Ventuno luglio. Per quanto non sia cerchiata di rosso sui calendari, la data è ben nota all’interno degli uffici centrali e periferici del Corpo forestale siciliano. Quel giorno, infatti, è attesa la sentenza di primo grado del processo che vede alla sbarra, tra gli altri, Antonio Polizzi e Antonio Sacco. I due, tra il 2012 e il 2015, erano rispettivamente commissario e ispettore in servizio al distaccamento di Palermo Villagrazia, ed è in queste vesti che si sarebbero resi protagonisti di diversi illeciti, tra cui episodi di corruzione, che avrebbero visto vittime proprietari terrieri e imprenditori colpevoli di avere compiuti abusi edilizi. Una posizione di forza, quella di Polizzi e Sacco, che per i magistrati della procura di Palermo si sarebbe manifestata con pressioni finalizzate a ottenere il pagamento di tangenti. «Hanno manifestato notevole capacità di condizionamento e di intimidazione», scrisse il gip Filippo Serio nell’ordinanza che, nel 2016, portò i due ai domiciliari.
A indagare su quello che venne definito «un continuo e ininterrotto abuso delle funzioni pubbliche per spradroneggiare all’interno del territorio di competenza» furono i colleghi del Nop di Palermo, il nucleo operativo provinciale. Il Corpo forestale, infatti, ha un’aliquota di polizia giudiziaria al pari delle altre forze dell’ordine. A distanza di sei anni dal blitz, Polizzi e Sacco rischiano una condanna pesantissima. A inizio anno, la procura ha chiesto per loro rispettivamente dieci e 15 anni. Entrambi attenderanno la sentenza in servizio, anche se in posizioni decisamente diverse: Polizzi, che meno di un anno dopo l’arresto era stato reintegrato e collocato temporaneamente negli uffici che si occupano di fondi comunitari, è in procinto di andare in pensione. Lo scorso mese il dirigente generale Giovanni Salerno ha firmato il decreto che fissa la risoluzione del rapporto di lavoro del 64enne a partire dal 21 luglio, lo stesso giorno della sentenza.
Dal canto suo Sacco, 60 anni compiuti a febbraio, è pienamente in servizio e con un ruolo tutto fuorché marginale. All’ispettore, infatti, è stato affidato l’incarico di responsabile del nucleo telecomunicazioni, ovvero della rete di ponti radio fondamentale per le attività del Corpo forestale, specialmente in un periodo come quello attuale in cui il problema dei roghi sta nuovamente piegando la resistenza della Regione e risulta fondamentale riuscire a garantire le comunicazioni in aree spesso prive di copertura mobile. Anche per questo negli ultimi mesi Sacco è stato incaricato di operare in giro per la Sicilia, diverse missioni affidate con il compito di occuparsi delle attività di manutenzione e riparazione dei sistemi di telecomunicazioni che non poche volte danno problemi.
All’epoca dell’emissione delle misure cautelari, poi decadute in seguito ai ricorsi portati avanti dai legali di Polizzi e Sacco, il gip aveva giustificato l’esigenza dei domiciliari anche con «l’atteggiamento di sprezzante noncuranza del rispetto delle funzioni pubbliche» tale da fornire «una sicura prognosi negativa riguardo il futuro comportamento degli indagati». Tra coloro che avevano ammesso di avere ceduto alle pressioni del commissario e dell’ispettore del Corpo forestale c’era anche il proprietario di un terreno che, responsabile di un abuso edilizio, aveva cercato di ammorbidire i rapporti consegnando ortaggi e frutta. «Si portavano quello che volevano, si sentivano i padroni del posto», aveva dichiarato davanti agli investigatori. «Sono convinto che tante delle accuse rivolte al mio assistito cadranno, ma attendiamo il verdetto dei giudici», è il commento comprensibilmente conciso dell’avvocato Ennio Tinaglia. Il legale difende Sacco da diversi anni, ma non dal principio dell’indagine. In prima battuta, infatti, a seguire l’ispettore era stato Toto Cordaro, all’epoca deputato regionale. Cordaro, che di professione è appunto avvocato, ha lasciato l’incarico una volta insediatosi il governo Musumeci, dove dal principio riveste il ruolo di assessore al Territorio, il ramo dell’amministrazione da cui dipende il Corpo forestale.
Polizzi e Sacco non saranno gli unici ad attendere il verdetto. I pm hanno chiesto la condanna anche di altre nove persone tra imprenditori, operai e altri funzionari. Tra questi anche l’ispettore Giuseppe Colibro. Accusato di avere contribuito alla falsificazione di un verbale di notifica, il 62enne rischia una pena a tre anni. A gennaio, tuttavia, il dirigente generale Giovanni Salerno gli ha tributato un encomio solenne, su proposta partita dal dirigente del Servizio sanitario del Corpo, «per le notevoli e irreprensibili qualità morali, caratteriali, e militari». Doti che – si legge nel documento – hanno contribuito «ad accrescere il prestigio del Corpo forestale della Regione Siciliana».
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