Caso Fragalà, nuovo collaboratore sarà sentito in aula «Tutti dicono di sapere, rischiamo di far entrare di tutto»

«Ammessa la prova del collaboratore di giustizia Francesco Paolo Lo Iacono». Così, questa mattina, il presidente della prima corte d’assise Sergio Gulotta, che ha deciso di accogliere la richiesta dei pm Bruno Brucoli e Francesca Mazzocco dopo le dichiarazioni del nuovo collaboratore sul delitto dell’avvocato Enzo Fragalà. Dichiarazioni che rappresenterebbero prove recenti, per il giudice, che «non potevano essere dedotte prima» e che, a suo dire, «appaiono certamente pertinenti ai fatti del processo e assolutamente necessarie ai fini del decidere». Insieme al collaboratore, verrà sentito come teste anche il maggiore Marmora, che ha svolto in seguito a quelle dichiarazioni accertamenti e riscontri. Una decisione, quella della corte, in un certo senso temuta dagli avvocati difensori dei sei imputati della morte del penalista, che prima della pronuncia della decisione, infatti, hanno fortemente contestato la richiesta dell’accusa.

«Non è assolutamente necessario sentire questo nuovo collaboratore. Le sue informazioni non aggiungono nulla di nuovo, sembra piuttosto che le informazioni acquisite a livello mediatico le utilizzi come proprio patrimonio conoscitivo personale». Così, ad esempio, l’avvocata Edi Gioè rispetto all’ipotesi di ascoltare il nuovo collaboratore. Lo Iacono, arrestato lo scorso 31 luglio per traffico di droga, già i primi di ottobre aveva deciso di collaborare coi magistrati. Lo Iacono però non racconta solamente i dettali delle sue attività criminali. Nell’interrogatorio del 4 ottobre, infatti, tira fuori alcuni riferimenti che hanno a che fare con il delitto del penalista, ferocemente picchiato la sera del 23 febbraio 2010 appena uscito dal suo studio, e morto in ospedale tre giorni dopo. 

Lo Iacono lascia persino un manoscritto destinato ai pm, con i dettagli di quello di cui sarebbe a conoscenza. Nell’interrogatorio dell’8 ottobre racconta delle sue conoscenze su quel brutale pestaggio. Per un certo periodo di tempo, compreso anche febbraio 2010, lavora al bar Bobuccio gestito da Salvatore Battaglia. Su indicazione del titolare, un giorno di febbraio, racconta di aver portato dei caffè all’interno di un’abitazione. Qui vede e riconosce Gregorio Di Giovanni, il reuccio di Porta Nuova arrestato a dicembre nel blitz Cupola 2.0. Lo Iacono racconta ai magistrati di aver sentito distintamente che lì si sta parlando di organizzare un pestaggio contro un avvocato. Fa per andare via, e fa in tempo a scoprire anche il nome: è l’avvocato Fragalà.

Durante la sua detenzione, Lo Iacono viene trasferito al carcere di Velletri, finendo nella stessa sezione di Antonino Siragusa, uno degli imputati a processo per la morte del penalista. Anche qui, in diverse circostanze, racconta di aver colto alcune confidenze proprio su quel delitto. Il 3 ottobre, giorno in cui Siragusa avrebbe dovuto sostenere un interrogatorio con i pm, Lo Iacono lo avrebbe sentito fare riferimento con un altro detenuto del coinvolgimento anche di Paolo Cocco e Francesco Castronovo (anche loro imputati ndr) nel delitto dell’avvocato. C’è di più, avrebbe anche sentito Siragusa dire distintamente che Francesco Chiarello, il collaboratore le cui dichiarazioni hanno portato al processo in corso, lo avrebbe tradito. Sente persino Siragusa che descrive gli abiti indossati la sera dell’agguato a Fragalà, dettaglio che confermerebbe la sua presenza in quei luoghi. Dichiarazioni che portano accusa e parti civili a chiedere di sentire a processo il nuovo collaboratore, proprio quando ci si stava avviando verso la sua conclusione. Oggi infatti sarebbe dovuto essere il giorno della requisitoria del pm. 

Una richiesta che ha generato una fortissima reazione di rifiuto negli avvocati dei sei imputati, che a turno hanno ribadito le ragioni del loro diniego, prima di conoscere la decisione della corte. «Le dichiarazioni di Lo Iacono non sono altro che dei disarticolati racconti di quanto si apprende su Radio Radicale delle dichiarazioni di Chiarello e di Siragusa, condite dal dato della comune detenzione, un carattere assolutamente esterno, che non può essere utile per valutare la bontà delle sue dichiarazioni – dice l’avvocata Rosanna Vella -. Non c’è nessun elemento di novità, avremmo l’ennesimo collaboratore che racconta ciò che è stato già sentito da altri. Corriamo il rischio che in questo procedimento entri di tutto, perché se ne parla, perché tutti dicono di sapere. Chiediamo massima cautela e massima attenzione». In un monito che sembra puntare il dito contro la mediacità di cui ha goduto sin dall’inizio questo processo. Quasi come se la presenza di Radio Radicale che registra ogni udienza da ormai due anni e i giornalisti che seguono, scrivono, domandano, ipotizzano, non siano altro che un elemento di disturbo.

«La pubblicità di questo procedimento non fa altro che far proliferare i soggetti che sanno cose di questo processo», insiste anche l’avvocato Corrado Sinatra, d’accordo con quanto sostenuto dai colleghi. «In queste nuove dichiarazioni Lo Iacono non fa che ripercorrere notizie che ha appreso dai media. Quello che racconta non arricchisce, anzi depista un procedimento che era già arrivato quasi alla conclusione – interviene anche l’avvocata Odette D’Aquila -. Lo Iacono sarebbe disposto a fare qualsiasi dichiarazione pur di uscire dal carcere. Proprio all’interno di quello di Velletri ha dato dimostrazione di avere una sofferenza psicologica davvero forte. In ogni caso ha iniziato a collaborare il 4 ottobre, ha ancora sei mesi per modificare la sua versione. Chiarello l’ha modificata quattro volte. Chi ci dice che questo Lo Iacono non ritratti, modifichi, aggiunga altre cose? Forse solo finiti questi sei mesi si potrebbe parlare di credibilità», suggerisce la legale.

«Sono rammaricata, priva di parole – aggiunge infine anche l’avvocata Debora Speciale -. Vogliamo dare per veritiere le dichiarazioni di un soggetto che apprende determinate cose non per vita vissuta, non ha contezza diretta, non ha un dialogo diretto con Siragusa, che stava facendo delle confidenze in cella a un altro detenuto. E quindi lui passeggiando carpiva queste cose? – domanda retorica -, questo non ha valenza schiacciante sotto il profilo probatorio. Ancora i 180 giorni non sono passati, ci sono ancora tante cose che Lo Iacono ci dovrebbe dire. E poi che valenza probatoria possono avere informazioni che chiunque potrebbe reperire su Radio Radicale?». Malgrado il loro disaccordo, è diversa la decisione della corte. Lo Iacono sarà sentito a novembre, non si sa ancora in quale veste.

Silvia Buffa

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