Era ora che il silenzio venisse rotto. È quello che ogni catanese innamorato del proprio territorio e dell’arte che esso custodisce si aspettava da tempo. Finalmente presso la Fondazione Puglisi lo scorso venerdì 26 giugno si è parlato del patrimonio museale e artistico catanese e del modo migliore per gestirlo e metterlo in mostra. Alla conferenza erano presenti le autorità competenti (il Sovrintendente di Catania e gli Assessori alle Politiche Culturali e alla Cultura), oltre agli addetti ai lavori (Ingegnere Direzione Cultura su Castello Ursino, i Responsabili Museo Diocesano, Fondazione Brodbeck, Museum & Fashion), nonché personalità dell’ambito universitario da sempre integrato nella cultura locale (il Preside della Facoltà di Lettere, il Responsabile dei Musei universitari e il Direttore dell’Accademia delle Belle Arti).
L’attuale situazione di musei e fondazioni catanesi, i difficili rapporti tra pubblico e privato, l’immagine culturale della città sono stati i temi al centro della tavola rotonda. Interrogativo scottante: “Il privato si fa strada (ne è un esempio proprio la Fondazione che ha ospitato il dibattito) ma può contare su un risveglio ed un interesse collettivo?”. Così politici e tecnici sono stati chiamati a relazionare sulle loro esperienze e progettualità, in vista di un confronto serio e diretto.
Tra tutte le note dolenti, ne risuona una positiva. Si tratta dei primi risultati relativi proprio alla Fondazione Puglisi Cosentino che la scorsa settimana ha chiuso la sua prima esposizione con un buon bilancio, come ci riferisce Mercedes Auteri, tra gli organizzatori della conferenza nonché Responsabile per la Sezione Didattica della Fondazione. “Con oltre 20.000 ingressi in 4 mesi, Puglisi ha vinto la scommessa di presentare a Catania una così importante mostra d’arte contemporanea (COSTANTI del classico nel XX e XXI secolo, ndr) e ha investito sulla qualità: il restauro di un Palazzo storico del Vaccarini, l’adeguamento a norma di tutti gli spazi espositivi, uncomitato scientifico e dei curatori di grande prestigio, la lungimiranza di impiegare personale della città affidando ruoli di responsabilità a giovani specializzati nel settore come lo sono tutti i dipendenti dello staff ”.
Auteri tiene a sottolineare che la conferenza non scaturiva da un bisogno autocelebrativo, ma certamente i risultati di Palazzo Valle servono da modello per riaccendere qualche fiammella di speranza nella collettività. Dunque, piuttosto si è trattato di un pretesto a partire dal quale approfondire il discorso della necessità di creare nuove sinergie con le altre istituzioni e soprattutto per rompere il silenzio che incombe da fin troppo tempo ormai su situazioni spiacevoli, come quella del Museo Civico di Castello Ursino.
Del presente e della sua passata gestione, per cui è in corso un’inchiesta, ha cercato brevemente di tracciare un excursus lo storico dell’arte Alvise Spadaro. “Il Novecento per i musei di Catania è stato caratterizzato da un lato da personaggi che con donazioni spesso cospicue ne hanno arricchito il patrimonio, dall’altro da istituzioni e interlocutori che ne hanno invece determinato un tragico impoverimento”. L’architetto Spadaro ha rivolto l’attenzione anche sulle mancate opportunità, perse a causa della cattiva gestione e del malgoverno di un patrimonio deprivato della sua valenza non solo culturale e morale per l’intera città, ma anche economica, che avrebbe dovuto produrre attività collaterali, quindi turistiche, alberghiere ed artigianali.
Attorno al caso Ursino, di certo attuale e allarmante, si apre comunque tutto uno scenario triste che non ammette altre interpretazioni. Mercedes Auteri, infatti, collaborando con la professoressa Alessandra Mottola Molfino alla pubblicazione di una guida dei musei siciliani (ediz. Kalòs), ha avuto modo di constatare anche scientificamente la situazione reale dei musei di Catania. Ed ecco il quadro pessimista che ne viene fuori: un numero elevato di realtà sulla carta, ma meno della metà sono aperte al pubblico costantemente e pochissime rispondono agli standard di qualità minimi affinché un “museo” possa essere considerato tale; inoltre, mancano regolari orari di apertura, ma anche statuti o regolamenti precisi, i direttori, personale competente, chiare missioni educative, programmi di attività culturali, di documentazione, conservazione e valorizzazione delle collezioni.
Conclude la Auteri: “A Catania né i politici, né i “tecnici” sembrano avere queste cognizioni. E Castello Ursino è lo specchio di questo malgoverno, gli ammanchi e il deterioramento a cui soccombono le collezioni civiche sono uno scandalo su cui non si può rimanere in silenzio. Il silenzio annulla le coscienze, non permette la diffusione dei fatti, esclude la comprensione della reale situazione culturale catanese”.
Non resta che continuare a parlarne.
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