Concorso vigili urbani, la carica degli under 30 «Speranza? Entrare nel campo del posto fisso»

Tutti pronti, fogli alla mano, per sedersi sui banchi di legno piazzati al centro del PalaCatania. Un concorso pubblico di questo tipo, nel capoluogo etneo, non si vedeva da anni. Dall’ultima volta, cioè, che sono stati assunti agenti della polizia municipale. Vigili urbani che oggi contano sulle dita di due mani gli anni che mancano alla pensione e che guardano con un misto di orgoglio e stupore tutti quei giovani, e giovanissimi, che sperano in un posto accanto a loro: alla fine, dei quasi cinquemila candidati, la spunteranno in trenta. E rimarranno in carica per cinque mesi, prima di tornare alla loro vita di sempre. Eppure perfino questi cinque mesi fanno gola. Non solo a chi la laurea la deve ancora prendere ma anche a chi, invece, spera di passare dal lavoro in fabbrica a quello su strada. A tentare ci sono anche liberi professionisti quarantenni a cui la crisi economica ha dato una bella mazzata. «Da Nord a Sud ho provato tutto: non solo concorsi pubblici, ma anche aziende private, piccole, grandi e multinazionali», spiega Salvo, originario di Troina e imprenditore nel settore delle costruzioni con l’azienda di famiglia. Pure per lui cinque mesi di contratto categoria C1 sarebbero la manna dal cielo.

In attesa che si aprano le porte del palazzetto sportivo di corso Indipendenza alcuni sono nervosi, altri sorridono, altri ancora lo ammettono candidamente: «Non ho studiato. Ho fatto la domanda all’inizio del 2018, ho scoperto ieri che oggi sarebbero iniziate le prove e solo per caso». «Io faccio l’estetista – racconta una ragazza in fila – Sto tentando questa opportunità perché spero di entrare nel campo del posto fisso». Laddove «fisso» significa, ormai, «a tempo determinato». Ma con un contratto. «Ho quarant’anni, sono una geometra libera professionista», interviene una donna arrivata da Messina. Tra una fattura e l’altra, arrivare a fine mese non è semplice. Perciò meglio cogliere l’occasione e tentare, anche se questo dovrà significare viaggiare quotidianamente dal capoluogo peloritano a quello etneo. Accanto a lei c’è il marito, agente della polizia di Stato, in servizio a Villa San Giovanni. «Io non è che me la passo meglio: tutti i giorni esco di casa due ore prima per arrivare puntuale in servizio». E adesso che, tutto sommato, è più vicino a casa si sente anche fortunato.

«Vengo dalla provincia di Enna, sono un urbanista, laureato in Architettura». La storia, stavolta, è quella di un 27enne. «Ho abbastanza umiltà per dire, senza vergognarmi, che dopo un anno di ricerca di lavoro, concorsi e selezioni farei qualunque cosa – continua – Con la disoccupazione che c’è, serve il reddito di cittadinanza». Nel frattempo, lui prova a fare il vigile urbano. «Certo che sono arrabbiato, ma che devo fare?». Non era certo il sogno di quando si è iscritto all’università. Del resto, sono solo cinque mesi. Un periodo di tempo che, per molti altri, servirà solo a mettere da parte qualche soldo per mantenersi all’università senza chiedere i soldi a mamma e papà. Lo sostiene un gruppetto di iscritti a Giurisprudenza. E lo sostiene il ventenne al terzo anno di Geologia, prima di attraversare la strada di corsa e scappare via. «Io, invece, sto studiando Scienze e tecnologie alimentari, ma prima studiavo Ingegneria elettronica – racconta un 21enne – Spero di lavorare nel settore dei controlli su qualità e conservazione del cibo». Le idee chiarissime le ha anche un praticante avvocato che proprio la scorsa settimana ha concluso il suo periodo di tirocinio in uno studio legale: «Volevo provare l’esperienza di un concorso pubblico – chiarisce – Di certo non voglio fare il vigile urbano». 

Luisa Santangelo

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