Caso Scieri, chiesti 18 anni per uno degli ex caporali Per il generale Celentano si valuta reato di depistaggio

«Aver sentito chiedere una condanna è già una cosa che i familiari hanno aspettato per 20 anni. Non è più una questione di numero di anni pena ma di verità e di giustizia». Quelle che, come ricordano a MeridioNews gli avvocati di parte civile Alessandra Furnari e Ivan Albo, i parenti e gli amici non hanno mai smesso di cercare per Emanuele Scieri, il parà siracusano ucciso il 13 agosto del 1999 all’interno della caserma Gamerra di Pisa. La procura pisana, dove si sta svolgendo il processo per omicidio volontario aggravato dai futili e abietti motivi, al termine di una lunga requisitoria ha chiesto la condanna a 18 anni di reclusione per l’ex caporale Andrea Antico, che non era presente in aula oggi e che è ancora in servizio nell’esercito. Per gli altri due ex caporali imputati per lo stesso reato, Alessandro Panella e Luigi Zabara, per cui si procede con il rito ordinario, la procura ha chiesto il rinvio a giudizio.

Come lui, hanno scelto il rito abbreviato anche i due accusati di favoreggiamento: l’ex comandante della Folgore, il generale Enrico Celentano e l’allora aiutante maggiore Salvatore Romondia. Per loro sono stati chiesti quattro anni di carcere. «In questo caso – spiegano i legali – la procura ha dichiarato di avere fatto una richiesta di pena sulla scorta dell’ipotesi che il reato da valutare non sia favoreggiamento ma depistaggio e, per questo, hanno invitato anche il giudice a valutare». Un’udienza fiume quella di oggi cominciata alle 9.30 e conclusa nel pomeriggio, intorno alle 17.30. «La lunga discussione, durante la quale si sono alternati il procuratore capo Alessandro Crini e il sostituto Sisto Restuccia, ha dimostrato l’attenzione che finalmente la procura di Pisa sta dedicando al caso di Emanuele Scieri», ci tengono a sottolineare gli avvocati. 

«Abbiamo individuato le responsabilità di ciascun imputato attraverso una rilettura di tutte le testimonianze e degli atti processuali – ha detto Crini alla fine della requisitoria durata circa otto ore – e a ricollocare il terzetto di ex caporali sulla scena del crimine sono le voci di caserma. Le testimonianze di allora e di oggi hanno evidenziato una linearità del racconto». Il procuratore capo ha poi anche definito «stravagante» l’ispezione condotta alla caserma Gamerra dal generale Celentano la notte di Ferragosto: «Era lì proprio perché informato della morte di Scieri il cui cadavere fu scoperto, invece, solo il 16 agosto». 

Durante l’udienza di oggi ha discusso (depositando delle conclusioni scritte) anche il ministero della Difesa che prende parte al processo nella duplice veste di parte civile da un lato e di responsabile civile dall’altro. A novembre scorso si era aperta l’udienza preliminare. Un caso, riaperto in seguito alla relazione finale della commissione d’inchiesta, su cui dopo le indagini della procura di Pisa, il tribunale militare di Roma aveva chiesto il trasferimento degli atti. Per un periodo, i due procedimenti sono andati avanti parallelamente. Poi il conflitto è stato risolto a favore della sola magistratura ordinaria. Questo perché il nonnismo non è solo un fatto militare, anche se gli atti avvengono all’interno di una caserma. Inoltre, tra gli ex caporali e la vittima non c’era «nessun rapporto gerarchico-disciplinare» e, al momento dei fatti, gli autori non erano in servizio e non indossavano nemmeno la divisa. Anche Scieri si trovava in libera uscita e, quindi, in abiti civili.

Leggi il dossier di MeridioNews sul caso di Lele Scieri.

Marta Silvestre

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