Caso Ramacca, quando l’uomo nero ha la pelle bianca Sui social commenti razzisti prima del fermo di Modica

«Per me non sono italiani, ma beduini senza Dio». «Scommettiamo che è stato qualche parassita che finge di scappare dalla guerra?». «Chiedere al vicino campo profughi, ci scommetto che sono risorse della Boldrini». È solo una cernita dei commenti social (in gruppi Facebook locali, o postati sotto articoli di giornali on line) apparsi tre giorni fa, quando il terribile delitto di Ramacca era appena stato scoperto. Come colti da un riflesso condizionato, decine di utenti avevano già individuato il colpevole: l’altro, il diverso. Eppure, a seguito del ritrovamento dei due cadaveri, nelle prime dichiarazioni procura e forze dell’ordine – pur descrivendo come «raccapricciante» la scena del crimine – si erano mantenuti particolarmente cauti. Non c’era nemmeno l’ombra di un indizio che, razionalmente, lasciasse pensare all’opera di un migrante. A meno di non voler considerare l’efferatezza come un tratto saliente delle persone di colore. 

L’uomo nero non c’era. E – se c’era – era bianco. Giovedì mattina i carabinieri hanno arrestato Gianluca Modica, un 30enne del posto che già poco meno di quattro anni fa era finito nei guai per una storia di droga. Il ragazzo è sospettato di aver ucciso Lucia, 70 anni, e Filippa Mogavero, 79. La ricostruzione tratteggiata dagli investigatori appare solida, fatte salve le garanzie processuali. Il movente sarebbe stato rapinare le due donne. Eppure, ancora due giorni fa, dopo la diffusione del fermo di Modica, sui social c’era chi non riusciva a capacitarsi che il sospettato fosse un concittadino. «Ma l’hanno preso? Ed è di Ramacca? Ma è ancora più assurdo», scriveva una commentatrice. Ancora più assurdo

Perfino il sindaco Pippo Limoli, pur con un tono completamente diverso, il giorno prima aveva dichiarato che «nessuno può credere che sia stato qualcuno di qui». E il web non è l’unico sfogatoio di questi impulsi. Giovedì mattina, sul quotidiano La Sicilia, alcuni cittadini intervistati si dicevano «convinti che questo omicidio non riguardi affatto la nostra comunità» e che il responsabile sarebbe stato «un extracomunitario del Cara di Mineo, di quelli che si vedono qui bivaccare durante il giorno». Cercare di comprendere reazioni talmente cieche non è facile. Ma è utile per tutti, anche per chi si sente al riparo da questa china: perché, parafrasando il cantautore Gian Piero Alloisio, «non temo il razzista in sé, temo il razzista in me». 

Un male così nero, un dolore così insopportabile, va in qualche modo espulso dai sentimenti di una piccola, tranquilla comunità. Allontanato dal «noi», verso un «loro» che probabilmente non si conosce bene. Ma può bastare questo a spiegare un fiume carsico di insulti verso gli stranieri? Il Calatino degli ultimi anni è senza dubbio un territorio speciale, nel rapporto con profughi, rifugiati e richiedenti asilo. La semplice presenza del Cara di Mineo ha modificato la percezione della sicurezza urbana

Nella mente dei cittadini è ancora vivo il ricordo di quel che è accaduto due anni fa a Palagonia, quando l’allora 18enne ivoriano Mamadou Kamara – ospite del Cara dopo essere arrivato in Sicilia l’8 giugno 2015, a bordo di un barcone – ha prima picchiato e assassinato il 68enne Vincenzo Solano, per poi violentare la moglie 70enne Mercedes Ibanez e ucciderla poco dopo, gettando il corpo dal balcone. Un caso perfino più macabro di quello avvenuto mercoledì, che – in qualche modo – ha lanciato un’ombra devastante sulle persone che vivono nel centro, anche su coloro che non farebbero del male a una mosca. Proprio in questi giorni la prefettura di Catania sta scartando i plichi riguardanti il nuovo appalto per la gestione del Cara

Nell’ultimo periodo, l’area dei Comuni che gravitano intorno a Caltagirone è stata per altro sottoposta a una lunga scia di fatti di sangue. Lo stesso procuratore Giuseppe Verzera ha parlato di ben «sette omicidi, alcuni dei quali molto efferati», chiedendo allo Stato strumenti per affrontare una simile escalation. In ordine di tempo, l’ultimo caso riguarda proprio Caltagirone: una settimana fa, in un bosco di contrada Semini, è stato ritrovato un cadavere decapitato e senza braccia, che potrebbe appartenere a un bracciante rumeno di 51 anni. 

Marco Militello

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