Comunali 2017, nessuno vuole il ballottaggio col M5s Il precedente di Torino inquieta Orlando e Ferrandelli

Vincere al primo turno, a qualunque costo. L’obiettivo di tutti i partiti tradizionali in vista delle amministrative per scegliere il nuovo primo cittadino del capoluogo è convincere il 40 per cento degli elettori più uno al primo turno e scongiurare il ballottaggio, dove la disfatta di Torino potrebbe ripetersi anche all’ombra degli agrumeti della Conca d’Oro. Ecco così la larga convergenza che si sta riunendo attorno al sindaco uscente Leoluca Orlando, che ha già fatto partire l’interlocuzione col Partito democratico nazionale, concretizzata in una serie di conversazioni con Lorenzo Guerini e Graziano Delrio

Orlando non vuole dialogare con la dirigenza provinciale del partito e – soprattutto – non vuole vedere il simbolo del Pd nella competizione elettorale. Un’ipotesi, quest’ultima, rispetto alla quale arriva uno stop – oltre che dalla base del partito – anche dagli alleati che insieme ai dem sostengono l’esperienza di governo di Crocetta a palazzo d’Orleans. Insomma, va bene tornare sui propri passi e riconsiderare l’esperienza amministrativa di Orlando, ma il simbolo deve starci. E a chiederlo nel vertice di ieri mattina in via Bentivegna sarebbe stato proprio chi alle amministrative andrà proprio senza un simbolo di riferimento. Tra il divorzio in casa Udc, da una parte, e la crisi d’identità di Ncd dall’altra, infatti, difficilmente gli alleati di Raciti andranno al voto con un simbolo partitico, piuttosto potrebbero presentarsi con un progetto comune, verosimilmente una lista Moderati per Palermo, o giù di lì. 

Un’operazione molto simile a quella di una parte di Sinistra Italiana e del progetto presentato lo scorso sabato a palazzo Cefalà, Sinistra Comune. In ogni caso, l’ipotesi più plausibile per la coalizione Pd-Area Popolare (Ncd ed ex Udc) resta quella di sostenere Orlando, a patto della presenza di una lista di partito che si aggiungerà alle altre a sostegno del primo inquilino di Villa Niscemi. Dall’altra parte della barricata, è ormai lotta senza padrini per assicurarsi la paternità del sostegno a Fabrizio Ferrandelli. Il leader dei coraggiosi, che nel pomeriggio di ieri ha risposto alle domande dei pm rispetto all’accusa di voto di scambio nelle scorse amministrative, più che solo per Palermo (come recita lo slogan sui cartelloni in giro per la città) è sempre più vicino ad affrontare la corsa verso palazzo delle Aquile coi forzisti di Gianfranco Micciché – da Vincenzo Figuccia fino a Giuseppe Milazzo – e i moderati di Saverio Romano e, soprattutto, Totò Cuffaro, che da mesi sponsorizza la candidatura di Ferrandelli, definendolo in molte occasioni come l’unica alternativa credibile a Orlando.

In mezzo, un Movimento Cinque Stelle indebolito al suo interno da un clima di caccia alle streghe e dai mal di pancia seguiti all’inchiesta sulle firme false. Ma per poco o nulla intaccato nel consenso all’esterno. Attorno a Ugo Forello, inoltre, potrebbe convergere l’elettorato più radicale sia di Orlando che di Ferrandelli. Da una parte i moderati di Pd e Area Popolare, dall’altra forzisti e cuffariani potrebbero far storcere il naso all’elettorato radical chic di entrambi i competitor. E se – ipotesi che al momento spaventa in molti, chiusi nelle stanze di partito a comporre i puzzle delle candidature – al ballottaggio arrivasse Forello, con Ferrandelli o Orlando a fare da ago della bilancia? Il rischio che per il fondatore di Addipizzo si profili lo stesso destino di Chiara Appendino fa tremare i big della politica siciliana. L’obiettivo è chiaro: lavorare perché il 40 per cento più uno dei palermitani metta la croce sullo stesso nome al primo turno.

Miriam Di Peri

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