«Ma se sono così difficili da raggiungere anche per noi, nel 2018, come hanno fatto a costruirle nell’età del bronzo?» «Non ne abbiamo idea». L’archeologa Teresa Magro, della soprintendenza ai Beni culturali di Catania, sta censendo ormai da anni gli edifici incastonati nella pietra della provincia etnea. Gli ultimi che hanno attirato la sua attenzione sono due tombe preistoriche proprio sotto al Castello di Lauria di Castiglione di Sicilia, scavate nella roccia di un costone alto circa 18 metri. «Le abbiamo esplorate perché finora non era mai avvenuto, visto che sono difficili da raggiungere – dichiara a MeridioNews – Ci voleva l’aiuto di qualcuno». Cioè degli uomini del Soccorso alpino e speleologico, supportati da quelli del Cai di Bronte e su input della Pro loco di Castiglione. «La cosa interessante – spiega Magro – è che c’erano diverse leggende su quei due buchi. Sono perfettamente visibili, così qualcuno era andato di fantasia: si era parlato di cunicoli, per esempio. Invece no, sono tombe e basta. All’interno abbiamo trovato poche cose: dei frammenti che ne attestano la datazione tra l’età del bronzo e l’età del ferro con riutilizzi di età greca. Ma ancora non abbiamo effettuato studi più approfonditi».
Di edifici di questo genere ce ne sono diversi, disseminati nel territorio di Castiglione ma non soltanto. «Le sto mappando da tre anni – continua – Non soltanto le tombe, ma anche altre cisterne scavate nella roccia. Ne ho contate almeno venti in tutta la Valle dell’Alcantara». Nelle due cave di Castiglione, nel corso della spedizione di qualche giorno fa, sono stati trovati frammenti di età greca, sono stati fotografati e mappati gli interni, ma non si tratta delle uniche attività che verranno svolte al loro interno. «Proveremo a ripulire le grotte, se ce ne sarà l’opportunità, ma è una cosa lenta e complessa». «Come facessero a scavare nella roccia, visto che la conformazione di quella porzione di territorio non è cambiata, non è chiaro. Forse costruivano delle scale, e di sicuro erano banalmente molto più agili – sostiene l’archeologa – È un po’ come nella necropoli di Pantalica: diversi punti sono praticamente inaccessibili, eppure le tombe sono lì». Gli uomini del soccorso Alpino e quelli del Cai hanno aiutato gli esperti della soprintendenza imbragandoli e portandoli giù con tecniche più speleologiche che da rocciatori. Un esperimento servito anche per perfezionare il metodo in vista di eventuali collaborazioni future.
A Castiglione di Sicilia, alcuni anni fa, nel Castello è stata ripulita un’altra tomba con la collaborazione della associazione Sicilia Antica. «È una zona molto ricca di attestazioni di presenze preistoriche – continua l’archeologa – Alcuni studiosi sostengono che le tombe siano di età bizantina, la mia ricognizione, invece, è finalizzata a spiegare che, in realtà la datazione è molto antecedente». Inoltre, nei pressi dei seppellimenti, spesso la scienziata avrebbe trovato anche «grosse vasche, impianti di lavorazione del vino, che potrebbero essere dello stesso periodo. E dunque si porrebbe un tema di grande rilevanza: che la pigiatura dell’uva e la produzione vinicola siano da datare, anche nel nostro territorio, molto prima dell’età greca». La tesi di Magro si basa, tra gli altri elementi, su quello della vicinanza: «Tombe e vasche sono nella stessa pietra arenaria, a breve distanza… Poi magari sono state riutilizzate anche in periodi successivi, ma il mio studio non è isolato. Anche in altre parti d’Italia e della Sicilia sono state fatte scoperte che daterebbero la viticultura e, in alcuni casi, la vinificazione in età preistorica. Rispetto alla valle dell’Alcantara, però, la mia è la prima ricerca in questo senso».
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