Con l’abolizione del Tfr il Governo Renzi renderà schiavi i lavoratori italiani

LA NUOVA TROVATA DEL NOSTRO MATTEO PUNTA SOLO A FAVORIRE LO STATO, CHE INCASSERA’ UN SACCO DI SOLDI CON LA TASSAZIONE. CHE CON TEMPO AUMENTERA’, VISTO CHE A DECIDERE L’AUMENTO E’ IL GOVERNO. LE IMPRESE O CHIUDERANNO (SOPRATTUTTO LE PICCOLE) O VERRANNO STRITOLATE DALLE BANCHE. MENTRE LE FAMIGLIE AVRANNO SOLO POCHI SOLDI IN PIU’ PER PAGARE ALTRE TASSE E SERVIZI PIU’ CARI. IN CONCLUSIONE, E’ UNA GRANDE TRUFFA

Ogni legge ha, così mi hanno insegnato, un “interesse” che viene tutelato. Oggi sentiamo parlare di “dare” ai lavoratori il Tfr – Trattamento di fine rapporto – come se si potesse dare a qualcuno ciò che è già suo.

Quale interesse si sta perseguendo? Dobbiamo andare al di là degli slogan da comunicazione politica e guardare alla cruda realtà delle cose.

Il Governo Renzi guadagna da questa operazione. Ne guadagna in immagine, intanto. Perché dice che ha messo qualcosa nelle tasche dei lavoratori italiani. Come detto, sono soldi degli stessi lavoratori, ma non importa: la comunicazione politica segue le leggi della retorica, non quelle della logica.

Guadagna – parliamo sempre del Governo – o spera di guadagnare un aumento immediato della domanda al consumo. E questo è un errore. Perché a livello aggregato non c’è alcuna differenza tra la disponibilità di una piccola frazione di reddito continuativa e la disponibilità di un capitale a fine periodo lavorativo. Anzi c’è un effetto peggiorativo: il Tfr alimenta spese per investimenti (acquisti di beni durevoli, anticipi per acquisto case ai figli che si sposano), che crolleranno, mentre è dubbio che – con la paura che incombe – queste somme diluite nel tempo, e sempre che non servano a pagare qualche debito o bolletta, non siano messe prudenzialmente da parte. Dubito che a Palazzo Chigi non sappiano che questa storia finirà come gli 80 “euri”, cioè in un nulla di fatto.

Il Governo Renzi ci guadagna, soprattutto, sul piano fiscale. E vedremo perché, nonostante gli annunci rassicuranti. L’operazione, al netto delle chiacchiere, è un altro, l’ennesimo, aumento della pressione/oppressione fiscale contro gli italiani.

Le banche e gli istituti previdenziali potrebbero essere neutrali, almeno in apparenza. Si parla del 50% del Tfr, in modo da non toccare la famosa “previdenza integrativa” (anch’essa un affare solo per la finanza, non certo per i lavoratori). Però, a ben vedere, un guadagno per loro, un regalino diciamo, c’è, e adesso vedremo quale.

Gli imprenditori, specie quelli piccoli, hanno un danno gravissimo, un colpo di maglio alle reni in piena recessione, che farà chiudere migliaia e migliaia di imprese che questa liquidità non sanno proprio dove prenderla senza morire. E’ un danno solo congiunturale, è vero. Chi sopravviverà (ma chi?) col tempo si abituerà ad un mondo senza Tfr, ma nel frattempo si favorirà ulteriormente la concentrazione a favore del grande capitale.

Il Governo Renzi dice che questo pericolo non c’è. Le imprese non soffriranno per questa liquidità aggiuntiva di cui hanno bisogno. E da dove si prendono dunque questi benedetti soldi, che lo Stato promette ai lavoratori, ma che – sempre secondo lo Stato – non dovrebbero neanche essere a carico degli imprenditori? Chi pagherà, insomma?

Ma le banche naturalmente! Le quali saranno “obbligate” (poverette!) ad anticipare le somme per conto degli imprenditori, guadagnando (poverette!) un piccolo interesse, e strangolando di debiti le stesse imprese. Le quali magari verseranno per davvero il Tfr solo alla cessazione del dipendente, ma non più come oggi da autofinanziamento, bensì gravato di interessi usurai a favore dei soliti parassiti. Un bel colpo di genio, non c’è che dire!

E i lavoratori? Mi viene in mente una celebre immagine di Alberto Sordi, chissà perché (“Lavoratoriiii, Prrrrr!”).

Per i lavoratori la perdita reale non è congiunturale, come per le imprese. E’ strutturale e irreparabile. Superiamo in curva la Grecia come laboratorio di ingegneria sociale del nuovo ordine, come primo Paese al mondo dove non esisterà più alcuna indennità di fine servizio o di quiescenza che dir si voglia.

Si dice: “Sono soldi loro, decidano che farne”. Ma è proprio questo l’errore gravissimo.

Il Tfr risponde ad un bisogno retributivo di natura completamente diversa rispetto allo stipendio. Se lo usiamo surrettiziamente come “aumento dello stipendio”, intanto è certo che non ce ne saranno altri, e quindi stiamo rinunciando a qualsiasi rivendicazione di mantenimento almeno del potere d’acquisto attuale. E poi certamente stiamo dando al governo Renzi uno strumento di sfogo sul quale far gravare la pressione fiscale indiretta (tasse sulla casa, etc.) o delle tariffe relative ai servizi essenziali. Questo, nel breve termine, farà sembrare sostenibili questi sacrifici ulteriori, ma nel lungo termine avrà ottenuto come unico risultato quello dell’abolizione della liquidazione a favore dei lavoratori dipendenti.

In altre parole, questo micro-aumento sarà mangiato da tasse, tariffe e – se avanza qualcosa – da bisogni impellenti. Mentre la liquidazione è persa per sempre.

Con lo stesso principio poi ci aboliranno le pensioni. Si dirà: i contributi “sono soldi dei lavoratori”, decidano loro se averli oggi o quando sono anziani. I lavoratori affamati dalle politiche restrittive decideranno in massa di averli oggi, e quindi da vecchi rovisteranno nell’immondizia. E’ questa la società che vogliamo?

La previdenza è obbligatoria (come il Tfr), proprio perché il soggetto debole può non cogliere immediatamente che cosa è meglio per lui stesso. Togliergli la buona uscita e poi la pensione (perché di questo si tratta) significa farlo scivolare verso l’indigenza e la servitù. Ammesso che ci sia un piccolo beneficio, questo sarà riassorbito dalla contrattazione in pochi anni e la fregatura rimane.

Se qualcuno, poi, un po’ più benestante avesse la forza di mettere da parte qualcosa per il fine servizio, a chi dovrebbe affidarla? Dai, non è difficile… ma alle banche, naturalmente. Che non daranno, mai, mai, e poi mai l’1,5 % in più dei tre quarti dell’inflazione ufficiale.

Nessun investimento rende oggi quanto il Tfr che non fa male a nessuno. E infatti lo leviamo.

Ma c’è di peggio, e nessuno lo dice.

Lo Stato garantisce che non sarà tassato come lo stipendio (all’aliquota marginale più alta), ma manterrà la trattazione più favorevole. Bugia!

Il Tfr ha una tassazione che varia in funzione di variabili individuali, come gli anni di servizio, etc. Se lo Stato anche dovesse istituire una tassazione più favorevole, chi ci garantisce che sarà pari a quella media del Tfr di oggi?

“Loro” faranno i conti. E “Loro” decideranno quale sarà questa aliquota e – coi tempi che corrono – siamo certi che sarà superiore a quelle attuali, anche se per ventura di poco inferiore a quella sullo stipendio.

Insomma, alla fine da questa operazione troveranno modo di fare ‘cassa’ a spese dei lavoratori. Questo è praticamente certo, perché il meccanismo di tassazione attuale è inapplicabile ad una retribuzione continuativa e, dovendosene “Inventare” uno di sana pianta, siamo praticamente certi che troveranno il modo di fregare ancora i lavoratori.

Infine – cosa molto importante – va sottolineato con forza il Tfr è il vero articolo 18, l’unico vero deterrente ad un licenziamento ad nutum. Passato il primo colpo, per gli imprenditori non dover più dare il Tfr significa poter imporre l’abolizione di qualsiasi diritto e l’abbassamento del salario fino al livello di pura sussistenza o anche sotto.

L’abolizione di questo deterrente trasformerà i dipendenti in veri e propri schiavi. L’imprenditore potrà dire al dipendente “vammi a fare la spesa”, “lucidami la macchina” e il lavoratore non potrà far altro che farlo, altrimenti al licenziamento non avrà neanche il capitale per sopravvivere un mese. Alla lavoratrice cui il capo toccherà il sedere, toccherà stare zitta. E’ di questo che stiamo parlando.

A grandi passi verso la reintroduzione della schiavitù in pieno XXI secolo. L’abolizione del Tfr è sostanzialmente questo.

Foto tratta da tesoro.usb.it

Massimo Costa

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