«Essere monoteisti significa avere rispetto per il prossimo», è stata questa una delle affermazioni chiave del dibattito svoltosi presso il Palazzo Biscari in occasione di Hanukkah, la “Celebrazione della festa delle luci”, organizzata dall’associazione culturale ebraica B’nai Isaac, in collaborazione con l’assessorato regionale ai beni culturali e alla pubblica istruzione, e con il Comune di Catania, alla presenza del rav (maestro in ebraico, ndr) Della Rocca, dell’avvocato Benito Triolo e del rav Di Mauro.
«Rispettare il prossimo significa rispettare Dio stesso perché in ogni individuo vi è l’immagine del nostro creatore», ha affermato il rav Della Rocca, rabbino capo della Comunità Ebraica di Venezia, ricordando le origini della festa di Hanukkah: «La prima cosa che hanno fatto i fratelli Maccabei nel tempio sconsacrato dagli ellenisti, fu quella di accendere un candelabro. L’olio a disposizione era pochissimo, però inaspettatamente bastò per otto giorni, ed è questo il motivo per il quale noi ebrei accendiamo il candelabro per otto giorni in questo periodo». L’importanza e l’esigenza di consacrare il tempio, per togliere gli idoli che risiedono dentro di noi: è questo il significato di un’azione simile, anche se «bisogna trovare il coraggio per fare tutto ciò, per accendere la propria fiammella». Della Rocca ha concluso il suo intervento con un racconto: «In una scuola c’erano molti studenti, tutti molto intelligenti. C’era, però, un ragazzo diverso dagli altri: era un povero acquaiolo che si sentiva inferiore ai compagni. Decise di confessare questo suo sentimento negativo al maestro il quale gli rispose: “quando sarai al tempio celeste nessuno ti dirà perché non sei stato come gli altri, ma ti chiederà perché non sei stato te stesso”». Dialogare con gli altri e con noi stessi e considerare il nostro come un cammino individuale rappresentano gli aspetti fondamentali per passare da uno stato di consapevolezza a uno stato di illuminazione.
«Bastano poche persone per cambiare il mondo, e il nostro modo di vedere le cose», ha sostenuto rav Di Mauro, cercando di analizzare i motivi che hanno portato alla cacciata degli ebrei dalla Sicilia, in riferimento all’editto del 18 giugno 1492, emanato da Ferdinando il Cattolico, nel quale si imponeva un esilio dei semiti senza condizioni. Una decisione che pesò gravemente sull’economia del regno spagnolo: pur essendo piccoli e grandi banchieri, gli ebrei erano una minoranza e dovevano sottomettersi, nonostante in talune città della Sicilia la loro presenza variasse dal 5% al 50% della popolazione. Finanziarono Ferdinando il Cattolico nella guerra contro i musulmani, ma aiutarono anche questi ultimi perché riconoscevano loro una tolleranza maggiore rispetto al governatore iberico.
Questo modo di agire legato alle esigenze economiche, aggiunto all’ingiusta condanna per la morte di Gesù Cristo, alimentò i pregiudizi che servirono a giustificare le persecuzioni subite da un popolo intero, persecuzioni ancora vive nell’immaginario collettivo.
Con indosso le kippah, il copricapo che gli ebrei utilizzano come segno di rispetto verso Dio, a fine conferenza i presenti si sono spostati in piazza Università, dove un grande Hanukkiah, il candelabro a otto bracci, era stato precedentemente approntato. La prima candela è stata accesa. Il piccolo gruppo si è avvicinato ai Rabbini, che intonavano una preghiera. Hanukkah, la festa delle luci, è tornata di nuovo in Sicilia.
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