«Dovresti offrirmi un lavoro: guarda quanto sono creativa!». Immaginate di leggere una frase del genere stampata su una maglietta; sul retro della t-shirt i dati e le esperienze lavorative della persona che l’indossa. Un’idea d’impatto, fortemente motivante. Attraverso un curriculum creativo si riesce forse ad attirare più attenzione che con lo scialbo ed overrated curriculum vitae tradizionale? Perché è questo che si dice dei curriculum in formato europeo cui eravamo abituati: «Sono terribilmente demodè!». Certo non deve essere divertente, per chi si occupa di selezioni, avere a che fare con pile di carta fatte di fogli tutti uguali. Visto che di lavoro ce n’è poco e per ottenerlo bisogna fare i salti mortali, e dato che «il lavoro è un diritto» così come «una volta qui era tutta campagna», bisogna adattarsi e mettersi in gioco con un pizzico di fantasia in più.
Esistono tanti tipi di curriculum creativi, diffusi e divenuti popolari in rete e messi a disposizione di tutti perché non esiste migliore pubblicità della libera condivisione su internet. La realizzazione di un cv creativo può seguire due diverse direzioni: si possono smaterializzare le informazioni, creando una video-presentazione interattiva come ha fatto Anthony Graeme, gettandosi a capofitto nel mondo delle infografiche, o ancora creando un e-book vitae come ha fatto Valentina Pappagallo. Altrimenti al contrario si può realizzare una presentazione ipermaterialistica, che fa molto pop-art, dando al proprio curriculum le sembianze di un brik per il latte (con tanto di scritta missing, chissà se riferita alla persona o al lavoro) come ha pensato di fare il designer portoghese Miguel Rato o ancora, rendere i propri sogni nel cassetto delle idee in una scatola seguendo l’idea geniale del fotografo keniota Omondi Abudho.
Insomma, il passo dal job seeking all’attention seeking è breve. Ma sarà anche utile? Difficile dirlo, dato che spesso questi lavori creativi vengono creati da chi unoccupazione la possiede già ed anche se cercare un impiego è di per sé un lavoro e riuscire ad ottenere un colloquio è impresa non facile, passare le selezioni, ottenere un posto e mantenerlo è tutt’altro discorso.
C’è poi da dire che il curriculum creativo può diventare anche parte del proprio portfolio se ha a che fare con la propria specializzazione: quindi il videomaker offrirà un saggio delle proprie skills registiche proprio attraverso un video-curriculum, il grafico attraverso un percorso professionale illustrato, e via discorrendo.
A voler guardare la metà piena del bicchiere, si può dire che questo succede quando la disoccupazione incontra l’arte. Può accadere ad esempio di imbattersi in una bella foto di Gaia Saviotti, declinata in tutte le salse, che ricorda un po’ i ritratti warholiani: un titolo semplice ed un soggetto ancora più semplice. Job seeker ritrae la giovane Gaia mentre regge un foglio con sopra scritto «I just want to work». Appena sotto limmagine, sotto la dicitura curriculum vitae, il link al profilo LinkedIn. Viene da chiedersi se anche questa volta la creatività sia stata premiata e abbiamo quindi rivolto alcune domande all’autrice dello scatto.
Gaia, il tuo desiderio è stato esaudito? Hai trovato lavoro? Il lavoro che desideri, o almeno qualcosa di momentaneo?
«No, ancora niente lavoro e i colloqui che mi sono procurata non sono dovuti alle mie foto».
Quella foto ti è stata d’aiuto in questo senso? Sei stata contatta da qualcuno, hai ricevuto solidarietà o semplici attestati di stima?
«Attestati di stima sì: una ragazza su Linkedin e i miei amici entusiasti dell’idea. Mi sono arrivate anche un paio di offerte di lavoro fake, false, su Twitter».
Come stai vivendo la tua esperienza in Spagna?
«Madrid, dove vivo tutt’ora, è un caso a parte rispetto alla Spagna in generale. Anche qui le cose sono messe male, ci sono un sacco di disoccupati e trovare lavoro è molto difficile, soprattutto perché per un posto si presentano in 400. Anche i lavori come cameriere e affini sono stati presi d’assalto, e se una volta era più facili arrangiarsi, adesso è un po’ più complicato».
Vista la situazione così difficile, torneresti in Italia?
Tornerei solo se obbligata da questioni economiche (e a breve, credo sarà così), perché il livello di vita che ho a Madrid, non lo troverei in nessuna città italiana. Parlo di spostamenti facili, tranquillità nel girare da sola di notte, facilità nell’incontrare persone provenienti da tutto il mondo, offerta culturale e via dicendo. Inoltre qui conservo la speranza di riuscire a trovare qualcosa, so che dandomi da fare, qualcosa uscirà, mentre quando vivevo in Italia mi sentivo in gabbia, priva di possibilità concrete, derubata del futuro. A Madrid ho ancora la sensazione di “poter fare”, di avere scenari aperti, che le cose possano cambiare, non so se mi spiego…».
Che differenze ci sono tra chi cerca lavoro in Italia e chi lo fa in Spagna?
«Per quanto riguarda la ricerca del lavoro, è più o meno come in Italia: si usano soprattutto conoscenze, porta a porta, agenzie interinali e annunci online. Mi sono iscritta anche al centro per l’impiego qui si chiama Oficina de Empleo , ma non mi hanno dato grande aiuto, ti registrano e basta e poi te la devi cavare da solo».
Forse, ad essere inadatti ai tempi che corrono, non sono solo i curriculum dei disoccupati, vien da pensare. Su youtube si trovano tantissimi video-cv, anche italiani. Uno di questi viene presentato con una semplice, ma significativa didascalia: «Che s’ha da fa’ ppe campa’», che riassume un po’ il senso di questa ricerca ossessiva della tecnica vincente, perché il passo tra cercare un’occupazione e vendersi/svendersi è davvero breve, mentre la distanza tra la ricerca di un lavoro ed il lavoro effettivo è enorme: basterà un curriculum creativo per colmarla?
[Foto di Gaiux]
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