Coop Sicilia, il dettaglio delle perdite nel Catanese Da crack Aligrup ai licenziamenti nei diversi settori

La forte diminuzione degli incassi di Coop Sicilia porterà all’immediata chiusura dei punti vendita di San Giovanni La Punta e Zafferana Etnea, oltre che degli uffici all’interno del polo commerciale Le Zagare, e licenziamenti del personale considerato in esubero negli altri negozi: Bronte, Le Ginestre di Tremestieri Etneo, Katanè di Gravina di Catania e Le Zagare di San Giovanni La Punta. Un possibile danno sociale che, di fatto, rischia di mandare a casa alcuni lavoratori nei diversi settori dei punti vendita che, attualmente, si trovano in perdita. A motivare la mobilità, avviata dalla direzione regionale della cooperativa ci sarebbero, sul territorio siciliano «gravi inefficienze di natura gestionale ed economicoproduttivo in tutta la rete di vendita». Dal 1 giugno, data di notifica dell’avvio della procedura di mobilità, dovranno passare 75 giorni prima che il licenziamento diventi effettivo. Cosa che la Filcams Cgil, sindacato che sta seguendo la vertenza, spera di evitare. Se le trattative non dovessero andare a buon fine, i lavoratori conosceranno il loro destino il 15 agosto.

Ma non solo. «La situazione economica sopra descritta – precisano i vertici di Coop Sicilia – è da imputarsi sia alla crisi dei consumi che attraversa il Paese da oltre un lustro a questa parte, che alla contrazione dei redditi. Nonché, in particolare, all’inasprimento della concorrenza sul territorio siciliano». In altri termini, troppi altri supermercati e cittadini che non hanno abbastanza soldi da spenderci dentro. Nel dettaglio, l’andamento complessivo dell’azienda viene descritto, in una missiva inviata alle istituzioni politiche e ai sindacati, come «fortemente negativo a causa dell’aggravamento delle vendite che si attestano, nel 2016 in 194.223.000 euro, rispetto ai 200.255.000 del 2015, con un risultato netto a consuntivo negativo di 18.602.000 nel 2016 e di 22.438.000 nel 2015». 

Per questo motivo, nel Catanese, alle Ginestre la procedura coinvolgerà circa 13 dipendenti su 98otto addetti alle vendite in esubero quantitativo e cinque in quello tecnico-qualitativo tra reparto Casse, Chimica, Cassa centrale e Alimentari. Stesso discorso, in scala più estesa, anche al Katané dove le unità coinvolte sono circa 18 su 160, sparse tra addetti Hobby e Brico, Cassa centrale, Vendite, Chimica e Forneria. Ingenti i numeri alle Zagare dove sono coinvolti circa 51 su 140 dipendenti, dei quali 47 sono addetti alle vendite. A Zafferana Etnea i numeri sono molto più bassi: per tutti e sei i lavoratori, quattro full time e due part time, è prevista la procedura di mobilità per chiudere la struttura. Stesso discorso per i 12 del supermercato di San Giovanni La Punta. Sono invece 31 gli esuberi nella sede amministrativa – distribuiti tra le diverse direzioni amministrative. Molti meno, tre addetti alle Vendite, i lavoratori considerati in più nella sede di Bronte

I tagli più pesanti riguardano l’amministrazione, che sarà accentrata. Allontanando, di fatto, il controllo di quello che rimarrà dalla Sicilia. Come spiega la direzione regionale infatti è previsto uno snellimento delle funzioni amministrative dovuto alla «fusione per incorporazione di Coop Sicilia in Coop Alleanza 3.0 per pervenire ad un modello più efficiente e un ripristino delle condizioni di sostenibilità economicofinanziarie, con la conseguente chiusura della sede». Coop Alleanza 3.0 è la più grande cooperativa di consumatori in Italia e controlla il 100 per cento di Coop Sicilia, la società per azioni che si è occupata finora della gestione dei punti vendita. Secondo il colosso nazionale, «si tratta di un intervento di sostegno che punta a consentire a Coop Sicilia un importante recupero di efficienza – si legge in una nota inviata direttamente da Bologna – attraverso l’applicazione di un modello organizzativo che risponda meglio alle esigenze dei consumatori, e la riduzione dei costi di funzionamento e del lavoro».

L’esperienza siciliana comincia nel 2008 ma si fa difficile nel 2013, contemporaneamente all’acquisizione di cinque punti vendita di una Aligrup al collasso. Vale a dire il colosso puntese del re dei supermercati Sebastiano Scuto: sul patron Aligrup pesano le ombre del finanziamento della mafia; mentre sul crack dell’impresa quella di un’inchiesta che coinvolge anche gli amministratori giudiziari nominati dallo Stato. A gennaio di quest’anno la procura di Catania aveva anche disposto il sequestro preventivo di 19 milioni di euro che facevano parte di rapporti bancari nella disponibilità di nove amministratori, sia giudiziari che di fatto e di diritto, di società coinvolte nella «distrazione, dissipazione e occultamento delle risorse finanziarie di Aligrup s.p.a., società attiva nel settore della grande distribuzione alimentare», come scrivevano allora le fiamme gialle

Mattia S. Gangi

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