Cara Mineo, ai medici di Medu non è consentito entrare «Non possiamo fermarci, stiamo facendo le visite fuori»

A una delegazione di Medici per i diritti umani (Medu) non è stato consentito di entrare all’interno del Cara di Mineo dove, da oltre quattro anni, svolgono servizio di supporto psicologico e psichiatrico coadiuvando gli specialisti interni alla struttura. «Siamo rimasti qua fuori – spiega a MeridioNews il coordinatore del Medu in Sicilia, Samuele Cavallone – e stiamo incontrando, sotto una pensilina per ripararci dalla pioggia, le persone che siamo riusciti a raggiungere telefonicamente». Alla base del diniego d’accesso c’è la convenzione scaduta con la prefettura di Catania.

«Il nostro protocollo d’intesa con la prefettura non è ancora stato rinnovato – dice Cavallone – nonostante avessimo già fatto richiesta tramite pec (posta elettronica certificata, ndr) lo scorso ottobre senza mai ricevere risposta». Una situazione con la quale gli operatori hanno già dovuto fare i conti anche in altre occasioni «a causa della lentezza della burocrazia ma, a differenza di adesso, in passato nell’attesa non ci è mai stato impedito di entrare per continuare a prestare il nostro servizio di cura». Ad avvisare i medici della novità che li avrebbe attesi, ieri mattina, davanti ai cancelli dell’ex residence degli Aranci, è stata «una telefonata del nuovo direttore Ignazio Di Salvo che ci comunicava questa decisione presa dalla prefettura. Nulla di scritto, così – aggiunge il coordinatore di Medu – abbiamo deciso di presentarci comunque anche perché abbiamo degli appuntamenti fissati con i nostri pazienti». 

Da anni, una volta a settimana, un team di sei medici assiste una trentina di persone che soffrono di diversi disturbi post-traumatici. «Sono persone con problemi seri e molto vulnerabili – sottolinea Cavallone – circa il 70 per cento di loro prende anche farmaci seguendo una terapia prescritta dal nostro psichiatra. Sono percorsi anche di fiducia che non si possono interrompere così bruscamente. Anche nel caso in cui si voglia sospendere il servizio, questo va fatto con un accompagnamento programmato». A due dei medici è stato proposto di «entrare per fare il passaggio delle consegne agli operatori del servizio socio-psicologico interno al Cara, ma noi abbiamo rifiutato», afferma il coordinatore di Medu che è stato «contattato telefonicamente dalla prefettura per programmare un incontro per la prossima settimana per provare a risolvere questa situazione».

Intanto, in quello che è stato il centro di accoglienza per richiedenti asilo più grande d’Europa – e che adesso i cinquestelle propongono di trasformare in un polo militare – al momento il numero degli ospiti è sceso a 610. Altri 50 migranti, infatti, sono stati trasferiti proprio ieri mattina tra Caltanissetta e Messina. Gli allontanamenti cominciati all’inizio dello scorso febbraio hanno l’obiettivo, come dichiarato dal ministro dell’Interno Matteo Salvini di chiudere la struttura entro la fine dell’anno. Sono, infatti, già circa 900 gli ospiti – tutti uomini, adulti e soli – trasferiti in altre strutture dell’Isola. Tra loro, anche qualcuno che ha preferito non salire sui bus perdendo il diritto all’accoglienza. Nel frattempo, dalla prefettura si sta cercando un’adeguata sistemazione anche per le famiglie, i bambini e le situazioni più vulnerabili.

Marta Silvestre

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