Niente sconti nel primo filone processuale nato dall’indagine antimafia Caronte. A scegliere il rito abbreviato sono stati dieci imputati. Le richieste di condanna avanzate dai magistrati Antonino Fanara e Agata Santonocito vanno dai dieci anni chiesti per Rosario Bucolo ai due anni per Davide Pappalardo. A decidere sarà il giudice per l’udienza preliminare Francesco D’Arrigo. In un filone separato, con tempi più lunghi, ci sono i nomi eccellenti dell’inchiesta. Su tutti Enzo Ercolano, considerato dagli investigatori «il principale esponente dell’organizzazione», forte di «uno spessore criminale elevatissimo». Nata come una costola dell’indagine Iblis, nell’inchiesta Caronte – oltre agli affari legati al trasporto su gomma – sono emersi gli interessi di Cosa Nostra per i trasporti marittimi e per la politica, con il partito degli autotrasportatori, nato in vista delle elezioni europee del 2009.
Tra i nomi di spessore che hanno scelto il rito abbreviato c’è l’imprenditore Carmelo Motta, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Titolare in passato della Due Emme srl, società che si occupava di commercio al dettaglio di carne. Nel 2009 chiude un affare d’oro, sviluppando un fatturato da quasi tre milioni di euro, per gestire le macellerie in oltre 30 supermercati in diverse provincie siciliane. Negli anni la gestione passa attraverso numerose società, tutte riconducibili a Motta tramite l’intestazione ad alcuni parenti. A finire sotto la lente d’ingrandimento sono stati i suoi rapporti con Rosario Bucolo. Nelle numerose intercettazioni finite nelle carte dell’inchiesta più volte emergerebbero rapporti «tali da permettergli di intercedere – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – in favore di un soggetto sottoposto a estorsione per ottenere che venisse ridotta la somma che questi doveva». Una presunta vittima del pizzo bollata come «un caruso (ragazzo, ndr) che lavora».
Rosario Bucolo – per cui è stata chiesta la condanna di dieci anni, la più alta tra gli imputati dell’abbreviato – è una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine. Accusato di associazione mafiosa, è stato tirato in ballo da numerosi collaboratori di giustizia. Bucolo negli anni sarebbe stato una delle spalle fidate di Vincenzo Aiello, il capo provinciale della famiglia mafiosa dei Santapaola-Ercolano. Il suo compito all’interno del clan sarebbe stato quello di scortarlo armato in ogni spostamento. Una fiducia che veniva ricambiata dal boss santapaoliano. Nel 2009 Bucolo viene chiamato a risolvere una questione con il clan dei Cappello, nata per il punto vendita a marchio Eurospin di Corso Indipendenza a Catania.
Nella lista degli imputati c’è anche l’imprenditore calabrese Giovanni Malavenda, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Lui, come Carmelo Motta, si occupa della lavorazione e trasformazione della carne. Un «imprenditore protetto da Cosa Nostra catanese», secondo i magistrati Antonino Fanara e Agata Santonocito, «che ne curava gli interessi in Sicilia intervenendo quando c’erano da risolvere problemi con altre organizzazioni criminali». Il tutto dietro il pagamento di somme di denaro. L’imprenditore nel 2006 concludeva numerosi contratti con Eurospin Sicilia srl per la gestione di numerose macellerie nei supermercati. Rapporti commerciali che si sarebbero allargati anche con Carmelo Motta come dimostrerebbero alcune movimentazioni bancarie e un conto corrente.
Le richieste di pena: Rosario Bucolo (10 anni), Luigi Calascibetta (8 anni e 6mila euro di multa), Alfio Catania (8 anni), Santo Floridia (2 anni), Giovanni Malavenda (8 anni), Cesare Marletta (9 anni), Carmelo Motta (4 anni e 6 mesi), Giovanni Pastoia (2 anni e 7 mesi), Davide Pappalardo (2 anni), Natale Raccuia (9 anni e 4 mesi).
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