Un valore complessivo di circa 171 milioni di euro. È il patrimonio di Piero Tindaro Mollica, noto imprenditore di origini siciliane attivo nel settore degli appalti di opere pubbliche, che è stato definitivamente confiscato oggi dai militari del comando provinciale della guardia di finanza di Roma.
Compendi
societari, immobili, autoveicoli e rapporti finanziari. Si tratta, in particolare, di dieci società, con sedi a Roma, operanti nei settori della progettazione e costruzione di opere pubbliche, della compravendita di immobili e della gestione di villaggi turistici; delle quote di due società, con sede a Padova e Venezia, attive nell’organizzazione di convegni e fiere e altre attività di risanamento e gestione rifiuti; di 40 unità immobiliari (undici fabbricati e 29 terreni) tra Roma, Varese e nella provincia di Messina; undici tra auto e moto; poi ancora rapporti bancari, postali, assicurativi e azioni.
Tra gli immobili confiscati spicca un appartamento di pregio nel quartiere Parioli, finemente arredato e affacciato sul parco di villa Ada nella Capitale. Le indagini patrimoniali, coordinate dalla procura, sono state eseguite dagli specialisti del gruppo investigazione criminalità organizzata del nucleo di polizia economico-finanziaria.
Già stato arrestato dalle fiamme gialle, nel marzo del 2015, per bancarotta fraudolenta, estorsione e intestazione fittizia di beni, Mollica è risultato in possesso di ricchezze non giustificabili sotto il profilo reddituale. Durante le indagini è stata ricostruita anche la «carriera criminale» dell’imprenditore di origini siciliane.
Numerosi i trascorsi giudiziari emersi per Mollica che è risultato essere stato coinvolto in diverse vicende penali tra cui quella connessa al crack del consorzio romano
Aedars. È in questo contesto che sono emersi stretti rapporti, personali e d’affari, tra Mollica e
soggetti vicini a consorterie criminali, anche di matrice mafiosa, come gli imprenditori
Francesco Scirocco – ritenuto vicino ai clan di Cosa nostra dei Tortoriciani e dei
Barcellonesi, tra i soci fondatori del consorzio – e Vincenzo D’Oriano, pregiudicato
in rapporto con il clan camorristico dei Cesarano e amministratore di fatto di una delle società
consorziate.
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