La maggior parte delle volte, alle persone che seguo nel percorso di mental coaching,
consiglio di vivere la propria vita da protagonisti, osando e senza timore di incorrere in
eventuali errori. Questa volta però il suggerimento è nettamente opposto, perché
l’obiettivo in questo caso non consiste nel vivere nuove esperienze, ma nell’osservare e
analizzare la situazione che fa stare male attraverso una nuova prospettiva, andando oltre
ciò che le nostre emozioni, i nostri schemi mentali e le nostre percezioni istintive ci
mostrano.
Nel linguaggio cinematografico, quando si parla di inquadratura, si distingue tra
inquadratura oggettiva e inquadratura soggettiva. Nel primo caso si fa riferimento alla scena a cui lo spettatore assiste quando guarda un
film; nel secondo, invece, si intende ciò che l’attore vede quando vive la scena da
protagonista. Questo è proprio il passaggio che ci interessa effettuare per cambiare e ampliare il nostro
punto di vista.
Di solito abbiamo una visione soggettiva, ovvero ciò che vediamo davanti a noi è legato
direttamente alle nostre emozioni e alla lettura che queste stesse ci offrono. Se invece ci dissociassimo per qualche momento dalla scena vissuta in modo da
analizzare la situazione più criticamente, passeremmo a una visione oggettiva, come se
questa volta guardassimo la scena che prima ci vedeva protagonisti da spettatori. Questo esercizio di dissociazione è molto utile perché permette di analizzare la
situazione critica in modo obiettivo, senza lasciarsi condizionare dalle emozioni che si
provano. È come se vedessi su uno schermo il film di te stesso mentre vivi la situazione che ti
spaventa o che ti mette in difficoltà.
Facciamo un esempio:
Immaginiamo una persona che dice di avere il terrore dei cani. Durante la sessione di mental coaching, la persona in questione afferma con fermezza di
avere paura di tutti i tipi di cani. Però alle domande: «Ti fanno paura anche i cuccioli? E i cani addestrati per guidare le
persone non vedenti o i cani tenuti al guinzaglio che indossano la museruola?», la
persona risponde di no. Ecco che la riflessione porta a innescare dubbi rispetto allo schema di pensiero molto
rigido che la persona aveva in precedenza e, di conseguenza, si crea una nuova
possibilità di pensiero nello schema mentale che fino a quel momento non dava spazio ad
altre possibilità di lettura.
Facciamo un altro esempio:
Immaginiamo uno studente che si è preparato a lungo per sostenere un’interrogazione,
ma che al momento dell’esposizione non riesca a gestire le sue emozioni, danneggiando
così il voto finale. Prima di tutto è fondamentale capire perché questo accade, con domande specifiche. Ma
dopo, è possibile applicare questa tecnica facendo riflettere lo studente attraverso alcune
domande. «Immagina di non essere tu il ragazzo in questione, ma un tuo amico. Cosa
penseresti?», è l’interrogativo. «Penserei che in realtà lui conosce la risposta alla domanda e può spiegare
bene l’argomento. Potrebbe provare a respirare con calma e a concentrarsi solo su quello
che gli serve in quel momento senza pensare al giudizio degli altri o alla paura di non
sapere abbastanza». Questo vuol dire che quando si presenta una situazione che ci fa sentire con “le spalle al
muro” o che ci fa paura, spesso istintivamente si susseguono pensieri negativi che non
riusciamo a gestire proprio perché travolti dalle emozioni istintive. Affiancare questa tecnica a quella della visualizzazione è estremamente utile perché rende
il tutto ancora più efficace.
Quindi, il consiglio è quello di spostare l’attenzione come se si guardasse la scena con gli
occhi di uno spettatore, in modo da analizzare e osservare la situazione con più lucidità,
senza la percezione limitata dalle emozioni del momento. Se vuoi approfondire l’argomento o per qualsiasi altra domanda scrivi a:
susannamineomentalcoach@gmail.com.
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