Call center Qè, ipotesi nuovo progetto  «Vogliamo salvare 600 posti di lavoro»

Un cauto ottimismo si diffonde tra i lavoratori del call center Qé al termine del tavolo tecnico, concluso ieri sera nella sede dell’assessorato regionale alle Attività produttive. A far sperare in una possibile ripresa, la scelta della Di Bella Group di lavorare per un nuovo progetto imprenditoriale. «Vogliamo creare le condizioni per una nuova realtà – ha confermato a MeridioNews Franz Di Bella, rappresentante del gruppo – Si tratta di salvare 600 posti di lavoro, ma non vogliamo creare una fotocopia del Qé quanto, piuttosto, un progetto a largo respiro e soprattutto solido. 

Non troverebbero conferme, almeno per il momento, le indiscrezioni che vorrebbero altri imprenditori locali, impegnati nell’attività di impianti elettrici, interessati a partecipare alle operazioni di salvataggio della struttura. Le persone chiamate in ballo, Nino Calabrò e Roberto Reitano, hanno iinfatti smentito qualsiasi interesse, anche se Reitano ha dichiarato di esser disponibile all’ascolto in caso di coinvolgimento. Un passo avanti, quindi, rispetto a qualche giorno addietro come confermato dal sindaco di Paternò Mauro Mangano che si trovava all’incontro con Mariella Lo Bello. Insieme alle sigle sindacali. «Era necessaria la presenza di una figura a cui agganciarci per sbloccare la situazione – ha detto Mangano – Questa potrebbe essere quella del proprietario del capannone, ossia la Di Bella Group. Ora il nostro obiettivo, quindi, è quello di trovare una sintesi tra le esigenze di lavoratori e proprietà». 

Per Davide Foti e Antonio D’Amico rispettivamente della Slc Cgil e della Fistel Cisl, la disponibilità manifestata dal gruppo industriale «rafforza l’idea di un progetto credibile». «Da tempo è necessario investire nelle professionalità di questi lavoratori, ormai arrivati allo stremo – spiega a MeridioNews – Abbiamo ribadito che per la ricerca di un piano di lavoro serio non deve più esserci , azienda priva di qualsivoglia credibilità».

I sindacati auspicano inoltre un intervento dell’assessore regionale rivolto alla committenza ma anche al ministero dello Sviluppo economico. Quest’ultimo «deve diventare regolatore di un percorso di recupero sia lavorativo che sociale – continuano i sindacalisti – Presto ci riattiveremo nel territorio per sollecitare la Prefettura affinché riesca ad aprire quel tavolo di crisi nazionale necessario a consolidare le soluzioni». Valentina Borzi, rsu della Cgil, ha ribadito: «Adesso dobbiamo urlare perche dobbiamo far comprendere le gravi conseguenze che si avrebbero sul territorio con la chiusura del call center. Non devono essere solo i lavoratori a tenere alta l’attenzione ma, piuttosto, l’intera città».

Salvatore Caruso

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