«Micciché fu l’unico che mi chiamò e gli dissi “vedi che Nicastri è consulente di Arata”». Sul momento passano quasi inosservate le parole di Mimmo Turano, assessore regionale alle Attività Produttive, ascoltato questo pomeriggio in commissione Antimafia a proposito dei due episodi in cui l’esponente della giunta Musumeci ha incontrato i due faccendieri, Arata padre e Arata figlio.
Una versione dei fatti che sembra quasi una smentita rispetto a quanto sostenuto dal presidente dell’Assemblea Regionale, ascoltato ieri dall’organismo parlamentare d’inchiesta. Micciché, infatti, aveva affermato di non sapere «che Nicastri avesse un rapporto con Arata, né chi fosse Nicastri perché non sono molto attento alla cronaca giudiziaria».
Parole lontane da quelle pronunciate oggi da Turano, che ricostruisce i due incontri, il primo il 13 luglio dello scorso anno, quando «Miccichè – racconta l’assessore regionale – mi ha chiamato nella sua stanza, dove ho incontrato questo giovane (Francesco Arata, ndr)». Un incontro che era stato fissato nei giorni precedenti e nel corso del quale Turano si sarebbe mostrato disinteressato al progetto dell’impianto di biometano a Calatafimi perché già nel corso della campagna elettorale per le regionali del 2017 si era detto contrario a una proposta che «destava grande allarme ambientale e che vedeva contraria la forza politica alla quale appartengo».
Rispetto a quell’episodio, ecco che ancora una volta la versione di Micciché si discosta da quella di Turano: entrambi concordano sul fatto che il giudizio dell’assessore fosse negativo. Ma le parole di Micciché lasciavano intendere che si trattasse di uno scetticismo legato anche alle persone che proponevano il progetto, mentre Turano resta dell’avviso che la sua fosse una valutazione politica.
È il 12 settembre quando in assessorato alle Attività produttive il massimo vertice degli uffici incontra Paolo Arata, questa volta da solo. «Fu un discorso ad ampio raggio – racconta ancora Turano – parlammo anche dell’aeroporto di Birgi, mi disse che stava realizzando un progetto a Calatafimi e mi chiese se potevo parlare con il sindaco». Proprio in quel contesto, Arata avrebbe fatto il nome di Nicastri a Turano, sottolineandone il ruolo di consulente nel progetto. Arata riferì anche che Nicastri lamentava i ritardi sulle autorizzazioni.
«Io stesso – ammette Turano – gli ho suggerito di rivolgersi agli uffici preposti e Arata mi mostrò il biglietto del capo centro della Dia di Trapani». Non sono mancate anche su questo punto le domande dei deputati commissari dell’organismo d’inchiesta: perché, ad esempio, Arata per un ritardo nell’autorizzazione si sarebbe rivolto alla Direzione investigativa antimafia? «La mia impressione – ha replicato Turano – è stata che si volesse accreditare come un soggetto che era stato dalla Dia. Ma se voleva una sorta di accredito, ha ricevuto una risposta diametralmente opposta». Anche Turano, successivamente all’incontro con Arata, incontrò il capo della Dia e accennò a quella vicenda. Ma la risposta si sarebbe limitata al fatto che «era a conoscenza dei fatti e che ne avrebbe parlato ai suoi superiori».
A quel punto, ma Turano non ricorda la data della conversazione, l’assessore avrebbe informato Miccichè della presenza di Nicastri nel progetto di Arata. Perché non usò la stessa cortesia nei confronti del collega a capo dell’assessorato all’Energia, Alberto Pierobon? «A quel punto la ritenevo una vicenda chiusa, per questo non ho pensato di dirlo ad altri. L’unico che mi aveva chiamato in causa era stato Micciché e a lui dissi quello che avevo saputo».
A dirsi stupito è il presidente dell’Antimafia, Claudio Fava, che a margine dell’audizione parla ai cronisti della «una quantità di ricordi offuscati e parziali, che stupisce. Sorprende quanti ricordino poco e male o non ricordino affatto».
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