«Con una notizia del genere, così bella e soprattutto inaspettata, sarà davvero un buon Natale». Giovanni Impastato non ce la fa a trattenere l’entusiasmo. E non ha tutti i torti, a giudicare dalla comunicazione ufficiale arrivata nei giorni scorsi dalla Regione. Che invita i famigliari di Peppino Impastato e i volontari di Casa Memoria a presentarsi venerdì 13 dicembre all’Ars per firmare ufficialmente il protocollo d’intesa tra Regione e Città metropolitana, sulla scia dell’accordo firmato a settembre per recuperare il casolare dove il militante fu ucciso la notte del 9 maggio ’78. «Sicuramente è un fatto importante, ma soprattutto fa piacere perché è stato tutto molto tempestivo, non abbiamo dovuto aspettare mesi interi – osserva Giovanni -. Questo, credo, sia già un segnale forte di voler risolvere finalmente il problema». Compiendo il passo decisivo, quello dell’esproprio. Soluzione alla quale, in questi anni, il proprietario Giuseppe Venuti si è sempre opposto. Chiedendo, di contro, ai passati governi regionali che hanno tentato di trovare un compromesso sostenibile, cifre esorbitanti per convincersi a cedere quella proprietà, dichiarata bene di interesse culturale.
Invece, l’accordo alla fine è arrivato. Ma anche questo è stato, in un certo senso, un risultato tribolato. Perché inizialmente, quasi in contemporanea, c’è stato da un lato il finanziamento di 106mila euro deciso dalla giunta regionale, che comporterà l’esproprio del casolare, dall’altro quello di 490mila di risorse europee sul quale si fonda il progetto del Comune di Cinisi insieme alla Città metropolitana, accorpati in seguito. Scongiurando, così, che i finanziamenti andassero persi. «Non credo che il proprietario possa opporsi – torna a dire Giovanni -. Subito dopo l’esproprio e l’incontro di venerdì inizieremo subito a lavorare. Organizzeremo immediatamente degli incontri per capire un po’ quello che dobbiamo realizzare, speriamo di potercela fare entro il 9 maggio. Non ci speravamo, visto tutti gli anni fatti passare per districare la vicenda, sono stati davvero veloci». Magari qualcuno, dopo 42 anni, s’è finalmente passato la mano sulla coscienza. Significa che potrebbero esserci dei margini per celebrare un 9 maggio finalmente diverso, per la prima volta da quando Peppino è stato ucciso.
«In questo modo potremo già fare il punto, discutere dei progetti in ballo e iniziare anche a utilizzare i finanziamenti concessi, sono tanti soldi e di sicuro si devono spendere. Dobbiamo stabilire come farlo. Comunque è davvero un buon Natale, quello di quest’anno, con una notizia del genere – ribadisce Giovanni -. Al netto di tutte le notizie che arrivano anche a livello nazionale, che non sono esattamente rassicuranti, il clima è quello che è, non solo a Palermo ma anche fuori dalla Sicilia si rincorrono le notizie di altri atti vandalici ricollegabili sempre alla figura di Peppino, sono state distrutte molte lapidi commemorative, hanno anche bruciato immagini e monumenti, un clima favorito da tutto quello che è successo», osserva con un filo di preoccupazione. Mentre procedono le indagini per l’incendio appiccato un mese fa all’interno della sua pizzeria, ritenuto di origine dolosa dagli inquirenti, che stanno al momento investigando. «Purtroppo non ci sono ancora grandi aggiornamenti. Le indagini sono in corso e non ho saputo più niente. Speravamo di poter aprire entro le feste, ma se ne parlerà invece l’anno prossimo – spiega Giovanni -. Più in là, se continueremo a non avere informazioni, potremo fare un esposto per chiedere un’accelerazione. Intanto, però, ci godiamo la bella notizia del casolare».
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