Caso Saguto, tra i testimoni i magistrati palermitani Lo Voi teste incompatibile: «Indagò in precedenza»

«Risulta evidente che il teste Lo Voi ha svolto funzioni di pubblico ministero nel presente procedimento nella sua qualità di procuratore di Palermo, sussiste quindi l’incompatibilità con l’ufficio di testimone». Questa la decisione presa oggi dalla corte di Caltanissetta di fronte alla quale si celebra il processo a carico dell’ex giudice Silvana Saguto e dei presunti complici del cerchio magico ipotizzato dall’accusa, che di fatto taglia fuori dai testimoni il procuratore di Palermo Franco Lo Voi, convocato all’udienza di questa mattina. A darsi il cambio, prima e dopo di lui, sono Salvatore Di Vitale, presidente del tribunale di Palermo, e il sostituto procuratore Gaspare Spedale.

Il primo assume l’incarico nel maggio 2015 e il clima descritto oggi in aula è quello di una sezione quasi presa in bilico, quasi bersagliata. «C’era il pericolo di una campagna di stampa contro la sezione Misure di prevenzione», spiega ai magistrati, tirando in ballo anche il servizio della trasmissione di Mediaset Le Iene, che il giorno prima del suo insediamento aveva sollevato il caso della gestione dei beni confiscati. Una sensazione, la sua, che lo porta a sottolineare «l’inopportunità» che il marito della presidente Saguto, Lorenzo Caramma, anche lui tra gli imputati, continuasse a ricoprire il ruolo di coadiutore giudiziario in alcune procedure. «Rimuoverlo è inopportuno, sarebbe un’ammissione di colpa, un boomerang», si sente rispondere però dal giudice Fabio Licata, imputato a sua volta. C’è da dire che all’epoca non vi era nessun divieto di nominare parenti o congiunti di magistrati. E sull’aumento di alcuni compensi proprio destinati a Caramma, maggiorati rispetto a cifre stabilite in precedenza, sempre Licata gli spiega che non era altro che «un atto di normale amministrazione».

Di Vitale attiva comunque una commissione interna per monitorare l’assegnazione di incarichi e procedure, per verificare l’eventualità che dietro ci fosse o meno un meccanismo basato sulla fiducia verso pochi soggetti, sempre gli stessi. A tornare con frequenza sono i nomi del marito della giudice, ma anche quello dell’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, che Saguto avrebbe nominato «perché molto bravo, mi fido solo di lui». Dopo di lui, a sedere sul banco dei testimoni è il pm Spedale, che chiarisce subito come in realtà non avesse alcun rapporto personale con Walter Virga. «Ritengo di non conoscerlo, nel senso che ho appreso nel corso delle indagini preliminari che in un passaggio abbia fatto riferimento a una conoscenza con me, ma io non ricordo; non posso escludere che in certi contesti, avendo amicizie comuni, possiamo essere stati entrambi presenti, ma non ne ho memoria, non ho mai avuto il suo numero di telefono né ho mai organizzato qualcosa con lui».

Sente il suo nome in giro, niente di più, precisa il magistrato. Riconosce il padre, però, un giorno che è in attesa dietro la porta di Lo Voi per parlare con lui di un caso. È Tommaso Virga, ex consigliere del Csm, coinvolto anche lui nel caso ma giudicato in abbreviato, che entra nell’ufficio prima di lui, per chiedere a Lo Voi informazioni riguardo a quello che stava emergendo contro il figlio. A nulla è servita la presenza dello stesso procuratore capo in aula, dal momento che la corte ha deciso di escluderlo come teste. «Valuta liberamente cosa fare, a me non interessa nulla», avrebbe detto Lo Voi a Spedale, in seguito a una seconda visita di Virga senior. Dopo di lui, è stata la volta del pm Roberto Tartaglia, che ha riferito della riunione della Dda del 25 maggio del 2015 in cui l’allora aggiunto Dino Petralia accennò all’esistenza di un procedimento relativo alle misure di prevenzione che era stato trasmesso a Caltanissetta, senza aggiungere chi fosse coinvolto e il perché del trasferimento.

Silvia Buffa

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