Contadinazioni, autoproduzione agricola contro sfruttamento Dalle olive Nocellara del Belice ai pomodori, fino alle conserve

Anche Palermo si inserisce nel processo, già in atto da tempo in molte zone del pianeta, che vede una riappropriazione delle campagne a fronte di una desertificazione della città. A partire dalle ore 18 a Qbio, la comunità del biologico in via Camillo Randazzo, sarà possibile assistere alla presentazione di Contadinazioni, un progetto di autoproduzione nato a Campobello di Mazara in opposizione alle logiche di sfruttamento del lavoro stagionale, precario e migrante. Nei terreni messi a disposizione da Salvo Vitale, storico compagno di radioaut e amico di Peppino Impastato, l’idea di partire proprio da un luogo simbolo di sfruttamento delle e nelle campagne è diventata col tempo la cooperativa Terramatta, che ha sede sociale a Partinico. Con l’intento di superare, come si legge nella descrizione dell’evento, «certe logiche capitalistiche di coltivazione che, nel caso specifico delle pregiate olive Nocellara del Belice, legittimano lo sfruttamento di lavoratori africani, giovani precari, braccianti tradizionali e, al contempo, obbligano i piccoli agricoltori a svendere il proprio prodotto alla grande distribuzione più o meno legale e organizzata». 

Al mercato biologico sarà possibile gustare le pregiate olive Nocellara del Belice, uno dei primi risultati delle coltivazioni di Terramatta. In seguito, appena terminato l’acquisto degli ultimi attrezzi agricoli, sarà completato il laboratorio di trasformazione per realizzare cibi in conserva. «Abbiamo completato per produrre pomodoro secco e patè di pomodoro – spiega Elio Teresi, responsabile acquisti della cooperativa – e messo in piantumazione i semi per la stagione autunnale, con i frutti che si vedranno a Natale. Sarà allora che lanceremo il porta a porta nel palermitano. Non utilizziamo concimi chimici. Ad esempio attorno alle lattughe mettiamo la polvere di marmo, che impedisce alle lumache di mangiare le foglie, oppure usiamo la cenere per impedire la formazione delle bave».

La chiave biologica non è però l’unica scelta dalla cooperativa, che si caratterizza anche per una forte impronta politica. A partire da quella che gli stessi componenti definiscono « l’autodeterminazione delle soggettività: un nuovo modello economico, inclusivo, fondato sulle relazioni concrete, che garantisce l’assoluta qualità dei prodotti attraverso il controllo diretto e un circuito di autocertificazione collettiva». Biologico insomma non è di per sè sinonimo totale di garanzia. Lo conferma lo stesso Teresi. «Noi non realizziamo prodotti biologici certificati – spiega ancora -. Quei marchi spesso, e sono molti gli esempi che possono testimoniarlo, sono serviti a celare vere e proprie forme di sfruttamento, che magari rispettavano la natura ma non le persone che ci lavorano». 

Andrea Turco

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