La gioia per la nomina a viceministro ai Trasporti è di quelle incontenibili. Di bocconi amari, Giancarlo Cancelleri ne aveva dovuti ingoiare tanti negli ultimi tempi. La ventilata nomina a ministro nel governo Conte bis, ma – a dirla tutta – anche la precedente promessa di un dicastero nella prima compagine di governo, insieme alla Lega. Promesse, voci, sussurri, ai quali Cancelleri non aveva dato adito di crescere, proprio per arginare l’eventuale delusione. Che puntualmente è arrivata, in entrambe le occasioni.
Da questa mattina le chat di iscritti, simpatizzanti e portavoce del Movimento 5 Stelle non hanno smesso di squillare un attimo. La nomina era nell’aria, con l’incognita non indifferente del ruolo, tra sottosegretario e viceministro, con cui Di Maio avrebbe portato nella compagine di governo il più fedele tra i suoi delfini siciliani. «L’incarico che mi è stato conferito – sono le prima parole di Cancelleri – mi riempie di orgoglio e soddisfazione, ma mi attribuisce anche un’enorme responsabilità che cercherò di onorare col massimo impegno, come del resto, ho sempre fatto finora».
Quarantaquattro anni, geometra, un passato da magazziniere in un’azienda che si occupa di metalmeccanica. L’Arci (per un periodo di servizio civile da obiettore), i Grilli Nisseni, Scorta Civica al fianco dei magistrati. E quella passione politica condivisa con la sorella Azzurra, oggi deputata alla Camera. È stato tra i costruttori del Movimento 5 Stelle in Sicilia, divenuta la roccaforte gialla d’Italia. Prima coi meetup degli amici di Beppe Grillo e il sostegno a Sonia Alfano candidata alla presidenza della Regione nel 2008 contro Raffaele Lombardo e Anna Finocchiaro. Poi in trincea, a cominciare dalle Regionali del 2012, quando il candidato alla massima poltrona di Palazzo d’Orleans è stato lui. E ancora i cinque anni di legislatura guidati da Rosario Crocetta, con i primi mesi aperti a un’ipotesi di collaborazione che trovava fondamenta nell’abolizione delle province. Si parlò, come spesso accade, di laboratorio Sicilia. Poi la rottura e tutti gli scontri successivi. Fino alle ultime Regionali, quelle del 2017, quando sin dalle prime battute è stato chiaro che il Pd era stato surclassato dal Movimento 5 Stelle. E che la corsa a due era tra Musumeci e Cancelleri. Ma non bastò la martellante campagna sugli impresentabili del centrodestra per diventare governatore.
Le lacrime di delusione davanti a un secondo posto che sulla pelle del leader pentastellato hanno bruciato a lungo. E la consapevolezza crescente che il Movimento si dovesse aprire ad altre realtà civiche sui territori per ambire a governare. Un’ipotesi apertamente sostenuta da Cancelleri e accarezzata alla vigilia delle ultime Amministrative, ma che non si è concretizzata, e oggi viene ampiamente superata dalla coalizione col Pd. All’Assemblea regionale Cancelleri viene votato vicepresidente, e non è mai mancato durante i tour estivi in Sicilia al fianco di Luigi Di Maio – di cui ha a poco a poco acquisito anche un po’ lo stile nella comunicazione – e Alessandro Di Battista. Con gli occhi ormai puntati a Roma e al nuovo governo, che puntualmente sembrava sfiorare, senza mai arrivare a toccarlo davvero.
Oggi la nomina, per coadiuvare l’attività della ministra alle Infrastrutture, la democratica Paola De Micheli, di certo non tra i nomi più graditi al Movimento 5 Stelle. E l’obiettivo preciso, sussurrano dalle retrovie, di «raddrizzare il tiro» rispetto alla linea dettata dalla titolare di uno dei dicasteri più strategici per l’Isola. Tanti i dossier siciliani sul suo tavolo da portare avanti o su cui vigilare: la Catania-Ragusa, gli investimenti sulla A19 e sulle strade statali, la fusione tra Anas e Cas, i progetti di Ferrovie (dal raddoppio della Catania-Palermo a quello da Giampilieri a Fiumefreddo), e la continuità territoriale. Un ruolo chiave, da dove poter incidere davvero sulla Sicilia. Quello che Cancelleri aspettava da tempo.
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