«Lei l’ha visto comu è cumminato? Ci voli a maschera antigas ppi scinniri». E’ il commento di uno degli operai a lavoro da stamattina in corso dei Martiri, dopo l’avvio ufficiale di ieri delle prime opere per risanare una ferita della città aperta da più di sessant’anni.
Una ferita non solo urbana, ma anche sociale. Infatti, all’interno delle enormi voragini che squarciano il cuore del quartiere San Berillo, vivono decine di famiglie nomadi – tra cui molti bambini, anche piccolissimi – accampati in baraccopoli tra topi e montagne di rifiuti, in condizioni igenico-sanitarie disumane. Che però, anche se non oggi, nei prossimi giorni dovranno essere sgomberate. Stamane, intanto, un gruppetto di uomini dell’impresa edile Marsicovetere Romandetti, ha cominciato solo a ripristinare la recinzione esterna di una delle fosse, la terza da piazza della Repubblica. Niente ruspe per sbancare baracche e cumuli di spazzatura. «Non è compito nostro, qua ci vuole una squadra speciale con la gru», assicura Giovanni Romandetti, titolare della ditta, che opera per conto dell’Istica, uno tra i privati proprietari delle aree.
Gli operai a lavoro oggi si occuperanno solo della recinzione. Via le impalcature di legno che coprivano alla bene e meglio i varchi creati nelle vecchie pareti. Al loro posto, innalzeranno un nuovo muro di cemento, che circonderà l’intero perimetro degli enormi scavi. Lasciando libere solo le vie d’accesso, per permettere il passaggio delle persone che vivono all’interno, oltre alla futura evacuazione. «Sennò come fanno questi poveretti ad entrare ed uscire?», sottolinea Romandetti. Lavori che, come spiega il titolare della ditta, dovrebbero concludersi al massimo tra un paio di settimane, o addirittura meno. «Tra oggi e i primi giorni della settimana prossima dovremmo finire questa fossa, poi passeremo a quella accanto», spiega. Successivamente, partiranno anche i lavori di sgombero, coordinati tra Comune e privati, che, una volta ultimati, daranno il via al vero e proprio piano di riqualificazione della zona con l’apertura del cantiere per il progetto realizzato dall’archietto Mario Cucinella. Anche se, «per informazioni precise sulla tempistica bisogna rivolgersi all’assessorato di competenza», sottolinea l’ingegnere Renata Miranda dell’Istica.
A delimitazione ultimata, partirà quindi lo sbancamento con le ruspe per sgomberare le fosse da baracche e rifiuti. Ma prima, dovranno essere evacuate le famiglie che vi si sono stabilite, la maggior parte di origine bulgara e romena. Un’operazione che però, assicura l’assessore ai Servizi sociali Carlo Pennisi, non sarà forzata ma graduale, e che tenterà di garantire un tetto sulla testa a queste persone. Ad aiutare il Comune nello svuotamento anche i privati proprietari delle aree – che forniranno 20mila euro, la metà dell’importo necessario – e il Centro servizi volontariato etneo, che ha lanciato un’apposita raccolta fondi per l’emergenza abitativa.
Intanto, tra chi abita nelle baraccopoli, serpeggiano paura e incertezza. Nonostante la ritrosia a parlare, qualcuno ci dice di sapere che cosa sta succedendo. Alcuni dicono di voler tornare al loro paese, altri, invece, non sanno cosa sarà di loro. «Dicono che tra due settimane dobbiamo andare via», risponde una ragazza. Lei, a differenza di altri che, al momento, non sanno dove andranno a finire, si ritiene fortunata ad avere un furgoncino in cui andare a dormire. In attesa di conoscere quale sarà la sistemazione per lei e la sua famiglia.
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