Case poliziotti, a rischio sfratto 139 famiglie Sit-in in Comune: «Devono occuparsi di noi»

Protestano davanti la sede del municipio alcune mogli di poliziotti che rischiano di essere sfrattate con le loro famiglie dalle case nella zona della Riserva Reale Boccadifalco, vicino a corso Pisani, dove vivono da oltre vent’anni. Una storia infinita che riguarda l’assegnazione di 139 alloggi. La vicenda, infatti, inizia nel ’94, quando la prefettura pubblica un bando per destinare le case a poliziotti, carabinieri e finanzieri. Dopo contestazioni, ricorsi e sentenze, il Tar nel 2000 annulla la prima graduatoria. Da allora chi vive lì non vuole arrendersi sostenendo di non essere abusivo e di aver pagato le indennità di occupazione previste dallo Iacp (in un primo momento competente sulla vicenda), mentre chi ha vinto il ricorso al Tar (che portò al rifacimento della graduatoria) rivendica i propri diritti.

Il tutto per colpa di un cavillo burocratico: secondo l’amministrazione gli assegnatari non sarebbero più in possesso dei requisiti originari, ovvero essere poliziotti. Molti di loro, con il passare degli anni, hanno maturato il diritto alla pensione e, secondo il Comune, sarebbe venuto meno il loro diritto all’assegnazione del bene. «Abbiamo vinto un bando di concorso regolare – dice Roberta Zinna, tra le persone che stamane hanno protestato -. Ci sono state date chiavi e case per le quali abbiamo pagato l’affitto. Noi siamo sia la voce di chi deve entrare, sia di chi è già dentro. Non possiamo accettare che la soluzione del Comune sia lo sfratto. Chiediamo al sindaco Leoluca Orlando – aggiuge – di occuparsi dei suoi cittadini».

«Di fatto il Comune – spiega l’avvocato Mario Milone che segue le vicende di 24 di loro – sta procedendo con le assegnazioni soltanto per le famiglie dei poliziotti che oggi sono ancora in sevizio. Per quelli che nel frattempo sono andati in pensione o non sono più in vita, secondo gli uffici comunali il diritto sarebbe venuto meno e, della graduatoria originale, due terzi rischiano di perdere la casa». Al momento sono due i giudizi in corso davanti al giudice ordinario, ma sui tempi non c’è certezza. «Noi abbiamo posto due soluzioni alternative: o il trasferimento di proprietà dell’immobile, perché non può essere addebitato a noi la responsabilità del tempo trascorso invano o, siccome il tempo è passato così a lungo per inerzia dell’amministrazione, chiederemo al Comune a titolo di ristoro il valore in denaro dell’appartamento. Prima di una sentenza – avverte – passeranno non meno di due-tre anni e se il Comune chiederà lo sfratto, noi faremo opposizione».

Redazione

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