Catania, è il momento di pensare al futuro Pulvirenti ancora l’uomo giusto? Sullo sfondo la cessione

Il campionato non è ancora finito ma il Catania ha ormai poco da chiedere alle ultime tre partite di calendario. L’obiettivo fissato ad inizio stagione, vincere il torneo, non è mai stato a portata di mano. Anzi, nel girone di ritorno, nonostante le ambizioni della dirigenza fossero rimaste immutate, la squadra non è mai andata oltre le ultime posizioni della classifica. Messa virtualmente in salvo la categoria, è arrivato il momento di fare progetti per il futuro.

Come conseguenza di due stagioni che hanno portato il Catania dall’ottavo posto in serie A fino a toccare l’ultimo posto in serie B, parte crescente della tifoseria (quella rappresentata dal pensiero della Curva nord) auspica cambiamenti ancora più profondi di quelli già apportati a gennaio. Voce di popolo raccolta nello slogan «Pulvirenti Vattene». In proposito, MeridioNews ha già raccontato di alcuni investitori interessati a rilevare le quote del club. Possibilità, questa, che pone il presidente Antonino Pulvirenti nella condizione di poter scegliere, liberamente, se rilanciare il proprio progetto o affidare la società a un nuovo proprietario. A patto che questo possa garantire le risorse necessarie per realizzare la programmazione sportiva (promozione in serie A) e infrastrutturale (stadio nuovo).

Gli ultimi insuccessi sportivi impongono oggi a Pulvirenti una profonda riflessione, prima di operare qualsiasi scelta. Rispetto a undici anni fa, quando prese in mano la società, sono cambiate tante cose. I metodi vincenti di una volta non funzionano più. Il calcio italiano sta cambiando lingua, filosofia e strategie. Anche il Catania, dopo aver mancato l’immediata risalita in A, si trova in condizioni inedite, più complesse, rispetto alle prospettive sportive e rispetto alle necessità economiche.

Le assenze dallo stadio, le sollecitazioni di Marcolin perché tornasse vicino alla squadra, le incomprensioni con qualche tifoso (dialogo avuto sul traghetto dopo Crotone-Catania), hanno restituito al pubblico l’impressione di un presidente «emotivamente» meno coinvolto rispetto al passato. Anche chi conosce bene Pulvirenti, tanto da averci diviso la gioventù in quel di Belpasso, parla di un uomo sempre legato in modo viscerale al Catania ma più attento e misurato sui passi da compiere. Di vicissitudini, ne ha attraversate parecchie. Il fallimento della Wind-Jet, le minacce ricevute (rimaste di mano ignota), il divorzio da Lo Monaco e Gasparin, la responsabilità sugli investimenti e sulle scelte alla base dei risultati deludenti. Non tralasciando l’incontro con Cosentino e la spaccatura con una parte della tifoseria. Non sono mancati però anche i lieti eventi, come la nascita della terzogenita, Giorgia, e la composizione di una nuova dimensione familiare.

Anche lo scenario calcistico è mutato. Parecchi club, dal 2010 in poi, hanno iniziato un cambiamento radicale per aggirare i canoni Uefa del fair play finanziario. In Italia, è iniziata la colonizzazione. La Roma come il Bologna sono passate agli statunitensi. L’Inter è stata ceduta all’indonesiano Thoir. Investitori thailandesi e cinesi sono pronti a rilevare il Milan. Sullo sfondo, c’è l’ingresso nel calciomercato italiano di giocatori legati a fondi di investimento come la Doyen Sport, il cui presidente è grande amico dell’addì Pablo Cosentino. Il tasso di competitività dei campionati si è così alzato, come dimostrano i risultati nelle coppe europee. Condizioni che mettono nella morsa i club fuori dalla cerchia dei fondi. Da un lato sono costretti a investire di più sui giocatori, per sostenere la competitività, dall’altro rischiano le penalizzazioni dovute al fair play finanziario. L’eventuale riduzione a 18 squadre delle partecipanti alla serie A, tra l’altro, non farà che aumentare la competitività.

Il Catania, infine, mentre in passato aveva sempre realizzato importanti attivi, ha chiuso l’ultimo bilancio in leggero passivo. La retrocessione in B, dal prossimo esercizio, sottrarrà oltre 30 milioni di diritti televisivi e, dal successivo, anche i 12 milioni del paracadute. Ci sono poi da ammortizzare i 21 milioni di investimenti prodotti sul calciomercato dall’arrivo di Cosentino fino allo scorso gennaio. A questi, andranno aggiunti pure i costi delle ultime trattative, che hanno portato in rossazzurro ben nove elementi oltre a un nuovo staff tecnico. Ci sono inoltre le rate di Torre del Grifo da pagare oltre agli stipendi dei tanti giocatori sotto contratto, seppure lontani da Catania. A conti fatti, la proprietà del club dovrà sforzarsi parecchio per trovare risorse importanti da cui produrre l’attivo necessario a mantenere in ordine i conti. Eventuali passività dovranno essere coperte con i fondi in possesso del club (che superano i 25 milioni di euro) oppure con capitali del presidente.

Il silenzio in cui il presidente del Catania si è chiuso da tempo, può essere stato utile a riconsiderare (nel massimo riserbo) la propria compatibilità con i tanti fattori cambiati nel tempo. Tutti ugualmente influenti sulla scelta della scelte che, a breve, dovrà necessariamente comunicare al pubblico. Negli ultimi anni hanno fatto le stesse riflessioni Moratti, Sensi, Garrone, Cellino e Berlusconi. Anche Zamparini e Preziosi hanno a più riprese manifestato la volontà di cedere. Di contro, tanti altri presidenti vanno avanti nonostante le lusinghe straniere. È certamente indispensabile un cambio di passo, per rendere competitivo il progetto Catania. Quanto profondo debba essere, potrà deciderlo solo Pulvirenti. 

Marco Di Mauro

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