Votano solo dieci degli oltre 120 componenti della direzione provinciale del Pd. In sette favorevole, in due contrario, uno si astiene: arriva così il disco verde per la ricandidatura a sindaco di Catania di Enzo Bianco. Ѐ l’unico momento in cui l’assemblea dem riesce a decidere su qualcosa. La tensione infatti intasa il dibattito anche solo quando c’è da mettersi d’accordo sull’ordine del giorno. «Prima confrontiamoci sulle Amministrative, poi parliamo del futuro di questo partito», chiede il segretario provinciale Enzo Napoli, autodefinitosi «casco blu Onu» di un contenitore in preda alla «libanizzazione». D’altronde, fra le varie correnti che stanno assieme senza mai essersi scelte, la voglia di dirsele tutte in faccia è latente da due o tre anni, il periodo trascorso dalla convocazione dall’ultima direzione catanese.
Nel frattempo, fra flop elettorali e ascesa dei renziani, è successo di tutto. Tanto da rendere accettabile per tutti, pur tra mille distinguo e giudizi che a microfoni spenti deflagrano in sdegno, la soluzione che Napoli presenta al termine di un discorso che parte da Trump e la crisi economica mondiale e finisce con la risposta all’interrogativo comune: cosa fare a Catania e nella ventina di altri Comuni etnei chiamati alle urne il prossimo 10 giugno? «Presenteremo più liste, per dare una connotazione più ampia al supporto del sindaco Bianco». E tanti saluti al simbolo Pd sulla scheda. Lo stesso sindaco aveva nondimeno dettato la linea quando su un vagone della metro aveva rotto gli indugi: «Modello Orlando e coalizione civica». E così sarà, come ratifica il voto di una direzione senza la direzione. A nessuno però importa di porre il problema regolamentare. Mancano, come detto, i componenti in carica, mentre la sala è un via vai di onorevoli, seconde linee, uomini di segreteria e qualche curioso.
Il rinnovo dell’appoggio al sindaco uscente, comunque, era già cosa fatta. C’è poi chi aggiunge: «Sul simbolo ha deciso Bianco e tutti si sono accodati». Tutto ciò servirà, come spiega lo stesso primo cittadino quando prende la parola, a intercettare il voto grillino o del centrodestra che già nel 2013 avrebbe scelto il candidato Bianco. «Si veniva da sconfitte e da percentuali del partito basse come oggi, eppure abbiamo vinto», ricorda l’ex ministro in cerca del quinto mandato. Che va via subito dopo il voto dei dieci. A quel punto la scena se la prende Valeria Sudano, neo senatrice ex centrista oggi renziana da trincea. Assente, invece, il suo compagno di cordata da 32mila preferenze Luca Sammartino. Negli stessi momenti della direzione, intorno alle 17.30, secondo quanto accertato da MeridioNews, il candidato sindaco civico ma in contatto con vari esponenti di partito Emiliano Abramo viene visto uscire dalla segreteria sammartiniana di via D’Annunzio. Si sarebbe trattato solo di un caffè nelle vicinanze, senza diretti contatti.
I maggiori indiziati per l’abbandono della nave Bianco erano proprio i due ex leader di Articolo 4. «Lo appoggiamo convintamente, se qualcuno ha avuto qualche titubanza – chiarisce Sudano – è stato per capire come il tessuto della città reagisse alla ricandidatura. Abbiamo perso tempo – ammette infine – per capire se tutto il nostro patrimonio di classe dirigente era pronto a venirci dietro». Qualche salto della quaglia all’indietro ci sarà, specie fra i consiglieri uscenti che negli ultimi cinque anni si sono avvicinati agli ex Articolo 4 provenendo da altre aree politiche. Ma il grosso, assicurano, resterà al fianco di Sammartino e Sudano e dovrà comporre il nucleo di almeno due liste pro Bianco. Un’altra lista dovrebbe farla la corrente dell’ex assessore regionale Anthony Barbagallo assieme al suo riferimento in aula Ersilia Saverino; un quarto contenitore verrebbe patrocinato dall’ala laburista Cgil di Concetta Raia e Angelo Villari. Infine la stessa segreteria provinciale dovrebbe lavorare alla lista dei Democratici fatta dal contributo delle varie anime più gli uscenti come Lanfranco Zappalà e Giovanni D’Avola. «La sommatoria dei voti di queste liste apparterrà al Pd – chiosa Sudano – e si eviterà di avere un partito al 6 per cento, un dato che visto da fuori non darebbe l’idea della nostra vera forza». Alle liste dem dovrebbero aggiungersi i contenitori del bianchismo Primavera per Catania e Con Bianco per Catania e quello cui lavora l’assessore ex comunista Orazio Licandro, i Progressisti.
La resa dei conti sul passato, presente e futuro viene rimandata al prossimo lunedì 16 aprile, giorno di nuova convocazione. Quando si dirà se anche a Catania il Pd lo si vuole «più alla Macron o più socialdemocratico». Napoli vorrebbe evitare di trasformare la direzione in un «inutile sfogatoio di un partito litigioso, attaccato a qualche posto di parlamentare», ma l’ex deputata regionale Raia lo richiama: «Non possiamo derubricare le opinioni politiche a questione di poltrone». Sul tavolo resta così un’altra ferita aperta: il «caos» sulle Amministrative nei Comuni della provincia. A Mascalucia, Belpasso, Gravina, Adrano, fino alle periferie di Piedimonte e San Cono risuona da mesi il «liberi tutti» delle correnti, in qualche caso persino persino alleate del centrodestra o contrapposte ai militanti dei circoli. Napoli propone di creare un ufficio politico con un componente per ogni area e affrontare l’impasse del tutti contro tutti. Anche di questo se ne riparlerà lunedì.
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