Cinquantasette anni il prossimo 2 luglio, l’ex consigliere comunale e capogruppo di Forza Italia al Comune Giuseppe Trischitta è uno dei sette candidati a sindaco. Alla fine marzo ha rotto ogni indugio ufficializzando il suo addio al partito che ha rappresentato negli ultimi cinque anni in consiglio e annunciando la propria candidatura. Ha deciso di correre da solo dopo la decisione di Forza Italia di candidare Dino Bramanti. Lo avrebbe chiamato anche Gianfranco Miccichè per chiedergli di fare un passo indietro, che non ha accettato di fare. Due le liste che lo sostengono.
A Messina partono in cerca di fortuna ogni anno duemila giovani. Come fermare questa emorragia creando posti di lavoro?
«Il lavoro è tra le priorità del mio programma. Per questo creare occupazione è uno dei cardini, non solo come punto specifico ampiamente trattato, ma anche come principio presente in altri progetti. Provvedimenti del governo nazionale e finanziamenti previsti in svariate misure dei fondi dell’Unione Europea permettono di creare impresa. Intanto il Comune deve dotarsi di uno sportello per i giovani, che informi e offra assistenza per avviare delle attività. Con il Progetto start up chiavi in mano, il Comune potrebbe realizzare degli insediamenti produttivi completamente attrezzati, nel settore del commercio, dell’artigianato e dell’industria, concedendoli poi, con tassi agevolati, a cooperative o ad altre tipologie di lavoratori: un esempio è lo stabilimento di riciclo e riuso. In ambito turistico, far realizzare ai tour operator, da Mortelle ad Acqualadroni, villaggi turistici. La casa d’arte è, poi, il luogo dedicato agli artisti e a eventi, incentivando l’impresa culturale. Procedere, infine, all’integrazione della pianta organica comunale, con il reintegro delle 765 unità che stanno andando in pensione fino al 2020, oltre ai quattrocento vigili urbani e 270 all’Atm, di cui almeno duecento autisti».
Il Comune ha 500 milioni di euro di debiti. Lei da sindaco dichiarerebbe il dissesto?
«Il dissesto per una città delle dimensioni di Messina sarebbe una iattura: si bloccherebbero le assunzioni e si rimarrebbe fermi nello sviluppo per noi fondamentale. L’unica cosa da fare è, piuttosto, spalmare il debito a 20 anni, rispetto ai dieci attualmente previsti. Il consiglio comunale ha bocciato la delibera della giunta che prevedeva questa dilazione: io, invece avevo votato a favore, per il bene della città, a prescindere dagli ideologismi. E questa è la prima cosa che farò da sindaco: riproporre al consiglio comunale di portare il debito a 20 anni».
Il tram. Qualcuno, come De Luca, vorrebbe toglierlo di mezzo. Lei come la pensa?
«De Luca non ha alcuna idea di cosa significa amministrare una città come Messina, dove soltanto i dipendenti del Municipio sono pari al numero degli abitanti di Fiumedinisi! Tra le tante idee campate in aria, quella di eliminare un servizio fondamentale e necessario per la morfologia del nostro territorio. E proprio per questo la mia idea è piuttosto quella di estendere la linea tranviaria, collegando i due estremi, da Giampilieri a Mortelle. Inoltre, per rendere il traffico cittadino fluido, è utile abbattere qualsiasi barriera della linea, rendendo la sede stradale unica per tram e altri mezzi privati e pubblici: in tutte le città dotate di linea tranviaria è così, l’unico accorgimento è che il tram viaggi a bassa velocità».
Rada San Francesco. Sciacca propone di spostare subito le navi nel porto storico. Che ne pensa?
«Sì sono favorevole, a condizione che sia pronta la via del Mare. Anni or sono avevo persino proposto di creare un sottopasso lungo il viale Boccetta, nella sede del torrente, da convogliare opportunamente per far giungere i tir direttamente alla rada San Francesco. Proposta che venne bocciata. A quest’ora il problema dei tir in città si sarebbe risolto da tempo e invece se ne parla ancora, nonostante i nuovi attracchi di Tremestieri».
Quante volte quest’anno è stato al teatro. Quale spettacolo le è piaciuto di più? Quale soluzione per salvare il teatro?
«Amo il teatro e ci vado quando posso. Non conto le volte che ci vado, ma posso dirle che l’ultima volta in cui ci sono stato è stata la scorsa settimana: ho visto la commedia Da giovedì a giovedì messa in scena da una compagnia locale. Messina ha un gran fermento e tradizione nel teatro amatoriale e va sostenuto: è una delle cose che mi propongo, prevedendo cartelloni dedicati. Sulla risoluzione dei problemi del Vittorio Emanuele, dopo aver avuto ripetuti incontri con i vertici dell’Ear e rappresentanti dei dipendenti, abbiamo elaborato il piano Le quattro mosse per salvare il Teatro. Prima mossa: equiparare il contratto dei lavoratori al contratto dei dipendenti regionali, così come avvenuto già per i teatri di Palermo e Catania. Seconda mossa: la mobilità di alcuni dipendenti perché, considerato che la maggior parte di essi sono amministrativi, alcuni passerebbero a ricoprire altre mansioni tecniche e altri spostati in enti regionali diversi. In questo modo si integrerebbe la pianta organica con tutte le figure professionali che devono esserci in un teatro, quali orchestrali, elettricisti, scenografi, tecnici del suono, tecnici video, costumisti, sarti, truccatori, assistenti di regia ed altro. Terza mossa: la produzione interna, perché, avendo a disposizione un congruo numero di operatori tecnici ed artistici, finalmente il Teatro potrà iniziare a produrre spettacoli al suo interno, restando dentro l’attuale budget economico, senza il dispendio del passato con maestranze esterne. Quarta ed ultima mossa: l’accesso a nuovi fondi. Dopo lo stabilizzarsi della produzione interna e l’appianamento del debito pregresso, l’Ente può ottenere il riconoscimento dello status di Teatro Stabile e, di conseguenza, potrà avere la concessione dei fondi specifici».
Il primo provvedimento che firmerebbe da sindaco?
«La dilatazione del debito del Comune da dieci a venti anni, in modo da procedere tranquillamente ad amministrare e, parallelamente, attuare tutti gli opportuni accorgimenti, per rendere efficiente la macchina comunale. Mi si permetta, però, di segnalare un’altra priorità: creare il mercato solidale, per dare un argine alla povertà dilagante a Messina, concedendo una tessera alle famiglie svantaggiate per far la spesa in questi appositi supermercati, riforniti attraverso le donazioni delle eccedenze di privati e multinazionali».
Rifiuti, fogne e acqua. Qual è la soluzione?
«Sui rifiuti è opportuno far funzionare in modo efficace la nuova società Messina Servizi Bene Comune, attraverso un’operazione di management affidata ad esperti esterni, tramite apposito bando, per la formazione del personale e, contemporaneamente, il reperimento dei finanziamenti per l’acquisto di macchinari, mezzi e attrezzature opportune per affrontare il nodo della raccolta al 65 per cento da raggiungere in tempi brevi. Vi è poi un’altra idea da attuare a Messina, ma già presente in altre città: riciclare guadagnando. Con la dislocazione da nord a sud di macchine compattatrici per bottiglie di plastica e lattine, situate in aree apposite. Sulla gestione dell’erogazione dell’acqua, a Messina la fornitura non è garantita a ciclo continuo in tutte le zone, il che appare paradossale a fronte delle imponenti perdite d’acqua dei percorsi in tubazione. L’Amam necessita di un profondo piano di efficientamento organizzativo, al fine del risanamento dell’azienda e del rafforzamento dei servizi. Sarà necessario incrementare il personale da un lato e dall’altro rifare tutta la condotta idrica, ormai obsoleta ed a rischio rottura».
Quale ritiene sia la cosa migliore e la cosa peggiore dell’amministrazione uscente?
«La cosa migliore il voler dilazionare il debito ma, per la pessima considerazione presso i partiti e i consiglieri, non gli è stato permesso. La cosa peggiore è sotto gli occhi di tutti: una città che non si è risollevata minimamente in questi cinque anni. Accorinti parla delle opere partite, come l’ampliamento del porto di Tremestieri, ma è un progetto e un iter iniziato prima di lui e interamente finanziato dall’Autorità portuale. Altri progetti li sta pubblicizzando in questi giorni di campagna elettorale, come il Pon Metro: bisogna vedere se la pianificazione è stata pensata in modo da risollevare alcune situazioni, in modo completo e definitivo. Pare non sia così, ad esempio l’Agenda digitale, che non mi risulta programmata in modo da cambiare il volto della macchina comunale così come si dovrebbe. Sulle strutture sportive in pessimo stato, si sbandierano in questi giorni progetti e l’inaugurazione dell’Ex Gil che è stato immediatamente chiuso per la mancanza del custode».
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