e capitale, offuscando così la necessaria chiarezza delle poste di bilancio».

A preoccupare, anche il peso sul bilancio regionale degli oneri derivanti dalle società partecipate che determinano «un impatto considerevole» .«Gli ultimi dati, purtroppo completi e imparziali, acclarano che i costi del personale delle società partecipate ammontano nel 2015 a 190 milioni di euro in corrispondenza di un numero di dipendenti che si mantiene superiore a settemila unità». La gran parte dei costi si riferiscono a Seus scpa, con 3.235 unità e a Sas scpa con 1.974 unità. «Tali fattori, già di per sé negativi, si inseriscono nel già opaco quadro delle società partecipate. Constatata ancora una volta l’inadeguatezza dei controlli effettuali dalla Regione nei confronti delle società partecipate, non essendo ammissibile che gli organi di amministrazione di società, di cui l’ente Regione è unico socio o di maggioranza, non rispondano adeguatamene alle richieste di informazioni da parte delle ragioneria generale. Si raccomanda, quindi, che la Regione eserciti pieni poteri di governance e relativi poteri di controllo».

Antonio Mercurio

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