È morto per soffocamento il detenuto trentenne egiziano che la scorsa notte si è tolto la vita nella casa circondariale di via Malaspina a Caltanissetta. L’uomo è morto intorno all’1.15, gli agenti della polizia penitenziaria lo hanno trovato con il lenzuolo attorcigliato al collo, impiccato a una grata. Al momento resta l’ipotesi del suicidio. L’uomo non era solo, ma condivideva la cella con due compagni che non avrebbero dato l’allarme, perché non si sarebbero accorti di quanto accaduto.
La storia penitenziaria del giovane egiziano era costellata di atti di autolesionismo e di proteste, non ultimo uno sciopero della fame che aveva praticato quando era detenuto nel piccolo carcere di San Cataldo. Detenuto dal 2014 perché ritenuto lo scafista di uno dei tanti viaggi della speranza nel Mediterraneo, sarebbe uscito dal carcere esattamente tra un anno, nel 2018. Proprio nel carcere di San Cataldo aveva dato i primi segni di insofferenza fino ad arrivare a plateali gesti, tanto da essere sottoposto al regime di sorveglianza a vista in isolamento.
Quindi il recente trasferimento nel carcere di Caltanissetta dove il comportamento dell’uomo si sarebbe normalizzato, tanto da essere sottoposto al regime di grande sorveglianza. Questo significa che gli agenti di custodia effettuano periodicamente e con una certa frequenza il giro delle celle per verificare la situazione. Al Carcere Malaspina di Caltanissetta, secondo fonti sindacali, vi è una carenza di organico di 70 unità, e per effettuare la sorveglianza il personale deve spostarsi da un piano all’altro.
Poco prima di mettere in atto l’estremo gesto, il detenuto aveva visto ieri sera la partita di coppa Italia tra Juve e Napoli insieme ai due compagni di cella e, secondo gli agenti di custodia, non aveva dato alcun segno di squilibrio in questi giorni. L’uomo, comunque, aveva manifestato forte insofferenza al regime carcerario italiano visto che aveva chiesto di poter concludere l’espiazione della pena nel suo paese, l’Egitto.
Potrebbe sembrare strano che un detenuto, ad un anno dalla fine pena, voglia essere trasferito da un carcere italiano a uno egiziano, ma in realtà non lo è. In Italia sono circa 800 i detenuti stranieri che chiedono l’estradizione per scontare la pena nel proprio paese. La decisione su questi casi spetta ai tribunali di Sorveglianza. «Proprio ieri gli era stata negata l’estradizione al suo Paese, ma non è accertato che questo possa avere attinenza con il grave gesto di cui si è reso responsabile», ha detto il segretario generale del Sappe, Donato Capece.
Secondo fonti investigative cella non sono state trovate frasi in arabo sul muro. Di certo l’uomo non figurava in alcuna lista di soggetti a rischio radicalizzazione. Il caso è stato preso in carico dalla Procura che ha avviato le indagini. Da accertare, tra le altre cose, se davvero, come sostenuto dal sindacato Sappe, l’uomo abbia lasciato un messaggio scritto prima di morire.
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