Caso Farmacia, l’accusa: «Prove distrutte, paura di scandali»

Continua la discussione preliminare sul caso Farmacia. A parlare davanti al Gup Alessandro Ricciardolo, questa mattina, sono stati il pubblico ministero, Lucio Setola, e gli avvocati di alcune parti civili: Elisa Di Mattea per il Codacons, Vito Presti per Cittadinanzattiva e Santi Terranova, legale della famiglia Patanè. Disastro ambientale e gestione di discarica non autorizzata l’accusa a carico di 12 imputati tra dirigenti, professori e personale amministrativo della facoltà.

A ricostruire la vicenda è stato il pm che, per far chiarezza sulle responsabilità dell’inquinamento derivato dai laboratori di Farmacia, ha ripercorso passo passo l’intero periodo considerato dall’inchiesta giudiziaria (2004 – 2007), e non solo. Partendo dal 1996, anno in cui arrivarono le prime segnalazioni, ha mostrato – carte alla mano – come i dirigenti e i responsabili della sicurezza esperti in materia, pur constatando la reale entità del pericolo, di fatto tentavano di giustificarlo in altro modo. Un esempio sarebbe il rifacimento delle tubature disposto nel 2005 e motivato a causa di risalite d’umidità. O, ancora, la sostituzione di una parte del terreno in cui finivano le sostanze tossiche sversate nei lavandini dei laboratori perché considerato «deteriorato». Operazione questa che, secondo la Procura, avrebbe consentito di eliminare gran parte delle prove della contaminazione con l’intento di evitare uno scandalo sicuro.

All’intervento del pubblico ministero si associano le due associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti dei consumatori, Codacons, e per la tutela dei cittadini, Cittadinanzattiva. Presenti in aula anche singole parti civili tra i familiari di alcune presunte vittime e malati gravi. Tra queste, a prendere la parola è stato l’avvocato Santi Terranova, legale della famiglia di Emanuele Patanè, dottorando morto di tumore al polmone e autore del memoriale da cui è partito il secondo procedimento, quello per omicidio colposo.
«Ricordo lo stupore che mi prese quando confrontai gli scritti di Emanuele con le indagini della Procura. Coincidevano perfettamente», racconta l’avvocato Terranova. «Anche in questo processo, però, siamo presenti a pieno titolo – continua – perché, qualora si riuscisse a dimostrare di aver subito un danno morale, la Cassazione prevede un risarcimento anche nel caso di disastro ambientale».

Sulla tipologia di processo giudiziario, intanto, dalle difese non arriva nessuna richiesta di rito abbreviato. «Una scelta che consente loro di prendere tempo e fa aumentare il rischio di prescrizione», commenta l’avvocato Di Mattea del Codacons.
Per gli interventi dei legali degli indagati e delle altre parti civili, tra cui la Cgil, bisognerà aspettare la prossima udienza, fissata il 24 ottobre.
Attesa entro novembre la decisione del Gup sul rinvio a giudizio.

 

[Foto di Valerio Pirrera]

Federica Motta

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