Centrosinistra, prove di unità dopo il disastro Amministrative Dal Pd a Sinistra Italiana, primi tentativi di un fronte comune

Poteva piovere. Sembra la proverbiale pioggia, l’unico modo in cui poteva andare peggio alla sinistra in questa tornata elettorale siciliana. Le previsioni disegnavano scenari ancora più apocalittici, ma non può certo bastare la dozzina di sindaci portati a casa in piccoli Comuni per guardare al bicchiere mezzo pieno. Il Pd perde Catania e Siracusa, viene dimezzato a Messina dove è fuori dal ballottaggio, così come a Ragusa. Ma toccato il fondo, qualcosa nel centrosinistra si muove e punta, gradualmente e tra mille difficoltà, a ricomporre ferite profonde per ritrovare l’unità perduta. 

Partiamo dai numeri delle Amministrative: sono sindaci eletti del Pd Giuseppe Oddo a Campofiorito, Franco Ribaudo a Marineo, Leonardo Spera a Contessa Entellina, Michela Taravella a Campofelice, Vito Sinatra a Castronovo di Sicilia, Luciano Marino a Lercara Friddi, Pietro Puccio a Capaci, Giuseppe Incatasciato a Rosolini, Ignazio Puglisi a Piedimonte, Salvatore Greco a Santa Venerina, Santo Caruso ad Aci Sant’Antonio, Fabio Venezia a Troina, Renzo Bufalino a Montedoro. 

Ma c’è ben poco da gioire. A cominciare dal fatto che gli ultimi due, Venezia e Bufalino, restano amministratori di sinistra, ma sono andati via da casa dem. E pure sbattendo la porta nell’uscire. Il primo perché tagliato fuori dalle liste elettorali nella partita delle Regionali, tra non poche polemiche per via della lottizzazione renziana dei candidati. Il secondo perché, nella stessa fase di tensione politica nel Partito Democratico, ha capitanato la rivolta dei circoli di Caltanissetta, in opposizione alla decisione di candidare alle Politiche Daniela Cardinale, ritenuta poco rappresentativa del territorio.

E poi le grandi città. Che voltano le spalle alla sinistra litigiosa, incapace di presentare agli elettori un candidato unitario. Catania torna ad essere governata dalla destra guidata da Salvo Pogliese, a Messina nessuno dei due candidati di sinistra, Accorinti e Saitta, approda al ballottaggio, così come Ragusa vedrà sfidarsi nella seconda tornata un candidato di centrodestra e uno pentastellato. Certo, a Trapani stravince Tranchida, ma lì in realtà si è trattato di una corsa sostenuta trasversalmente da tutte le forze politiche moderate. Non è un caso che le liste a sostegno di Tranchida fossero tutte civiche e non apparisse un solo simbolo di partito. E poi c’è Siracusa, dove tra meno di due settimane l’ex assessore regionale Ezechia Paolo Reale sfiderà Francesco Italia, che potrebbe contare sul sostegno degli altri pezzi di sinistra avuti contro fino a qualche giorno fa.

Il dialogo imposto a Siracusa dall’imminenza del ballottaggio, sembra però trovare echi regionali. Perché la vera novità è che la sinistra, dal Pd a Sinistra Italiana, fino a Mdp, sembra stare ricominciando a parlare, dopo anni di lotte intestine che hanno rischiato di farla sparire dal panorama politico. A intervenire, a urne chiuse e risultati chiari, è stato Antonello Cracolici, che in un lungo mea culpa ha ammesso: «In Sicilia siamo oltre il baratro. Molti nostri amministratori vincono per un prestigio personale, ma è crollato il principio di rappresentanza di una comunità politica. Ricostruire sarà faticoso, ma anche con questi risultati abbiamo il dovere di provarci. Ma dobbiamo avere ben chiaro un concetto – avvisa – o si cambia, o si muore. È necessario guardare avanti, parlare a nuove fasce di elettori che hanno nuove speranze e nuovi timori: non possiamo ricercare nel passato le ragioni per dare un futuro ai nostri valori. Servirà molto coraggio per ridare senso all’impegno ed alla passione civile».

Ed ecco che all’indomani dell’ennesima debacle, a chiamare a raccolta diversi percorsi della sinistra nell’Isola è il leader dei Partigiani Dem (gruppo nato alla vigilia delle Politiche in aperta contestazione sulle scelte dei candidati e della gestione del partito), Antonio Rubino, tra gli organizzatori di un’iniziativa che si terrà a Palermo il prossimo 14 giugno, dal titolo Governare da Sinistra. «Con gli amici ed i compagni che all’interno del Partito Democratico si richiamano ai nostri stessi valori – dicono in una nota congiunta Rubino, Ninni Terminelli e Attilio Licciardi – abbiamo deciso di compiere un atto rivoluzionario: unire. Basta divisioni! È tempo di unire e ricostruire». La platea è ampia e va dal capogruppo renziano al comune di Palermo, Dario Chinnici, al leader di Sinistra Comune, Giusto Catania, da Maria Flavia Timbro (Mdp – Art.1) a Carlo Vizzini (presidente Nazionale socialisti), dal braccio destro di Leoluca Orlando (che sarà assente per via dell’anteprima di Manifesta), Fabio Giambrone al deputato dei Centopassi, Claudio Fava, fino al segretario regionale dem Fausto Raciti.

«Laddove la sinistra va divisa – ammettono in molti nelle retrovie – si perde inesorabilmente. La sola somma dei voti dei singoli candidati ci avrebbe portati ai ballottaggi, senza contare l’effetto trascinamento di un progetto unitario». E ancora, c’è chi nelle stanze di partito continua a studiare i numeri delle Amministrative, a confrontare i dati con le precedenti tornata: rispetto a cinque anni fa il Pd a Siracusa è passato dal 13 al 5 per cento; a Messina dal 12 al 6; a Ragusa dal 111,94 al 7,99 per cento. Ma un altro dato invita a riflettere: quell di chi ha votato Movimento 5 stelle alle Politiche e alle Regionali ma non alle Amministrative. «Quei voti sono finiti a destra soltanto in parte, molti elettori sostanzialmente di sinistra, che si sentono delusi dai Cinquestelle, se provano a guardare oltre il recinto giallo, non trovano nulla. Così finiscono per scegliere l’astensione».

Insomma, per dirla con le parole di chi quei numeri li sta ancora analizzando: «Davanti a queste macerie ci sono solo sterminate praterie. Ma qualunque sia l’idea della sinistra, deve avere chiaro che in tanti, tra l’elettorato moderato, sono in cerca di un’offerta politica seria e credibile, che possa dare nuovamente voce a quella fetta consistente di elettori che mai sposerebbero le idee di Salvini e che non trova credibile la proposta grillina».

Prove tecniche di alleanze, insomma, in vista dell’appuntamento del 2022, quando i palermitani torneranno alle urne e certamente non troveranno il nome di Leoluca Orlando sulla scheda elettorale. Traguardo che sembra lontanissimo ma che il centrosinistra deve cominciare a mettere nel mirino da subito, per trasformare il capoluogo ancora una volta laboratorio politico per la classe dirigente regionale, che guarda anche al dopo-Musumeci, nel 2023. Ammesso che riesca a guardare in faccia gli errori del passato. E a non sovrapporne di nuovi.

Miriam Di Peri

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