Le redazioni giornalistiche come raccontano i terremoti? Su questo argomento e a proposito di altri fenomeni naturali fanno davvero informazione o – in alcuni casi – il sensazionalismo è una tentazione troppo forte? Stamattina si è aperta la quinta edizione del Catania Book Festival – Fiera Internazionale del Libro e della Cultura. Tra gli appuntamenti della giornata la presentazione di È Stato il terremoto – Tra disinformazione e mancata prevenzione (People, 2024), scritto dal geofisico e vulcanologo Roberto Guardo e da Adriana Scamporrino. Il libro cerca di dare le risposte ad alcune domande: perché abbiamo così tanta paura dei terremoti? Abbiamo più paura del fenomeno in sé o dei suoi effetti? Su questo tema il giornalismo come si comporta? Come dà le notizie? In Italia la cultura della prevenzione esiste? Tra spiegazioni tecniche – ma molto chiare – cenni storici e passaggi divulgativi, Guardo e Scamporrino rispondono a queste domande, provando a capire cosa significa il terremoto per le persone, cosa lascia loro, perché ne sono terrorizzate.
Ma nell’incontro di oggi – che, come tutto Festival, si è tenuto all’interno della Nuova Dogana del Porto di Catania – si è allargato ancora il campo. Si è parlato di inconsapevolezza del rischio sismico e di «conoscenza come unico mezzo per liberarsi dalla paura» di ciò che non conosciamo (quindi anche della paura dei terremoti), passando per il terremoto del Val di Noto del 1693 – il più forte mai registrato in Italia, che ha interessato quasi tutta la Sicilia orientale – arrivando allo stato delle costruzioni a Catania dal punto di vista antisismico. Spoiler: la città non è messa per niente bene. A questo proposito si è parlato anche del famoso Big One (il grande terremoto, ndr). Si tratta di un sisma come quello di fine Seicento: gli scienziati dicono da tempo che ci sarà, sanno per certo sia che avverrà sia che, stanti così le cose – la (non) cultura della prevenzione e lo stato delle costruzioni dalle nostre parti – il Big One porterà con sé effetti potenzialmente gravissimi.
Oltre a raccontare e a spiegare, È Stato il terremoto sembra voler riaffermare il primato della scienza rispetto al racconto giornalistico approssimativo o – peggio – in malafede, che nelle persone produce paure, timori, rabbia, preoccupazioni e ansie di vario genere. Ma nel corso dell’incontro si è parlato anche di elementi positivi, cioè di quegli interventi ingegneristico-architettonici che potrebbero ovviare alle follie della speculazione edilizia degli anni Sessanta e Settanta. Ma tutto passa da due elementi: la volontà politica e la volontà politica. Serve una sensibilità e una lungimiranza di prospettiva, che guardi al fatto che – pur non portando voti – iniziative politiche in questa direzione potrebbero letteralmente salvare abitazioni e vite umane. Non è un caso che nel titolo del libro la parola «Stato» sia scritta con l’iniziale maiuscola.
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