Cari defunti, ma solo d’inverno

Un luogo che ad un certo punto della storia viene considerato una necessità simbolica per la città. Quanti poeti e scrittori hanno parlato e parlano dell’inscindibile rapporto con i loro cari defunti. La morte non è più vista come annullamento totale, ma consente la sopravvivenza – un legame con il mondo dei vivi – attraverso il ricordo affettuoso delle persone care: “eppur mi conforto nella speranza di essere compianto…” scriveva Ugo Foscolo. E chi non possiede la penna dello scrittore, è felice di portare almeno un sorriso, una carezza virtuale, un fiore al proprio caro nel luogo della sua sepoltura.                                                     

Ormai è nell’uso comune dei catanesi chiamarla entrata de “i tre cancelli”. Che si aprono verso una ricca area monumentale che, sorta nel 1866 sull’ex tenuta delle monache di Santa Chiara alla Zia Lisa, porta con sé tanta storia. Il terreno era un vigneto che, per le sue caratteristiche morfologiche e la sua posizione, fu scelto per accogliere il cimitero di Catania, dopo innumerevoli proposte e tentativi di costruzione (che affondano le radici nei primi dell’Ottocento quando diviene forte l’esigenza di inumare i corpi dei morti in cimiteri pubblici). Ancor oggi si trova in contrada Acquicella a sud della città. La notizia (o forse diceria) che per tutto agosto le cappelle sarebbero rimaste chiuse, ci spinge ad andare a verificare. Se non altro per sapere se coloro che vengono da lontano, e hanno solo questo mese per fare visita ai propri cari, troverebbero la spiacevole sorpresa di un portone sbarrato in faccia.

Parcheggiamo nei pressi del cimitero e ci facciamo un giro tra i fiorai. Percorriamo a piedi la cinta muraria esterna e facciamo capolino dal primo ingresso che è detto “ingresso secondario” perché meno monumentale. Dà accesso diretto al viale delle Confraternite antiche, infatti vediamo di fronte a noi quelle di Santa Caterina da Siena, San Giovanni Battista, Pia Società di Mutuo Soccorso… . A destra, su un muro una mappa logora ci indica il percorso pedonale. Noi però preferiamo non avventurarci da lì. Dunque usciamo e, con un mazzo di fiori in mano per i nostri cari, decidiamo di entrare dall’ingresso principale (anche questo originale, costituito da un corpo di fabbrica in stile neoclassico a tre fornici chiusi da cancelli). Oltrepassato, notiamo l’evidente simmetria determinata dalla posizione centrale della scalinata e ribadita dalle due cappelle, alquanto simili delle famiglie Sapienza e Strano, poste ai lati. Da qui si dipartono due viali laterali, basta fare pochi passi per rendersi conto che è solo apparente la casualità dei percorsi, costituiti appunto da viali (S. Agata, San Giuseppe, San Michele, S.S. Angeli, ecc.) immersi nella vegetazione irregolare e ritmati da micro-architetture che rappresentano svariati stili architettonici: gotico, greco-romano, normanno, egizio…

Le cappelle poste lungo i grandi viali, che sfiorano l’intera area esterna della collina, danno pregio al paesaggio; nel loro susseguirsi, determinano l’intelaiatura del terreno, definita dalla forma pressoché quadrangolare degli edifici, questi ultimi non tutti in buonissimo stato. Alcuni con vetri rotti , altri con evidenti resti di probabili crolli; altri con portoni spalancati come non dovrebbero perché senza alcuna protezione, dato che la pavimentazione si trova a qualche metro di profondità, si rischia di caderci dentro e farsi male. Queste cappelle, scandendo lo spazio ed il tempo di percorrenza dei viali, evocano in qualche modo sentimenti di pace, serenità e commozione.

Questo ritmo, però, viene interrotto alla vista di buche e dossi innaturali  dalla curiosità di vedere cosa luccica dietro alcune cappelle: sono carte, stagnole e plastica che si intravedono dalla strada; dalla voglia di mettere ordine tra quei legni e quant’altro lasciato là a casaccio. Anche tombe spaccate e lapidi sovrastate da arbusti (F12-13) rovinano l’atmosfera. Senza parlare delle stradine che collegano a incrocio le varie zone del cimitero, che sono tutte prese in controsenso da macchine e motorini. “Che glieli mettono a fare i segnali?”, grida un uomo vicino alle celle frigorifere. Si chiama Alfio, ha una cinquantina d’anni, una maglietta rossa col bottone nero, jeans e delle buste in mano. Con tristezza e un pizzico di rabbia ci racconta l’episodio. ‹‹Proprio un attimo fa, mentre mettevo i fiori a mia madre, uno di quei motorini (indica col dito) mi è salito su un piede, oltre ad aver preso un senso vietato grande quanto una casa. E quasi quasi l’autista diceva di avere ragione››.

Ma anziché farsela a piedi (che è pure rischioso!) perché non prendere la navetta? Dicono che ci sia, così alle 10:30 ci posizioniamo alla fermata A.m.t.  quella dietro l’edificio delle celle frigorifere, con tanto di ruspe tutt’intorno da non si sa quanto tempo (F15). Sono le 10:45, sotto il sole, ma dell’ombra dell’autobus niente, nemmeno a pagarla… A ridosso del ferragosto forse passano con meno frequenza perché c’è poca gente! Entriamo in una cappella lì vicino – è aperta – e chiediamo ‹‹l’autobus?››, un’addetta alle pulizie risponde che era passato due-tre minuti prima. Strano, perché noi eravamo lì da quindici minuti e non avevamo visto nulla, mentre lei da dentro sosteneva di sì. Mah! Basta, alle 11:10 decidiamo di continuare a piedi, sempre per le stradine, alla volta delle Confraternite di nascita moderna. La strada è tutta in salita, perché come da progetto, dell’ingegnere Filadelfo Fichera, la collina di Santa Chiara doveva essere trasformata il meno possibile. Le differenze di altezza sono raccordate con gradini non molto comodi che forse sarebbe meglio sostituire con scale mobili. Continuiamo il nostro percorso e arriviamo alle Confraternite. Una positiva sorpresa ad attenderci: sono tutte aperte dalle 8 alle 12 dal lunedì al sabato. E per tutto luglio e agosto. ‹‹Ma chi l’ha detto che siamo chiusi? Ma cose de’ pazzi! Siamo aperti – dice un’ addetta alle pulizie -, e ora che io vado in ferie, per quindici giorni mi sostituisce una collega››.

Tra le più pulite con altare ben curato e illuminato, destando in noi ammirazione, è l’Associazione Cattolica “Gesù, Giuseppe e Maria”. (E che quando ci si mettono tutti e tre i miracoli avvengono!) ‹‹Mi trovo bene a venire qui, è sempre tutto ordinato›, ci dice una signora mentre mette i fiori alla tomba di un familiare. Alle 12 finisce il nostro tour interno perché le cappelle chiudono, alle 12:01 il deserto totale in tutte le stradine. Scendiamo dal viale delle Confraternite nuove, fino ad arrivare al terzo ingresso a sud, che si diparte sempre lungo la via Acquicella e che è stato realizzato nel 1960 a seguito dell’ampliamento del camposanto. Prima di uscire constatiamo che i loculi all’aperto si rivelano più soggetti ad atti di vandalismo e forse per questo in molti preferiscono quelli al coperto. Anche se, quelli all’aperto come pregi ‹‹costano di meno e non impongono vincoli di visita dato che il cimitero è aperto fino alle 18››, ci dice un custode. Usciamo soddisfatti di sapere che i nostri parenti lontani potranno portare un fiore ai loro defunti. Sembrava assurdo il contrario, ma a Catania, si sa, tutto è possibile.

 

 

Stefania Oliveri

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