Parzialmente dissequestrato il patrimonio del deputato Riccardo Savona, finito un mese fa al centro di un’indagine per truffa allo Stato. Sull’esponente di Forza Italia, che dopo lo scandalo giudiziario è rimasto saldo alla guida della commissione Bilancio all’Ars nonostante le richieste di dimissioni avanzate dal Movimento 5 stelle, si è espresso il Riesame di Palermo. Il tribunale ha ricalcolato gli importi su cui mantenere i sigilli, annullando al contempo il decreto di convalida del sequestro per tre dei cinque capi d’accusa: si tratta nello specifico dei progetti Impariamo a internazionalizzarci – svolto dalla coop Palermo 2000 e frutto di un’intesa con l’Istituto regionale vino e olio siciliani -, e di Formiamo Professionalità e Upload interventi sinergici di inclusione sociale, presentati entrambi dalla coop Fenice.
L’inchiesta della procura di Palermo, che si è affidata ai finanzieri del gruppo di Palermo con a capo il colonnello Alessandro Coscarelli, comunque va avanti: secondo i magistrati, infatti, la truffa ai fondi europei destinati alla formazione si sarebbe verificata in cinque bandi. Oltre ai tre oggetto dell’annullamento, anche i due gestiti – e confermati dal Riesame – dalle associazioni Prosam e Rises.
Tra i beni restituiti a Savona – in un primo momento le somme congelate ammontavano a quasi 800mila euro – ci sono anche un immobile a Castelbuono e la metà di un altro a Palermo. In quest’ultimo caso il dissequestro riguarda la parte intestata alla moglie di Savona, Maria Cristina Bertazzo, anche lei finita tra gli indagati, insieme alla figlia Simona e ad altre quattro persone. A rivolgersi al tribunale del Riesame sono stati anche Nicola Ingrassia e Sergio Piscitello, ritenuti dai magistrati tra le figure utilizzate da Savona per riuscire a sottrarre fondi comunitari e regionali destinati al mondo della formazione, da utilizzare per fini politici. Su tutti, il mantenimento di una rete clientelare che sarebbe tornata utile al momento delle elezioni. Per riuscirci Savona e gli altri sarebbero ricorsi anche alla falsificazione delle documentazioni.
Il lavoro dei finanzieri – l’indagine, come detto, non è ancora stata chiusa – riguarda una serie di bandi a cui le associazioni e le coop legate a doppo filo al deputato regionale hanno partecipato. Avendo – è questa la tesi della procura palermitana – anche una corsia preferenziale all’interno degli uffici regionali: Savona, infatti, sarebbe venuto a conoscenza in anticipo dei bandi che sarebbero stati pubblicati.
A parlare dopo la decisione del Riesame è intanto l’avvocata Manuela Gargano, dello studio legale Traina, che difende Savona. «L’esecuzione del sequestro preventivo, misura cautelare di natura patrimoniale, non presuppone la sussistenza dei “gravi indizi di colpevolezza” a carico dell’indagato, come è richiesto invece per le misure cautelari personali, essendo sufficiente il mero “fumus commissi delicti“, dunque nulla dice in ordine alla colpevolezza dell’indagato».
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