Caso Antoci, Fava denuncia «l’aggressione» de Le Iene «Mobbing violento, falso e minaccioso». Audio in Procura

Domenica 9 febbraio, Comiso. Claudio Fava, presidente della Commissione regionale antimafia, tiene un corso di scrittura creativa e drammaturgica, annunciato da mesi in un comunicato stampa di cui si trova traccia online. Una troupe della trasmissione tv Le Iene lo raggiunge nell’hotel in cui soggiorna e gli chiede un’intervista a proposito dell’indagine e della relazione conclusiva sull’attentato all’allora presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci. L’intervista non è ancora stata trasmessa, ma è stata registrata dallo stesso Fava, che questa mattina conversando con alcuni giornalisti ha raccontato la vicenda. Perché, più che un’intervista, la definisce «una violenta aggressione verbale, 84 minuti di mobbing violento nelle forme, falso nei contenuti, minaccioso nei toni». Al punto che Fava parla di un episodio ai limiti «dell’avvertimento, dell’invito a non occuparci più di questa vicenda. Perché? – si chiede ancora – A che scopo? Le nostre intenzioni sono sempre state senza pregiudizi e senza nessun fine politico».

Insieme al presidente dell’organismo parlamentare, anche i commissari Roberta Schillaci (M5s), Nicola D’Agostino (Italia Viva) e Luisa Lantieri (Ora Sicilia), a rafforzare la tesi di un episodio «di gravità istituzionale irreparabile», proprio perché legato a una relazione «che la commissione ha votato all’unanimità e nella quale è scritto chiaramente che in qualunque delle ipotesi plausibili su quanto avvenuto, Antoci sarebbe comunque la vittima».

«Ma la sedicente intervista – prosegue il racconto di Fava – si è subito rivelata essere altro. Nella forma si è trattato di una calunniosa aggressione che non prevedeva alcuna domanda ma solo provocazioni. Nella sostanza, l’operazione appare come un’autentica intimidazione». Il file audio dell’intervista, che MeridioNews ha ascoltato, è stato messo nella disponibilità dei giornalisti e trasmesso alla Procura di Ragusa e alla Direzione distrettuale antimafia di Catania «per le loro opportune valutazioni». 

Tra le affermazioni dell’inviato della trasmissione tv Gaetano Pecoraro, si sente: «Vi siete permessi di inquisire l’operato di uomini di Stato», «voi avete dato la miccia a tutti i mafiosi dei Nebrodi», «avete riportato solo stronzate in questa relazione». «A un certo punto – si sente dire ancora al giornalista nella registrazione audio – riuscite a dire e a far dire a qualcuno che Antoci…», l’inviato de Le Iene non conclude la frase perché interrotto da Fava, che si infuria sostenendo che si tratta di un’accusa calunniosa insinuando che la commissione abbia «manipolato le audizioni facendo dire».

Ancora, il giornalista interviene nel corso della conversazione affermando che «nella relazione ci sono un sacco di castronerie, non lo dico io, lo dice il capo della polizia Gabrielli, che dice che nel nostro Paese bisogna difendersi non solo dalla mafia ma da fantastici mascariatori». Un «peccato» è il commento di Fava, «è sgradevole aver chiamato in causa un galantuomo come Gabrielli». La citazione – tra l’altro – è riferita a una dichiarazione di Gabrielli antecedente di quasi otto mesi rispetto all’approvazione della relazione su Antoci. 

Il giornalista ha anche affermato che «non è presente sulla relazione nessuna delle frasi dell’archiviazione, non c’è una minima presenza». A nulla sono servite le esortazioni di Fava, che ha più volte invitato il giornalista a leggere la relazione. La smentita, alla fine, arriva puntuale perché le conclusioni del Gip sono riportate per esteso nel documento approvato all’unanimità dalla Commissione.

«Perché – chiede infine il giornalista – lei ha fatto questo? Per politica? Attaccare Antoci, perché l’ha fatto?». «La relazione – risponde Fava – è stata approvata all’unanimità con il voto favorevole dei rappresentanti di tutte le forze politiche presenti all’Ars. Né attacchi, né politica». 

Il lavoro della commissione ha avuto il merito di provare a entrare nelle domande rimaste senza risposta anche dopo due anni di indagini giudiziarie. Lo ha fatto convocando tutti i protagonisti e sottoponendogli le incongruenze emerse dalle loro azioni e dalle loro dichiarazioni. «A giudizio di questa commissione – si legge nelle conclusioni della relazione – restano attuali le tre ipotesi formulate in premessa: un attentato mafioso fallito, un atto puramente dimostrativo, una simulazione. Ipotesi, tutte, che vedono il dottor Antoci vittima (bersaglio della mafia nelle prime due, strumento inconsapevole di una messa in scena nella terza). Alla luce del lavoro svolto da questa commissione corre l’obbligo di evidenziare che, nelle tre ipotesi formulate, il fallito attentato mafioso con intenzioni stragiste appare la meno plausibile. L’auspicio è che su questa vicenda si torni a indagare (con mezzi certamente ben diversi da quelli di cui dispone questa commissione) per un debito di verità che va onorato. Qualunque sia la verità».

L’inviato de Le Iene ha replicato: «Non ho fatto nessuna aggressione all’onorevole Fava ma gli ho gentilmente chiesto un’intervista che lui ha accettato di fare. Non ho mai fatto nessuna intimidazione o minaccia né a lui né alla commissione, non ho alle nostre spalle nessun mandante se non la nostra redazione e l’amore per il lavoro che faccio. Ci siamo semplicemente permessi di muovere delle critiche sul svolto lavoro della commissione Antimafia riguardo all’attentato ad Antoci – aggiunge Pecoraro – e agli uomini della sua scorta. Ad ogni modo, ogni telespettatore, quando l’inchiesta andrà in onda, potrà farsi la propria idea».

Miriam Di Peri

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