Castello Ursino, storia della pietra anonima «I ragazzi di Librino svegliano Catania»

Librino sveglia Catania, nonostante l’indifferenza dell’amministrazione. E lo fa con la storia di un macigno, forse un capitello romano, il cui racconto risale alla prima metà del XVI secolo. Si chiama Pietra del malconsiglio e oggi è posta all’ingresso del museo civico del Castello Ursino ma priva di protezione e senza neanche un cartello che la distingua dal resto del cortile, come fosse dimenticata. Fino a questa mattina, quando un gruppo di sedici studenti dell’istituto comprensivo Cardinale Dusmet di Librino-Pigno ha consegnato al museo una targa realizzata dalla scuola alla fine di un percorso didattico sulla storia della città. Ma per consegnare il dono, i ragazzi hanno persino pagato il biglietto.

Ridare dignità a quella pietra senza nome è stata un’idea dei giovani studenti che, tra tutte le storie su Catania, hanno dimostrato maggiore interesse per il macigno lavico che in pochi conoscono. Eppure «testimonia un pezzo importante di storia etnea. Quello delle rivolte del 1516 contro il viceré spagnolo Ugo di Moncada finite purtroppo nel sangue. Ma è anche simbolo di quella Catania del passato, che era una città forte, che sapeva farsi valere anche in guerra», spiega Iorga Prato, coordinatore del progetto scolastico Per le vie della città. «Oggi, cancellare questa memoria significa anche cancellare la possibilità di un risveglio. Ecco perché abbiamo deciso di realizzare il cartello per il museo – continua – Vogliamo lanciare un messaggio: Librino, la periferia senza storia, vuole dare una storia ad una parte della città che l’ha dimenticata».

Ad accompagnare i ragazzi anche due insegnanti: Samuela Creta e Roberta Giuffrida che, insieme a Iorga Prato, hanno realizzato il laboratorio, teorico e pratico di (ri)scoperta della città. «Un progetto che nasce dalla sinergia con altre scuole – spiega il coordinatore – per formare i ragazzi sul significato delle proprie origini, frutto della mescolanza di culture diverse. E quindi per educare al concetto di legalità democratica che è fatto di conoscenza ma anche di scambio e rispetto delle regole». «E proprio nel rispetto delle regole – commenta Prato – oggi i ragazzi sono entrati al museo pagando l’ingresso. Una quota simbolica di un euro per studente che, per alcuni di loro, è comunque un sacrificio», spiega. «Si tratta di ragazzi con storie difficili. Speravamo di far loro visitare il muse senza pagare – commenta la professoressa Giuffrida – ma è comunque un passo importante essere qui questa mattina». «Abbiamo chiesto più volte uno spazio al museo per svolgere il laboratorio pratico, ma ci è stato negato l’ingresso gratuito», racconta Prato. «E, proprio per evitare ulteriori spese, questa mattina i ragazzi hanno raggiunto il centro cittadino con un autobus urbano».

La direzione del museo, intanto,  giustifica la mancata attenzione all’iniziativa della scuola con motivi di incomprensione e cattiva comunicazione via fax e telefono tra i due enti. «Sapevano che stavamo preparando una targa e avevamo intenzione di consegnarla. Ho chiamato due volte tra marzo e aprile per avvisare del progetto svolto a scuola ma mi è stato risposto che per visitare il museo i ragazzi avrebbero dovuto comunque pagare l’ingresso. Dopo di che non ho più insistito», dice la professoressa Giuffrida.

La targa, realizzata con fondi POR della scuola, è stata donata al museo in attesa di essere affissa davanti alla pietra. Mentre i ragazzi, soddisfatti del lavoro, si godono la lezione all’aperto, tra sorrisi e foto ricordo. «Ou, viri cà semu ò Casteddu! Mica ò Pignu», scherzano tra di loro, emozionati per la gita fuori porta. «Missione compiuta», urla uno di loro, ascoltando ancora la storia della pietra che più volte hanno sentito in classe. Questa volta raccolti intorno a quel macigno. Oggi con un nome e una storia, scritta e firmata Cardinale Dusmet di Librino.

Federica Motta

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