«Non pensate che la mia pazienza nell’ascoltare anche chi non meriterebbe di essere ascoltato sia un atto di debolezza, ma ho il dovere di dire che se c’è una cosa che non farò è quella di far sognare i siciliani, scordatevelo». È un Nello Musumeci furibondo, quello che replica quasi a ciascuno dei deputati intervenuti nel corso della lunga seduta dedicata a far chiarezza sulla situazione finanziaria della Regione.
«Basta! – urla a una Sala d’Ercole attonita – sono 30 anni che fate sognare i siciliani. Si sono svegliati, non hanno bisogno di un presidente che li faccia ridere, hanno bisogno di un presidente capace di affrontare un calvario preparato da altri. Io posso dire che consegnerò a chi verrà dopo, se altri verranno dopo, una Regione diversa da quella che ho trovato».
Musumeci bacchetta gli oppositori politici, ma non sono loro l’obiettivo della sua lunga arringa, bensì il fuoco amico: «In quest’Aula – dice, in modo da non lasciare adito ad alcun dubbio – mi aspetto un presidente che si sforzi di scindere il suo ruolo istituzionale di garante, da quello di coordinatore del maggiore partito di maggioranza. Non essendo ricattabile, posso permettermi di dire a chiunque quello che penso e posso permettermi la coerenza, una cosa che non si compra al supermercato». Una risposta dopo l’ennesima polemica, consumata questa volta sullo spinoso campo della demagogia e dei vitalizi. E che apre una frattura tra la presidenza dell’Assemblea e la presidenza della Regione che era nell’aria da tempo, ma che non era mai sfociata in uno scontro così aperto.
«Nessuno cerca alibi rivangando il passato – è il Musumeci pensiero – ma abbiamo bisogno di sapere da dove veniamo. Mi parlate dei giovani che partono? lo lo vivo sulla mia pelle, con un figliolo che è fuori. Mi parlate di povertà, di forestali, di precari? E io dove vivo, sulla luna? Questa terra per risolvere i suoi problemi forse avrà bisogno di 20 anni, ma abbiamo messo un punto. Lo stiamo facendo con serietà, senza utilizzare Facebook per mandare messaggi trasversali e mantenendo un rapporto di lealtà e di decoro con le altre istituzioni. Questa terra è in queste condizioni per la pratica del “ppi mia chi c’è?” (per me che c’è, ndr) è una pratica antica, è una tara antropologica. Ma il Parlamento no, è l’istituzione più alta merita rispetto, anche quando non se ne condividono i contenuti». Musumeci ha definito «indecoroso» lo spettacolo consumato a sala d’Ercole e si è detto «felice» del fatto che tutto sia stato ripreso in tv. «Voi credete – ha aggiunto – che i siciliani siano molto meno intelligenti di quello che sono».
E rivolgendosi poi ai tanti che hanno lamentato l’assenza di dialogo, ha replicato approfittando per lanciare una nuova freccia nella frattura con Micciché: «Abbiamo bisogno di discutere di più – ha detto – ma gli assessori ci sono per questo. L’assessore Armao gode della mia più totale fiducia perché il presidente nazionale di Forza Italia ha dato, a sua volta, la propria fiducia e lo ha fatto quando mi ha chiesto di mettere in giunta la sua storia e la sua competenza. Non c’è un solo assessore che non goda della mia fiducia e quando arriverà, se arriverà, il rimpasto, il mio compito sarà quello di concordare i nuovi nomi con i coordinatori regionali dei partiti. Concordare, non subire. Al precedente governo che in due anni aveva già cambiato 22 assessori, contrappongo tre cambi, di cui uno per decesso e due per dimissioni».
«Noi stiamo iniziando un percorso di trasparenza – ha aggiunto ancora Musumeci – e nessuno è immune da errori, in quel disavanzo c’è la responsabilità anche del centrodestra, l’ho sempre detto. Ma smettetela coi pregiudizi, fuori da questo Palazzo la gente muore di fame e noi abbiamo il dovere di dare risposte. Concordiamole assieme – ha detto – facciamolo a cominciare dal disegno di legge sui rifiuti. Dalla prossima settimana avrò il piacere di incontrare tutti i capigruppo, e se si preferisce tutti i gruppi parlamentari: l’importante è che usciamo da questo vicolo cieco sui rifiuti. Chiederò all’assessore Pierobon di concordare un calendario di incontri, qui in Assemblea o a Palazzo d’Orleans. Non escludo – ha concluso – di risultare antipatico a qualcuno, mi sforzerò di essere più simpatico, sorridere di più, ma chi mi conosce sa che da parte mia non ci può essere superbia e arroganza».
Immediata (e secca) la replica di Micciché: «Presidente, sono irricattabile anche io, questo perché sia chiaro a tutti. Il mio compito è quello di garante. Normalmente la maggioranza si garantisce da sola, di norma il mio compito è più quello di garantire l’opposizione, che la maggioranza. Dopodiché, credo, fino ad oggi di avere garantito lo svolgimento imparziale di quest’Aula e continuerò a fare così. Ci sono state giornate in cui sono stato insultato dall’opposizione perché ho esagerato forse nell’aiuto alla maggioranza, ci sono giornate come questa in cui vengo, non dico insultato, ma ripreso da lei perché non favorirei la maggioranza. Il mio compito è di garantire l’Aula tutta. E, ripeto, di norma la maggioranza si garantisce da sola. La seduta è conclusa». E lo scontro è appena iniziato.
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