Step1 si è intrufolato per voi alle prove del coro dellErsu per intervistare il suo maestro, la professoressa Antonina Castelluzzo e svelare cosa si nasconde dietro il successo (forse conosciuto da pochi) di questo gruppo canoro.
Professoressa Castelluzzo, comè nata lidea di questo coro?
Il coro parte dallErsu da unidea del dottore Rapisarda; è stato infatti lui il promotore che ha voluto fortemente questo coro. Poi ha cercato il contributo di una persona che potesse un po alla volta crearlo. Lui ha messo la parte amministrativa, poi mancava ovviamente la competenza tecnica e sono stata io a metterla.
Quando è nato il coro?
Il coro nasce ufficialmente nel marzo del 2000.
Qual è il vostro repertorio?
I repertori sono diversi. Facciamo repertori di musica sacra, classica, profana. Dipende dal luogo e da chi richiede il concerto.
I componenti sono tutti studenti universitari?
Si, sono tutti universitari. Alcuni sono nati con questo coro e si sono laureati mentre ne facevano parte. Provengono da tutte le facoltà. Letà media va dai 19-20 anni ai 32-33, perché ci sono i fuoricorso, quelli che contemporaneamente lavorano
Che rapporto si è creato con i ragazzi?
Un rapporto assolutamente bello e di complicità. Di collaborazione estrema, di rispetto e quindi buona volontà nel lavoro, nellamore per quella che è una libera scelta. E chiaro che nel momento in cui decidono di far parte di questattività un minimo di impegno e di serietà ci deve essere sempre. E venuto fuori ormai da anni che cè un grande amore nel cantare, nello stare con gli altri e nel farlo con gli altri. Il cantare con gli altri è sicuramente un momento di socializzazione. Cosa che magari anche allinterno della facoltà non cè perché essendo in tanti non si ha la possibilità di conoscersi bene tutti quanti. Allinterno di questo gruppo, e infatti io lo chiamo gruppo proprio perché sono cresciuti insieme, è più facile creare dei rapporti anche di amicizia.
Quanti sono al momento i ragazzi?
In questo momento sono circa una settantina.
Le vostre (quattro) performance al Vaticano sono le occasioni più belle nelle quali avete cantato?
Tutte le occasioni sono belle! Anche una prova è bella. Certo
il mio coro ha cantato da solo a San Pietro, durante la messa dellAngelus davanti papa Giovanni Paolo II due anni fa. Però abbiamo fatto concerti anche allestero, tra qualche giorno partiremo per Perugia, ad agosto siamo stati a Lecce
Tra i ragazzi che man mano arrivano per le prove incontriamo Katia, studentessa di Giurisprudenza e una delle più anziane coriste.
Da quanto tempo canti nel coro dellErsu?
Da quando è iniziato, quindi da quasi sei anni.
E la tua scelta ha comportato qualche difficoltà a conciliare lo studio con le prove?
No, perché la professoressa Castelluzzo ha sempre organizzato le prove in orari strategici, la sera alle otto e mezza. Aldilà dei concerti ci fa fare una prova alla settimana. Due! la corregge prontamente la professoressa. Per come gestisce le cose non ci pesa. Afferma con un sorriso.
Cosa vuol dire per te cantare in questo coro?
“A parte laspetto canoro della realizzazione di pezzi, è bello proprio stare assieme. Quando facciamo prove riesce (riferendosi alla prof. Castelluzzo) a creare unatmosfera per cui è bello provare e cantare pur dovendosi sforzare e provare delle cose nuove. E riuscita a creare un gruppo! Ora si sono inserite nuove persone e dovremo amalgamarci di nuovo. Però se si considera che da cinque anni almeno una decina siamo qua fissi
Sinceramente non me ne andrei. E un momento di aggregazione davvero molto bello”.
Quando sei entrata a far parte del coro avevi degli studi musicali alle spalle?
Cantavo nelle parrocchie, ma non è che avevo uno studio. Ho imparato tutto qui dentro. La gran parte di noi non ha basi.
Ed è difficile, prof. Castelluzzo, lavorare con ragazzi che non hanno delle vere basi di musica?
Laspetto più bello è proprio questo. La gratificazione maggiore consiste proprio in questo: riuscire a fare musica polifonica partendo da zero con persone che per amore di farlo si applicano tre volte di più. Tanta è la loro volontà che alla fine ci siamo riusciti.
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