Cintura e casco

La risposta parrebbe semplice. Perché possono salvarci la vita. Ed allora perché solo una piccola percentuale di automobilisti mette la cintura e molti conducenti di ciclomotori non indossano il casco o lo indossano in maniera non corretta? E’ qui inutile andare a cercare le motivazioni
profonde che animano questi comportamenti, che potremmo definire di insofferenza, ma anche di incoscienza; ma forse non è nemmeno corretto parlare di incoscienza, poiché oggi l’informazione corre veloce attraverso i molteplici mezzi che la tecnologia ha messo a disposizione e quindi ognuno di noi sa quello che succede a non mettere la cintura o a non indossare il casco.

Al di là delle sanzioni amministrative che derivano dall’inosservanza degli obblighi posti dagli articoli 172 e 171 del Codice della Strada, che appaiono poco cosa rispetto al bene tutelato, costituito dalla vita umana, ognuno dovrebbe rispettare queste norme usando quell’intelligenza che ci distingue dagli altri esseri viventi nei quale
prevale l’irrazionalità e l’istinto.

Quindi questa mia breve digressione serve ad introdurre alcune considerazioni di ordine tecnico che, forse, potranno servire ad inquadrare meglio il problema o, se serviranno a muovere la coscienza anche di pochi, avranno sicuramente raggiunto il loro scopo. Riguardo ai sistemi di ritenuta installati sui veicoli possiamo anche condividere l’opinione di alcuni che sostengono che per un urto ad elevate velocità sono praticamente inutili, poiché il corpo umano non sostiene una decelerazione oltre certi limiti, ma questo ragionamento non tiene conto che al momento dell’impatto nel 95% dei casi, la velocità è stata già notevolmente ridotta sia dall’effetto frenante del motore, sia dall’attrito dell’aria e soprattutto dalla frenata del conducente; inoltre, la maggior
parte degli incidenti avviene nella rete varia urbana, dove le velocità non sono estremamente elevate. Altresì, un urto frontale ad una velocità di 50 km/h sottopone il corpo umano ad una decelerazione pari a una massa di 2200 kg proiettata contro gli elementi rigidi dell’interno della vettura, è come cadere dal terzo piano di una abitazione e, con l’aumentare della velocità, il danno aumenta in maniera esponenziale, per cui se la velocità raddoppia, i danni quadruplicano.

Questi sono esempi approssimativi ed empirici, ma rendono abbastanza fedelmente il quadro della situazione. Se si pensa che in Italia, ogni anno vi sono circa 200.000 incidenti, con 238.000 feriti (uno ogni due minuti ) e 7.000 morti (uno ogni settantacinque minuti), ci rendiamo conto come un semplice gesto che non costa fatica possa fare molto.

Sempre riallacciandosi alle stime sull’incidentalità nel nostro Paese, le considerazioni da fare sul casco sono analoghe, ma con qualche ulteriore precisazione. Il problema è sicuramente più pesante, sia per la portata dei danni, sia per la fascia di età delle persone coinvolte in sinistri con veicoli a due ruote. Il conducente di un veicolo a due ruote ha otto probabilità su una rispetto ad un automobilista di avere un incidente mortale ed il 30% dei ricoveri per infortunio (in generale) riguarda conducenti e/o passeggeri di ciclomotori (la percentuale sale sino al 40% nel periodo estivo).

L’uso del casco obbligatorio sul ciclomotore fu introdotto in Italia per la prima volta nel 1986 con la storica legge n. 3, poi è stato esteso di recente anche agli utenti dei motocicli. Per valutare l’effetto positivo di questo obbligo, è necessario riferirsi alle statistiche risalenti all’epoca della citata legge n. 3/86: nel raffronto tra il secondo semestre del 1985 (prima della legge) e quello del 1986 (dopo la legge) si è valutato un decremento del 19,3 degli incidenti (questo perché i dati sono attinti dagli interventi delle forze di polizia e sono quindi relativi a sinistri di una certa gravità, segno che gli effetti dell’uso del casco hanno fatto diminuire gli incidenti gravi). I decessi sono calati del 23,4% ed i feriti del 23,6%. Nel 1987 questi dati si sono attestati sul 24,8% per i decessi e del 22,1% per i feriti, mentre gli incidenti registrati sono diminuiti del 16,9%.

Questo ha significato una diminuzione degli incidenti di una certa gravità pari a: 11.000-12.000 eventi, un calo di circa 400 decessi e di 15.000 feriti, di cui 1.000 invalidi permanenti. Un’altra raccomandazione da fare a chi indossa il casco è quella di allacciarlo correttamente, dato che un errato utilizzo, oltre che ad essere sanzionato specificamente dell’articolo 171, porta a fratture della mascella dolorosissime e anche alla rottura delle vertebre cervicali. Inoltre è provato che l’uso del casco oltre a preservare dai traumi, svolge una funzione assorbente nei confronti delle spinte di accelerazione e decelerazione che, trasmettendosi direttamente alla massa cerebrale, possono portare allo sviluppo di neuropatie. Oggi si trovano in commercio caschi omologati di buona fattura e di costi relativamente bassi ed indossarli correttamente è un segno di intelligenza, quindi perché dimostrare il contrario.

Gaetano Bonaventura

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