Le grandi città d’Italia hanno internet gratis in biblioteca, a Catania, dal 2012, è a pagamento: perchè? Si esentino i poveri e disoccupati
Allorquando un servizio di pubblica utilità nasce con intenti positivi ed allargati indistintamente a tutti i cittadini, non si può che gioirne: così è nata la comune concezione, seppur distorta e mònca, della democrazia (che è, diceva il buon Churchill, “il meno peggio dei modi di governo”). Però accade che certi servizi degenerano o vengano limitati, ed è il caso di protestare come cittadini in quanto tali: se si è poi operatori dell’informazione (liberi, senza “u principali”), si ha l’obbligo deontologico di denunziare il grave vulnus.
Ciò accade nel comune di Catania, città quasi trimillenaria, fondata prima di Roma, e governata -dopo lunghi anni di centrodestra- nuovamente da colui che fu il “Sindaco della primavera”, oggi essenzialmente appannata, ovvero Enzo Bianco. Il caso riguarda il servizio internet della gloriosa Biblioteca comunale pubblica intitolata al Cigno etneo, e mondiale, Vincenzo Bellini (la cui sede centrale è all’inizio della cosiddetta “salita” di Sangiuliano, in pieno centro storico).
La precedente amministrazione comunale di Raffaele Stancanelli (che altro non fu che il gestore ‘commissariale’ degli anni di “visionarietà”, per usare un termine elegante, del fu Umberto Scapagnini -Sant’Agata sa perchè egli non è più in vita, e lo sanno anche molti catanesi, ma transeat-), ebbe la positiva idea, circa cinque anni fa, di inaugurare in biblioteca un servizio multimediale di postazioni internet, aperto a tutti e gratuito. Così allineandosi alle grandi città italiane che già nelle biblioteche comunali e statali lo possedevano (nei primi anni novanta, era anche allora Bianco Sindaco ma da noi ciò si immaginava, rammentiamo il collegamento internet alla Nazionale Centrale di Firenze, pubblico e gratis: quasi fantascienza, tra il 1993 e 1994…).
Da ultra trentennali frequentatori di quel tempio laico che è ogni biblioteca, quindi anche la “Bellini” di Catania (nata biblioteca popolare, già durante il fascismo: nel dopoguerra ebbe anche sede nel distrutto da un incendio -doloso?- chiosco cinese della Villa comunale, fondi stanziati e mai più riocostruito…nella nostra storia giornalistica innumerevoli sono gli articoli dedicati a quella istituzione), apprezzammo l’iniziativa e ci tesserammo pure: un’ora al giorno e gratis, era qualcosa, nel 2010. Appena si sparse la voce, si formava la fila degli utenti per consultare la rete, considerando che tutti i punti internet privati di accesso erano, e sono, a pagamento. Non aveva ancora avuto larghissima diffusione lo smarthpone…
Mancando da oltre un anno dalla “Bellini”, apprendiamo recentemente da persona cara una notizia inquietante: “sai, il servizio internet ora si paga, in biblioteca…” “Si paga? Ma non era gratis? “Sì, costa un euro l’ora…”. Ci ripromettiamo di indagare, ed è presto fatto. Si da per scontato, ma qui necesse est, ribadire -come si potrà notare da una semplice verifica in rete- che tutte le grandi città italiane, nelle loro biblioteche pubbliche -qui citiamo Milano, Firenze, Roma per dare l’idea- forniscono attualmente l’uso gratuito del servizio internet, attraverso varie postazioni, ai cittadini residenti.
A Catania no, si è regrediti. Mercè la cortesia dell’impiegato responsabile (la buona creanza è sempre stata appannaggio del personale della biblioteca comunale Bellini, lo possiamo testimoniare sin da quando iniziammo a frequentarla, studenti delle medie: erano i tempi del dott.Nicolosi direttore e del signor Sapuppo bibliotecario e di Benito Fangani, barone e presidente dell’Accademia della Rosa Azzurra, che tutto sapevano dei libri, e pure dei temi di essi… anni eroici), constatiamo che l’ex Sindaco Stancanelli ha applicato il verso evangelico: “il Signore ha dato, il Signore ha tolto, benedetto il nome del Signore” (che Dio ci perdoni…). Ovvero, dalla Carta dei Servizi della Biblioteca e decentrate, “allegata alla delibera n.471 del 5.10.2012” si apprende che è istituita da quella data la tessera Mediacard, con cadenza annuale ed al seguente costo: euro 18 ordinaria, euro 12 studenti, euro 5 over 65, per l’utilizzo dei servizi internet.
Non solo, si è voluto persino lucrare sulle addenda: chi volesse effettuare masterizzazione dati sui pc della biblioteca o usare la propria pendrive, deve pagare da 1 euro a 50 centesimi. Va da se che la consultazione per un’ora, è al costo di un euro. Rimaniamo basiti ma, per farla tutta, paghiamo l’euro (pensando che con quella monetina, un tempo non lontano quasi duemila lire, potevamo la stessa mattina comperare “a fera o luni” un chilo di banane o mezzo chilo di cozze nere “di Missìna”… ma pazienza) e ci mettiamo a navigare dal pc comunale, non prima di aver accusato tanto di ricevuta, firmata dal solerte impiegato (ci informa costui che tali fondi sono destinati alla manutenzione delle apparecchiature della biblioteca).
Rispetto a qualche anno fa i pc sono rinnovati, e pure il collegamento è più efficiente, questo è palese. Ma continuiamo a rimarcare l’incongruenza: passim per il servizio a pagamento, mentre nelle suddette citta d’Italia non esiste ed è gratis, ma in quale categoria inserire i disoccupati, gli inoccupati con meno di 65 anni e coloro che hanno reddito ISEE meno di 5 mila euro, i poveri insomma, i quali più dei salariati hanno diritto alla libera informazione?
Da qui l’invito all’attento e conscio delle sue responsabilità Enzo Bianco, affinchè voglia sanare la grave ingiustizia sociale ereditata dalla passata amministrazione: si crei ad hoc una tessera gratuita per i disoccupati e coloro che hanno reddito ISEE inferiore a 5 mila euro (ciò deve essere naturalmente documentato con autocertificazione posta al vaglio delle autorità), perchè nè costoro possono rientrare nella categoria ordinaria, ne in quella studentesca. Infatti in tempi di crisi terrifica, nessun padre di famiglia può spendere pure 18 euro l’anno per un’ora al giorno di connessione internet, che nacque gratuita e deve rimanerlo, se non per tutti, per quelle categorie che non hanno i mezzi economici per poter affrontare tale spesa, di cui il Comune deve farsi carico.
Già accade che la Regione, attraverso le ASL, certifica l’esenzione totale per quasi tutti i medicinali, a coloro che risultano disoccupati: perchè non adeguarsi e esentare questa categoria dalla consultazione a pagamento di internet, a parte il fatto che ciò potrebbe servire per eventuali possibilità lavorative? E si aggiunga che le esenzioni per i disoccupati del comune di Catania, a nostro avviso, sempre documentabili, dovevano essere estese a tutti gli spettacoli della cosiddetta “estate catanese” (molti sono a pagamento) come l’ingresso ai monumenti e musei di pertinenza comunale.
E meno male che l’assessore “ai Saperi e Bellezza” è un noto esponente di un partito di estrema sinistra, ormai fuori dal Parlamento…bella solidarietà con gli ultimi.
“Fin quando avremo un panettello, lo divideremo col povero, e non bastandoci denaro, una buona parola da noi verrà sempre”, fu la divisa della vita terrena (incisa sulla pietra del monumento che lo rappresenta nella piazza San Francesco, davanti la chiesa dell’Immacolata) del Beato Cardinale Giuseppe Benedetto Dusmet, panormita, benedettino, arcivescovo di Catania in sul finire del XIX secolo: rimpiangiamo una tempra siffatta, e lo invochiamo (la sua salma ornata de’ paramenti è esposta in Duomo, vicino Sant’Agata e Bellini) perchè illumini le menti di coloro che la sorte ha indicato reggano i pubblici uffici. Voglia quel sant’uomo che (con l’altro “santo” laico, Mario Rapisardi, pure chiamato benefattore degli ultimi) la città e l’isola di Sicilia rivedano la Luce del nuovo mattino, e non permangano nelle insidie di Mammòna. Anche una rettifica in senso sociale (socialista? “lo sono sempre stato”, rispondeva Dorelli-maestro Perboni, nella versione televisiva di Cuore…) come quella da noi invocata, può essere un segno. Poiché niun giorno, secondo i Romani antichi, era “sine linea”.
Francesco Giordano
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